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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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La Stampa - Il Foglio Rassegna Stampa
28.08.2012 Siria: Morsi propone un gruppo di controllo che escluda Usa e Ue
intanto continuano i massacri. Cronache di Redazione della Stampa, Daniele Raineri, Giordano Stabile

Testata:La Stampa - Il Foglio
Autore: Redazione della Stampa - Daniele Raineri - Giordano Stabile
Titolo: «Morsi punta a un summit regionale senza Usa e Ue - Le chance di Assad - Hollande riconosce gli insorti»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 28/08/2012, a pag. 16, l'articolo di Giordano Stabile dal titolo "  Hollande riconosce gli insorti ", l'articolo dal titolo " Morsi punta a un summit regionale senza Usa e Ue ". Dal FOGLIO, a pag. 1-4, l'articolo di Daniele Raineri dal titolo " Le chance di Assad ".
Ecco i pezzi:

La STAMPA -  " Morsi punta a un summit regionale senza Usa e Ue "


Mohamed Morsi

L’Egitto rilancia la proposta di creare un «gruppo regionale di contatto sulla Siria» che includa anche l’Iran, ritenendo che Teheran debba «essere parte della soluzione» alla crisi siriana. Lo ha dichiarato ieri il portavoce della Presidenza egiziana, Yasser Ali. «Risolvere il problema siriano richiede la presenza di tutte le parti attive nella regione», ha spiegato Ali, sottolineando come Teheran sia un «alleato influente» del regime di Damasco.

La proposta di un gruppo di contatto regionale (che includerebbe anche Arabia Saudita e Turchia) era stata avanzata dal presidente egiziano Mohammed Morsi in occasione del recente vertice dell’Organizzazione della Cooperazione Islamica alla Mecca. L’Iran aveva fatto sapere di«accogliere con favore» l’iniziativa del Cairo. Morsi ha anche annunciato di voler partecipare al vertice dei non allineati a Teheran e andrà giovedì nella capitale iraniana. La crisi siriana, assieme alle sanzioni occidentali all’Iran per il suo programma nucleare, saranno fra i temi più scottanti del summit, che dovrebbe accogliere oltre 130 delegazioni e una cinquantina fra capi di Stato e di governo, fra i quali appunto Morsi.

Il presidente egiziano ha intanto completato la sua squadra. Ci saranno anche un intellettuale cristiano e una professoressa universitaria fra gli assistenti presidenziali. Samir Morcos, liberale copto e scrittore impegnato nel dialogo interreligioso, è stato nominato «assistente per la transizione democratica». Pakinam al Sharkawi, docente all’università del Cairo, sarà invece «assistente per gli affari politici».

Il FOGLIO - Daniele Raineri : " Le chance di Assad "


Daniele Raineri, Bashar al Assad

Roma. Bashar el Assad è convinto che vincerà la guerra civile contro l’opposizione armata. Ai giornali arabi nel fine settimana sono arrivate le confidenze dei collaboratori più vicini al presidente siriano: “E’ certo che vincerà, che supererà questa crisi nazionale e che resterà al potere”. Quante chance ha? Dal 18 luglio, quindi dal giorno in cui un attentato mai chiarito ha spazzato via i generali e i ministri al vertice del suo apparato di sicurezza, Assad ha intrapreso una spietata campagna di rimonta. Ha bloccato l’offensiva dei ribelli nel nord attorno e dentro la città di Aleppo dando il via libera alle operazioni di bombardamento con i jet, mai osate prima per paura della reazione internazionale (la campagna Nato in Libia cominciò con la proposta di una “no fly zone”, di una zona interdetta ai caccia del governo di Tripoli). Ha ignorato le defezioni del suo entourage politico, cosa resa più che mai facile dal fatto che i defezionisti, come il primo ministro Riyad Hijab e tre ministri, avevano cariche politiche di facciata, senza un potere reale. Chi doveva staccarsi si è staccato. Ha recuperato il vicepresidente Farouk al Sharaa: dato in fuga verso la Giordania, scomparso per dieci giorni e riapparso domenica – c’è chi sostiene sia stato intercettato e ora sia costretto a fare buon viso a cattivo gioco, perché di solito le defezioni sono smentite a stretto giro di posta nel giro di due-tre ore. Assad sta seguendo e rispettando l’accordo di resistenza a oltranza stretto con Teheran e datato martedì 7 agosto, giorno della visita a Damasco di Said Jalili, capo del Consiglio di sicurezza iraniano (e anche negoziatore sul nucleare con le potenze occidentali). Jalili era stato il giorno prima anche a Beirut, in Libano, a parlare con i leader del movimento sciita Hezbollah, con lo steso obiettivo: compattare il fronte assadista e rassicurare i siriani sulla tenuta dell’impegno iraniano. Ora l’esercito governativo sta sloggiando i ribelli dalla striscia urbana a sud di Damasco, quegli immensi sobborghi in prevalenza sunniti da dove salgono gli attacchi che hanno cancellato la vita dorata nella capitale. Il primo a cadere è stato Daraya, a soli cinque chilometri da Mezze, il quartiere elegante delle ambasciate nella capitale. Daraya era una sfida silenziosa al governo. Fuori dal controllo del regime, si amministrava da solo, con spazzini e vigili urbani volontari, un giornale indipendente e la distribuzione nelle strade di volantini che invitavano a un futuro di riconciliazione fra le diverse confessioni religiose siriane. La stazione di polizia è stata saccheggiata e il municipio è chiuso. Inoltre Daraya confina con l’aeroporto militare, dove sono chiusi migliaia di prigionieri politici, parcheggiati gli elicotteri da combattimento e nel cui compound fortificato vivono numerosi ufficiali lealisti. L’assalto contro i civili ha seguito lo stesso pattern di altre spedizioni punitive: il cordone di militari che sigilla l’area, il bombardamento indiscriminato sulle case, il rastrellamento e l’esecuzione, in questo caso di circa 300 persone. La tv di stato addossa la responsabilità ai ribelli, definiti “terroristi”, ma che interesse avrebbero avuto a compiere una strage in un’area sotto il loro controllo? I giornalisti internazionali o qualsiasi altra fonte di verifica indipendente sono stati tenuti lontani dalla zona. La strage di Daraya prova al paese che Assad dispone ancora di una macchina di repressione funzionante e senza pietà. “Il popolo siriano non permetterà mai al complotto contro il paese di raggiungere i propri obiettivi – ha dichiarato domenica il presidente – Quello che ci sta succedendo oggi non è diretto soltanto contro di noi ma contro l’intera regione. La Siria è la pietra angolare, le potenze straniere prendono di mira noi per avere successo nell’intera regione”. Poi ha specificato: “A ogni costo”

