Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Siria: Assad più forte grazie all'aiuto della teocrazia iraniana Cronache di Luigi De Biase, Giordano Stabile, Lorenzo Cremonesi
Testata:Il Foglio - La Stampa - Corriere della Sera Autore: Luigi De Biase - Giordano Stabile - Lorenzo Cremonesi Titolo: «I pasdaran entrano in Siria per rafforzare l’influenza di Teheran - Assad: stiamo vincendo ma la guerra sarà lunga - Se l'opposizione è troppo divisa. Il tempo gioca a favore di Assad»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 30/08/2012, a pag. 3, l'articolo di Luigi De Biase dal titolo " I pasdaran entrano in Siria per rafforzare l’influenza di Teheran ". Dalla STAMPA, a pag. 16, l'articolo di Giordano Stabile dal titolo " Assad: stiamo vincendo ma la guerra sarà lunga ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 42, l'articolo di Lorenzo Cremonesi dal titolo " Se l'opposizione è troppo divisa. Il tempo gioca a favore di Assad" . Ecco i pezzi:
Il FOGLIO - Luigi De Biase : " I pasdaran entrano in Siria per rafforzare l’influenza di Teheran "
Luigi De Biase Pasdaran
Roma. Uno degli scenari peggiori messi in conto dagli analisti occidentali prende corpo in queste ore in Siria. Secondo il Wall Street Journal, il governo iraniano sta inviando a Damasco centinaia di soldati per offrire sostegno al suo alleato nel paese, il presidente Bashar el Assad, sempre più debole dopo un anno e mezzo di combattimenti contro i ribelli. “Sapevamo da tempo che alcuni comandanti delle Guardie della Rivoluzione erano in Siria per addestrare le truppe del posto alla guerriglia e offrire loro un contributo nel controllo di Internet – sostiene Farnaz Fassihi, numero due del Bureau mediorientale del Wsj – aAesso l’invio di truppe è più consistente: gli uomini servono a rimpiazzare i soldati siriani che hanno lasciato l’esercito”. Questa decisione segna una svolta pericolosa nel conflitto: dimostra che Teheran non ha alcuna intenzione di lasciar cadere un alleato prezioso come Assad ed è pronta a schierare i reparti più affidabili dell’esercito per aiutarlo; e se il rais dovesse infine cadere, l’Iran potrebbe comunque influenzare il nuovo corso della Siria. Le indiscrezioni del Wall Street Journal trovano un paio di conferme sulla stampa iraniana. Un generale dell’esercito, Salar Abnoush, ha parlato lunedì ai volontari dell’unità Saheb al Amr e ha spiegato loro che le Guardie della Rivoluzione “combattono in Siria su ogni fronte, dalla guerra culturale a quella militare”. Il suo discorso è stato ripreso dall’agenzia di stampa Daneshjoo, considerata vicina al governo. Le parole del generale seguono quelle pronunciate la scorsa settimana dal ministro della Difesa di Teheran, Ahmad Vahidi: “Sinora il governo siriano se l’è cavata bene. Ma se fosse in difficoltà, rispetteremmo senza alcun problema l’accordo di mutua difesa che lega i nostri paesi”. E’ possibile, quindi, che Assad e i suoi collaboratori si siano già rivolti all’Iran per avere sostegno nella lotta con i ribelli. L’esercito governativo è stato colpito da sconfitte e defezioni negli ultimi mesi, ha perso il controllo del Kurdistan e del territorio al confine con la Turchia; ci sono battaglie nei principali centri del paese e i ribelli appaiono solidi. Il video di un elicottero che precipitava a Damasco è stato pubblicato lunedì su alcuni siti internet: in un certo senso rappresenta la direzione che ha preso questa guerra. La Siria di Assad è l’unico alleato dell’Iran in medio oriente e questa rivolta rischia di spezzare una catena di comunicazione complessa ed efficace che permette a Teheran di mantenere il controllo sugli altri movimenti sciiti della regione, a partire da Hezbollah in Libano. La crisi siriana ha trasformato questa stagione in un mal di testa per gli strateghi di Teheran: quando le piazze contestavano i leader arabi e “filoamericani” di Libia, Egitto e Tunisia, gli iraniani offrivano alle piazze l’esempio della Rivoluzione del 1979. Ma ora che gli scontri arrivano a Damasco, l’ayatollah e i vertici dell’esercito accusano l’occidente di avere organizzato un complotto. Il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, e la Guida suprema, Ali Khamenei, affronteranno il tema con il segretario generale dell’Onu, Ban Kimoon, che si trova a Teheran in queste ore per il summit dei non allineati. Assad è tornato in tv ieri pomeriggio e ha affermato che “servirà tempo” per sconfiggere i ribelli. Il presidente ha detto che quella in corso in Siria “è una guerra globale e regionale”, ma ha assicurato che le cose “vanno praticamente meglio”. Tuttavia, secondo fonti locali, le violenze intorno a Damasco diventano ogni giorno più intense. Finora Assad e i suoi ultimi alleati internazionali hanno chiesto all’Onu di impedire in ogni modo l’intervento di truppe straniere in Siria. Ma le sole truppe straniere che si vedono da quelle parti sono proprio quelle che aiutano Assad.
