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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera - Il Giornale Rassegna Stampa
14.09.2012 Morsi condanna gli attacchi alle ambasciate Usa, ma Maometto è 'la linea rossa' da non oltrepassare
Si può scambiare per moderato un Fratello Musulmano ?

Testata:Corriere della Sera - Il Giornale
Autore: Marco Galluzzo - Gian Micalessin
Titolo: «L'egiziano Morsi rassicura Monti: Condanniamo questi attacchi - Il vero rebus di Obama è il doppio gioco del Cairo»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 14/09/2012, a pag. 5, l'articolo di Marco Galluzzo dal titolo " L'egiziano Morsi rassicura Monti: «Condanniamo questi attacchi» ". Dal GIORNALE, a pag. 13, l'articolo di Gian Micalessin dal titolo " Il vero rebus di Obama è il doppio gioco del Cairo ".

Morsi cerca di rassicurare i suoi interlocutori occidentali e condanna l'attacco all'ambasciata americana in Libia, però, poi, dichiara anche che "Il Profeta è una linea rossa che nessuno deve toccare". E' questo il nocciolo del discorso, in realtà. Libertà d'espressione? Sì, ma a senso unico. E Maometto è intoccabile. Chi osa sfidare questo divieto corre rischi ben precisi.
E' possibile prendere sul serio Morsi ?

Ecco i pezzi:

CORRIERE della SERA - Marco Galluzzo : " L'egiziano Morsi rassicura Monti: «Condanniamo questi attacchi» "


Mohamed Morsi              Mario Monti

ROMA — Alle sette di sera, quando trova Monti ad accoglierlo nei saloni di Villa Madama, il presidente egiziano Mohammed Morsi sta per concludere una lunga giornata. Si è svegliato al Cairo con una telefonata di Obama, si è recato a Bruxelles dove ha ottenuto promesse finanziarie (aiuti e accordi commerciali) pari a un miliardo di euro, ha rinnovato insieme all'Europa la richiesta che «Assad vada via», ma soprattutto ha detto una frase che può riassumere molto: «Il Profeta è una linea rossa che nessuno deve toccare, respingiamo ogni attacco. Noi non aggrediamo nessuno e non accettiamo nessuna aggressione contro i nostri principi sacri».
Il primo viaggio europeo, il secondo fuori dal mondo arabo dopo Pechino, del successore di Mubarak, è emblematico per il doppio profilo che Morsi si porta dietro: esponente dei Fratelli Musulmani, capo di un Paese che ha appena chiesto alla sua ambasciata di Washington di intraprendere azioni legali contro il film «blasfemo» su Maometto, strenuo difensore dei valori dell'Islam, ma anche partner strategico di un'Europa che nell'Egitto ha un perno insostituibile di ogni politica nel Sud del Mediterraneo e che proprio in Morsi ripone non poche speranze.
Monti ha fatto tappa al Cairo, pochi mesi fa: ha promesso investimenti e accordi, ma in cambio di una transizione democratica tangibile. È quello che a Morsi chiedono sia Barroso che Van Rompuy, offrendo aiuti tangibili e la vicinanza politica e finanziaria europea ma cercando credenziali che hanno anche a che fare con la difesa dei diritti umani e religiosi: la questione dei copti egiziani è una delle tante, e Morsi spende parole che rassicurano.
Eppure il linguaggio sul film che ha causato gli scontri di questi giorni, sia in Egitto che in Libia, è politico ma soprattutto religioso, ricorda la provenienza del presidente egiziano: per Morsi la pellicola diffusa su Internet è «inaccettabile», costituisce «un crimine contro l'umanità e contro i musulmani». E se «non ci sono giustificazioni alla violenza contro gli innocenti, sbagliata per l'Islam», l'esistenza del film lo sprona a mandare un messaggio all'amministrazione americana, chiedendo «che siano prese misure legali dissuasive contro chi vuole danneggiare le relazioni tra le persone, soprattutto tra il popolo egiziano e quello americano». Esplicito in questo caso il riferimento a padre Terry Jones, sottolineando che «è la stessa persona che ha cercato di bruciare il corano e ora cerca di offendere il Profeta».
Ovviamente anche con Monti, e probabilmente con Napolitano domani mattina, Morsi ha una missione: cercare di rassicurare gli europei e tutti coloro che guardano all'Egitto come un Paese non ancora stabilizzato. «È nostro dovere tutelare i nostri ospiti e quelli che vengono dall'estero, invito tutti a tenerne conto e a non violare la legge in Egitto e a non aggredire le ambasciate. Rifiutiamo ciò che è accaduto a Bengasi. Esprimere la propria opinione, manifestare liberamente è un diritto, ma senza aggressioni contro proprietà private o pubbliche, missioni diplomatiche o ambasciate».
Rassicurazioni che nel veicolo di comunicazione offrono scampoli di modernità: il presidente egiziano fa le condoglianze al governo americano per la morte dell'ambasciatore e dei funzionari della sede diplomatica, e usa la sua pagina ufficiale su Facebook per scrivere che le autorità del suo Paese «risponderanno con piena determinazione a qualsiasi tentativo irresponsabile di infrangere la legge».
A Roma ieri sera Morsi è arrivato con alcuni dei suoi ministri. Oggi, oltre agli incontri previsti al Quirinale, parteciperà ad un forum di imprenditori dei due Paesi. L'Italia nei primi mesi del 2012 ha avuto un forte calo nell'export verso l'Egitto, passando dal terzo al sesto posto tra i Paesi fornitori. La firma di sette accordi di cooperazione economica, ieri sera, ha anche il compito di invertire il trend negativo.