La STAMPA - Giordano Stabile : " Hollande riconosce gli insorti "


François Hollande

«È la vendetta per la strage di Daraya». Il comandante della brigata ribelle Al Badr, Omar al Qabuni, rivendica così l’abbattimento di un elicottero nella periferia Est di Damasco, fra i sobborghi di Jobar e Qabun. Il velivolo aveva attaccato all’alba di ieri le postazioni dei ribelli a Jobar. L’obbiettivo erano i mortai nascosti fra gli edifici che domenica avevano preso di mira la piazza degli Abbasidi e il vicino stadio, trasformato all’inizio di quest’anno in una base militare, e forse anche in un centro di detenzione. Uno schiaffo per il governo di Bashar al Assad che aveva proclamato più volte la «riconquista» della capitale.

Ora però le brigate, frazionate in unità più piccole, praticano la guerriglia urbana. Una tattica mordi e fuggi, che impedisce al regime di respirare e di rivendicare davanti alla popolazione stremata la sua capacità di «riportare l’ordine». Per stroncare la guerriglia l’esercito deve rastrellare i sobborghi della capitale, dove gli insorti operano protetti dagli abitanti, a stragrande maggioranza sunniti ostili ad Assad. Una «bonifica» portata avanti con largo uso di artiglieria e missili lanciati dagli elicotteri d’assalto. Ne fanno le spese i civili, come sabato a Daraya, nell’hinterland Sud-occidentale.

Ieri mattina però, per la prima volta, un elicottero, forse un Mi-24, è stato colpito. Probabilmente da una raffica di arma automatica in uno dei punti vitali meno protetti, perché finora non ci sono conferme che gli insorti dispongano di missili terra-aria sofisticati. Gli alleati occidentali sono poco propensi a fornirli, vista la forte presenza di cellule di Al Qaeda che potrebbero impossessarsene. La Tv di Stato ha confermato la perdita del velivolo, limitandosi a dire che «era caduto» al confine dei due quartieri Nord-orientali. Un attivista dell’opposizione, Abu Bakr, conferma di aver visto gli insorti «sparare contro l’elicottero per un’ora, finché non sono riusciti a tirarlo giù». Non è chiaro se il pilota sia morto nella schianto o si sia salvato.

Altri testimoni parlano di scontri ed esplosioni ancora nella piazza degli Abbasidi, dove sembra sia il vicino stadio l’obiettivo degli insorti. Mentre Aleppo agonizza completamente «sigillata» dall’esercito, Damasco torna a essere il fronte principale. «Siamo tornati, questa volta più organizzati», assicurano gli insorti. E incassano l’appoggio del presidente francese François Hollande, pronto a «riconoscere il governo provvisorio» e a ipotizzare un intervento armato «se dovessero essere usate le armi chimiche», e la condanna del massacro di Daraya da parte di Ue e Usa. «I responsabili dovranno essere puniti», ha detto ieri l’Alto rappresentante della politica estera europea Catherine Ashton. Assad «ha perso ogni legittimità», ha puntualizzato il portavoce per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca, Tommy Vietor.

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