La STAMPA - Giordano Stabile : " Assad: stiamo vincendo ma la guerra sarà lunga "
Bashar al Assad
In Siria «non è in atto una rivoluzione, né una Primavera, è solo terrorismo».Laguerra«saràancora lunga, ma la stiamo vincendo». Assume la posa dello statista Bashar al Assad, senza retorica e proclami mirabolanti. Non è Gheddafi, sembra voler mostrare nell’intervista trasmessa ieri dalla tv satellitare privata, ma filogovernativa, Ad Dounia. Intervista rilasciata, sottolinea lui stesso, «nel palazzo presidenziale di Damasco». Il raiss non scappa e non si fa impressionare dalle defezioni nel regime. «Chi è fuggito dalla Siria, forse per ragioni di denaro o perché minacciato dai terroristi, è un debole». Le fughe, alla fine, sono state «una pulizia automatica» dello Stato «dai meno patriottici».
«Ci vorrà ancora tempo per vincere - avverte il raiss -. Ma, se posso riassumere la situazione, stiamo facendo progressi». Le forze armate, sottolinea, «hanno compiuto sforzi eroici». In una guerra, ribadisce, che non è soltanto siriana, «ma regionale» frutto di una «cospirazione» internazionale volta a indebolire la resistenza della Siria di fronte a Israele e all’Occidente e alimentata da «rifornimenti continui dall’estero di armi». Tra i cospiratori c’è prima di tutti la Turchia, che ha «responsabilità diretta nel sangue versato». Il raiss attacca l’idea rilanciata dal ministro degli Esteri Ahmet Davutoglu di creare una «zona cuscinetto» per proteggere i civili: «Non è realistica». E, insinua il raiss, e non farà breccia neppure nell’opinione pubblica turca, «amica della Siria». Una strizzata d’occhio al di là del confine, perché la tv Ad Dounia («Il Mondo») continua ad avere un piccolo seguito fuori dalla Siria, che comprende la minoranza turca arabofona.
L’idea della «zona cuscinetto», va detto, è stata ridimensionata anche dalla Francia, tornata protagonista sulla scena siriana con il riconoscimento del Consiglio nazionale siriano come governo legittimo. All’appoggio politico non segue quello sul campo perché la zona cuscinetto, ha spiegato ieri il ministro degli Esteri Laurent Fabius, «richiede un non fly zone: è molto complicato».
E l’arma aerea, in assenza di una no fly zone, resta l’assicurazione sulla vita migliore per il raiss. Pesanti bombardamenti hanno colpito ieri i quartieri nord-orientali di Damasco, Idlib e Aleppo. Gli insorti parlano di «ampia offensiva» delle forze governative, in un ennesimo sforzo di riprendere il controllo totale delle maggiori città.
I ribelli sono riusciti però a mettere a segno un attacco a sorpresa contro l’aeroporto di Taftanaz, a metà strada fra Aleppo e Idlib, usato dall’aviazione come base per i raid in tutto il settore settentrionale del fronte. Gli insorti rivendicano la distruzione di «cinque elicotteri e numerosi blindati». «Li abbiamo colpiti servendoci di batterie antiaeree sottratte all’esercito - ha spiegato uno dei comandanti ribelli, Abu Mussab -. Abbiamo distrutto sia elicotteri che edifici». Ma l’aeroporto, ha confermato, resta sotto il controllo dei governativi.
CORRIERE della SERA - Lorenzo Cremonesi : " Se l'opposizione è troppo divisa. Il tempo gioca a favore di Assad "
Lorenzo Cremonesi
Il carattere spontaneo, localistico, autonomo e disorganizzato della rivoluzione in Siria sta diventando la sua tomba. Ciò che all'inizio fu il punto di forza delle rivolte — il loro entusiasmo trascinante, generoso, ma privo di leader riconosciuti — rischia di morire se non riesce in tempi brevi a organizzare una classe dirigente coerente, unificata e con chiari obiettivi politici. A osservare gli sviluppi dei combattimenti direttamente sul campo, appare evidente che la rivoluzione iniziata 18 mesi or sono è oggi in crisi. Solo poco più di un mese fa sembrava più che mai vicina alla vittoria. L'attentato del 18 luglio aveva decapitato i vertici militari della dittatura, le sommosse avevano investito Damasco, Aleppo, gran parte delle regioni rurali settentrionali. Ma da allora sono cresciute le divisioni interne. I partigiani non sanno gestire i loro territori. Capita che in paesini con meno di 10.000 abitanti ci siano sino a 3 o 4 brigate diverse che competono tra loro per il controllo delle armi, del denaro e delle simpatie popolari. Classico di ogni movimento di questo tipo: cresce l'ostilità tra leader locali dell'interno e «rappresentanti» autoproclamati portavoce della rivoluzione nella diaspora. In molto casi l'odio diffuso tra i combattenti contro i «leader che vivono negli hotel a cinque stelle» del Consiglio nazionale siriano (la massima organizzazione dell'opposizione all'estero) ricorda quello contro Bashar Assad. Non stupisce che proprio in questa fase sia lo stesso presidente a rilanciare con forza i recenti successi del suo esercito. «La situazione sul terreno è migliorata, ma occorre ancora tempo prima della vittoria», ha detto ieri nel corso di una lunga intervista alla televisione filogovernativa Al-Dunya. Durissimo nei confronti dei militari passati nelle file della guerriglia: «Ora il nostro esercito è stato ripulito dai disertori traditori, può battersi con maggior efficacia». Assad ha anche apertamente deriso la proposta di una «zona cuscinetto» per accogliere i profughi lungo il confine turco come totalmente «irrealistica».
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