Riportiamo dall'OPINIONE di oggi, 14/09/2012, a pag. 6, l'articolo di Dimitri Buffa dal titolo "Il film 'blasfemo' non è israeliano ", preceduto dal nostro commento . Dal CORRIERE della SERA, a pag. 2, l'articolo di Cecilia Zecchinelli dal titolo " Scontri e assalti alle ambasciate. Esplode l'ira contro l'America ".
Ecco i pezzi:
L'OPINIONE - Dimitri Buffa : " Il film 'blasfemo' non è israeliano "
Come scrive Buffa nel suo pezzo, la bufala del regista Bacile che sarebbe stato israeliano si è diffusa grazie all'aiuto di Rainews 24. Invitiamo i lettori a scrivere al direttore Corradino Mineo per protestare http://www.rainews24.rai.it/it/contacts.php

Dimitri Buffa
Ne il regista né il produttore del film "Innocence of Islam" hanno la cittadinanza israeliana. Con buona pace della disinformazione che anche ieri la maggior parte dei media italiani ed internazionali dava senza neanche degnarsi di verificare le fonti. Ancora una volta dobbiamo dire grazie al blogger Emanuel Baroz e al suo sito, anche su Facebook, "Focus on Israel", per avere contribuito a smantellare l'ennesima bufala antisemita e anti-israeliana (che poi è la stessa cosa). A confermare il fatto di cui sopra, a diversi organi di stampa israeliani, è stato un alto funzionario del consolato israeliano a Los Angeles. "Non ci risulta che esista in Israele alcun Sam Bacile e non risulta nemmeno essere conosciuto da qualcuno della comunità ebraica in America". Queste le parole lapidarie del funzionario israeliano. Pare infatti che si tratti uno pseudonimo. Sembra che il consolato israeliano di Los Angeles, pressato dalle richieste, abbia fatto anche una veloce indagine tra i produttori di Los Angeles e nessuno conosce, nemmeno di nome, questo Sam Bacile. Secondo Morris Sadek, cristiano copro di origine egiziana residente negli Usa, che ha promosso il film sul suo blog, Sam Bacile sarebbe americano e nemmeno ebreo. «L'obbiettivo del film — ha detto Sadek — è quello di denunciare la discriminazione contro i cristiani in Egitto. Non so come sia uscito il legame tra Sam Bacile e Israele». Basta andare a vedere la spiegazione che ne da un video di RaiNews24 (di Iman Sabbah) per vedere il palese tentativo di accostare Israele e l'ebraismo a questo cortometraggio. La giornalista dà informazioni su Sam Bacile affermando, con certezza, che ha il doppio passaporto e che «ha prodotto quel video per aiutare la sua patria, Israele». Poi si sofferma sulla religione copra del produttore. Oramai, infatti, c'è una sorta di "blasfemia percepita", che supera quella effettiva, che viene infusa nelle piazze aizzate dagli imam fondamentalisti. Per non parlare del fatto che, anche se di satira su Maometto si trattasse, non si vede perché la reazione debba essere così omicida. Con lo stesso metro di giudizio, cosa avrebbero dovuto fare i cristiani quando i "Monty Python" fecero quel divertentissimo e indimenticabile film, "Brian di Nazareth", in cui tutta la vita di Gesù e i vangeli venivano ridicolizzati? Solo gli islamici hanno diritto di uccidere in nome del loro Dio? Esistono religioni con sensibilità e suscettibilità protette?
CORRIERE della SERA - Cecilia Zecchinelli : " Scontri e assalti alle ambasciate. Esplode l'ira contro l'America "

GERUSALEMME — Dal Bangladesh alla Tunisia, dal Kashmir al Marocco, dal Sudan all'Iraq, perfino in Israele a Tel Aviv, un'ondata di rabbia ha coinvolto ieri migliaia di musulmani contro il film che offende il Profeta e il Paese dove sarebbe stato prodotto, l'America. Dopo l'assalto al consolato Usa di Bengasi e l'uccisione, martedì notte, di quattro cittadini statunitensi tra cui l'ambasciatore a Tripoli, è stato soprattutto in Yemen e in Egitto che ieri si è temuto. A Sanaa, alleata degli Stati Uniti nella lotta contro Al Qaeda che nel Sud del Paese ha una sua roccaforte, centinaia di persone hanno sfondato i cancelli dell'ambasciata Usa gridando «oh Messaggero di Dio siamo pronti al sacrificio». All'interno del compound fortificato è scoppiato un incendio, mentre auto venivano date alle fiamme subito fuori, la polizia sparava. Quattro persone sono state uccise, una dozzina ferite.
In Egitto, per il terzo giorno davanti all'ambasciata Usa del Cairo, a un passo da piazza Tahrir, si sono viste scene di guerriglia, con centinaia di manifestanti: molotov, lacrimogeni, bandiere bruciate e quella innalzata sull'edificio strappata, scontri con la polizia, almeno trenta feriti. Mentre il presidente Mohammed Morsi volava in Italia, in America la preoccupazione sui rapporti con il Cairo era evidente. Già costretto ad affrontare in piena campagna elettorale la crisi diplomatica con Israele, per via dell'Iran, il presidente ha ammesso che l'instabilità del più importante Paese arabo, se confermata, porrebbe «davvero un problema serio».
L'amministrazione Obama ha preso le distanze dal video diffuso su YouTube e bloccato per ora solo in Afghanistan per timore di sollevazioni. Ancora ieri il segretario di Stato Hillary Clinton l'ha definito «disgustoso e riprovevole». Ma non è bastato. Perfino nella piccola Striscia di Gaza ieri sono scesi in piazza in qualche decina: in mancanza di sedi diplomatiche Usa la protesta è avvenuta davanti agli uffici dell'Onu. Lo stesso a Teheran dove è toccato alla Svizzera, che rappresenta gli Usa dalla chiusura della loro ambasciata nel 1979, di assistere alle urla di gruppi inferociti: «Marg-bar Amrìka» (morte all'America).
Ieri nessun rappresentante di Washington è stato colpito ma l'allarme è altissimo e Obama ha inviato verso le coste libiche due caccia-torpedinieri con missili, nonché marines e droni. La sicurezza delle sedi Usa è stata rafforzata e l'allerta è massima anche in Europa: a Berlino il consolato americano è stato evacuato dopo il ritrovamento di una busta sospetta, per fortuna un falso allarme.
La nuova ondata di violenze antiamericane nel mondo islamico va infatti ben oltre il motivo che in apparenza l'ha scatenata, quell'assurdo quanto ancora misterioso filmato. A lungo soffocato dalle dittature alleate di Washington, il sentimento popolare che vede negli Stati Uniti un nemico soprattutto per l'appoggio a Israele si sta fondendo con l'emergere delle frange islamiche più estremiste. E questo preoccupa non solo Washington, ma il mondo intero, compresi i milioni di cittadini dei Paesi arabi convinti o fiduciosi, solo un anno fa, che la caduta dei loro raìs fosse l'inizio di una vita normale, libera e in pace.
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