Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 30/08/2012, a pag. 12, l'articolo di Francesco Battistini dal titolo " Stretta di mano Morsi-Peres, la foto sognata da Obama ".



Barack Obama, Shimon Peres, Mohamed Morsi

Francesco Battistini
GERUSALEMME — E se?... E se il gran botto finale di Obama fosse una stretta di mano tra il fratello musulmano Mohamed Morsi e il nonno sionista Shimon Peres? La stampa israeliana lo scrive senza i «se»: il presidente americano, che in quattro anni non s'è mai visto a Gerusalemme (al contrario del rivale Romney) e invece andò subito al Cairo per il famoso discorso al Medio Oriente, sta facendo l'impossibile per unire la strana coppia a fine settembre, assemblea generale dell'Onu, in una photo opportunity un po' simile a quella del 2010 (ormai sbiadita) con Netanyahu e Abu Mazen. Gli sherpa ci lavorano da mesi, confida un anonimo funzionario. Location alternativa, se non andasse bene New York: il Cairo. Come pre-condizione, gli egiziani avrebbero chiesto di non incontrare il duro premier israeliano: meglio il vecchio presidente. Lo stesso Netanyahu non si sarebbe offeso, anzi: si può regalare una soddisfazione all'inviso Obama, sotto voto, se ciò significa una piccola pace col nuovo vicino cairota.
Siamo, appunto, ai «se». A metà fra i colpi di genio e i colpi di sole. Con qualche indizio, però, che il ministro degli Esteri israeliano non smentisce: «Morsi — dice Lieberman — potrebbe venire anche qui...». In realtà, l'unico da convincere è proprio il presidente egiziano. Che in America ci andrà comunque: a ritagliarsi un ruolo di garante per la stabilità nella regione, stretto dal bisogno di non deprimere l'esercito e l'economia nazionale, rompendo con Washington, né d'irritare le fratellanze più estremiste, vellicando i satana occidentali. «L'Egitto prenderà, nel solco della sua politica estera, ogni iniziativa che sia nei suoi interessi», ha detto Morsi due giorni fa. Di più: «Noi non siamo contro nessuno», ha risposto a chi gli chiedeva dei futuri rapporti con Israele, «le relazioni internazionali non si costruiscono sulle rotture, ma su colloqui a vario livello...». Parole rassicuranti, forse, non rivoluzionarie: l'Egitto neoislamico è già pronto a forzare l'agenda, scatenando l'ira della santa alleanza antisionista? «Improbabile», commenta una fonte della Lega araba a Ramallah: «Morsi chiede che Israele sia un buon vicino, non un amico: tratta sul Sinai, vuole rinegoziare il prezzo del gas...».
Ma gli preme di più ricucire con Teheran, che non ha rapporti con l'Egitto dai tempi dello Scià. Strano: queste rivelazioni escono mentre Morsi è in Cina ed è atteso in Iran, i nemici più temuti a Washington. Qualcuno lo sta tirando per la jalabiya?
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