Il GIORNALE - Gian Micalessin : " Il vero rebus di Obama è il doppio gioco del Cairo "


Fratelli Musulmani

La litania è lunga. Ed assai confusa. Così vien da chiedersi se prestar ascol­to ai colpi sferrati al cerchio o alla bot­te. Forse a nessuno dei due. Anche per­ché la mazza è sempre nelle mani del presidente egiziano Mohammed Mor­si. Una mazza usata da una parte per minacciare gli «infedeli», dall’altra per rassicurare americani ed europei. Infedeli, ma assai necessari. Soprattut­to per un presidente alla disperata ri­cerca di dieci miliardi di dollari con cui risanare le dissestate casse statali. Un presidente che durante il suo viag­gio a Bruxelles alterna le roboanti di­chiarazioni televisive rivolte all’opi­nione pubblica egiziana ai messaggi assai più rassicuranti destinati ai go­vernanti del Vecchio continente. «Noi egiziani respingiamo ogni attacco e ogni ingiuria rivolta contro il nostro Profeta.Condanno e m’oppongo per­sonalmente a chiunque lo insulti » stril­la Morsi commentando alla tv egizia­na L’innocenza dei musulmani , ilmi­sterioso film che avrebbe innescato l’uccisione dell’ambasciatore ameri­cano a Bengasi e l’assalto della rappre­sentanza statunitense al Cairo.
Negli interventi europei i toni del presidente della Fratellanza musul­mana sono assai più rassicuranti. «È un nostro dovere proteggere gli ospiti e gli stranieri. Chiedo a tutti di non vio­la­re la legge e di non assaltare le amba­sciate » esorta il contrito Morsi. Che poi si lancia in un’esplicita condanna degli avvenimenti di Bengasi. «Uccide­re gli innocenti è contrario ai principi dell’islam. La libertà d’espressione e quella di dimostrare sono garantite, ma senza attacchi alle proprietà priva­te o pubbliche ». Anche ieri sera, appe­na arrivato in Italia, in un colloquio con Monti ha rassicurato il premier sulla situazione egiziana.
A quale dei due Morsi credere?Pro­babilmente all’unico genuino, ovvero a quello mosso dalla disperata necessi­tà di aiuti finanziari. Non che l’Europa o Bruxelles siano in grado di garantir­glieli, ma abbassare i toni mentre si è a Bruxelles è il minimo per non veder sfumare gli aiuti del Fondo moneta­rio, l’unica istituzione in grado oggi di garantire finanziamenti di quelle di­mensioni. Ma se si parla di Fondo mo­netario si parla d’America. E qui i toni non sembrano proprio quelli giusti. Nel colloquio con la Casa Bianca il pre­sidente egiziano insiste sulla necessi­tà di «misure legali per scoraggiare chiunque cerchi di danneggiare le re­lazioni tra l’Egitto e il popolo america­no ». Obama dovrebbe preoccuparsi, insomma, di mettere la sordina a chiunque insulti il Profeta, calpestan­do quel caposaldo della libertà d’espressione rappresentato dal pri­mo emendamento della Costituzione americana (come ieri ha precisato an­che la Casa Bianca). Concetti che fini­scono con il dimostrare come gli idea­li di democrazia e libertà dei Fratelli musulmani restino lontanissimi da quelli Occidentali. Non solo. All’ini­zio della rivoluzione anti Mubarak, quando bisognava dissimulare l’im­magine di una rivolta islamica i Fratel­li musulmani controllarono con peri­zia ineccepibile le proprie folle. Peri­zia­dissoltasi quando si è trattato di fer­mare un assalto all’ambasciata deciso in concomitanza con l’11 settembre. Del resto si son pure dimenticati di tra­durre in arabo le condoglianze per la morte dell’ambasciatore, affidate a twitter unicamente in inglese.
La «confusione» egiziana fa il paio con le divisioni americane. Dopo l’at­tacco del rivale repubblicano, Obama ha replicato piccato: «Come al solito Romney spara senza prima prendere la mira». Ieri Romney è tornato alla ca­rica: «Non solo noi, ma tutto il mondo e anche il Medio oriente hanno biso­gno di un’America più forte». Obama promette di far giustizia e ieri ha ribadi­to: «Nessun atto di terrore resterà im­punito ». Mentre in tv Hillary Clinton ha preso le distanze dalla pellicola su Maometto che ha scatenato proteste e violenze: «Gli Usa non hanno niente a che vedere con il film anti-islam, è di­sgustoso e riprovevole».

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