Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.
Quando venne fondato lo Stato di Israele nel 1948, sono stati più di 850.000 gli ebrei espulsi dai paesi arabi, dove vivevano da millenni. Costretti alla fuga, derubati dei loro beni e proprietà, gran parte trovò rifugio nello stato ebraico, dove ricominciarono a vivere da cittadini liberi. Una storia largamente ignorata, perché Israele, invece di usarli come strumento per aggredire gli stati arabi-musulmani che li avevano cacciati, si preoccupò di reinserirli nella società, come è avvenuto con tutta l’ immigrazione ebraica da ogni parte del mondo. Nessuna richiesta di assistenza all’Onu, nessuna UNRWA, nessun uso strumentale dei profughi. Esattamente l’opposto di quello che è diventato ‘il dramma dei profughi palestinesi’, spinti a lasciare le loro case dai governi arabi che stavano per invadere lo stato degli ebrei appena costituito il 14 maggio 1948. Un’invasione che fallì, le armate arabe vennero sconfitte e i palestinesi persero le case che avevano abbandonato, avviandosi ad essere l’unica popolazione di profughi per la quale l’Onu creò una agenzia dedicata esclusivamente a loro, anzi, sarebbe più giusto scrivere ‘per mantenerli, per generazioni, nella condizione di profughi’ da usare quale strumento politico contro Israele.Il loro numero si aggirava intorno al mezzo milione, oggi si parla di alcuni milioni, mai integrati nei paesi arabi, un ostacolo insormontabile nelle trattative di pace. Israele ritiene che oggi sia giunto il momento di restituire ai propri profughi la loro storia, che la cacciata da Egitto, Libia, Yemen, Siria, Iraq, Marocco,Iran, Algeria debba diventare memoria collettiva, non solo di quanto avvenne nel passato (1948,1967) ma nel presente, per non dimenticarli quando si parla dei diritti dei ‘profughi palestinesi’. Creare un museo che documenti la storia di quelle comunità, l’eredità culturale della quale sono comunque portatori. Verranno redatti i conteggi delle compensazioni delle proprietà confiscate, una questione che con una legge approvata già nel 2010 dovrà essere tenuta in considerazione nella stesura finale degli accordi di pace. Questo progetto di restituzione della memoria storica si chiamerà “ sono un rifugiato”, coinvolgerà le testimonianze dei rifugiati e dei loro discendenti, diventerà un archivio, per riportare in vita storie rimaste finora un sofferto patrimonio privato. Insieme ad alcuni ministeri, se ne sta occupando anche il Congresso Mondiale Ebraico(WJC). A settembre, nella sede delle Nazioni Unite, verrà presentato il progetto durante una conferenza dal titolo “Giustizia per i rifugiati ebrei dai paesi arabi”.