Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Di nuovo apartheid in Sudafrica, contro Israele Udg e Giorgio in piena condivisione
Testata:L'Unità - Il Manifesto Autore: Umberto De Giovannangeli - Michele Giorgio Titolo: «Schiaffo del Sudafrica al falso made in Israel»
Riportiamo dall'UNITA' di oggi, 24/08/2012, a pag. 13, l'articolo di Umberto De Giovannangeli dal titolo " Sudafrica-Israele. Scoppia la «guerra» delle etichette". Dal MANIFESTO, a pag. 7, l'articolo di Michele Giorgio dal titolo " Schiaffo del Sudafrica al falso made in Israel ".
Sia Udg sia Giorgio sguazzano felici nel razzismo ostentato dal Sudafrica contro Israele. Udg lo fa in maniera leggermente più elegante, ma traspare senza ombra di dubbio la condivisione. Il Sudafrica ha adottato una misura da apartheid. Supisce che ad attuarla sia proprio un Paese che ha dovuto subirla, in passato.
Ecco i pezzi:
L'UNITA' - Umberto De Giovannangeli : " Sudafrica-Israele. Scoppia la «guerra» delle etichette "
Desmond Tutu in prima linea nell'odio per Israele
è ancor più significativa delle sue conseguenze materiali. Il Sudafrica ha bandito nei giorni scorsi l'etichetta Made in Israel dai prodotti provenienti dagli insediamenti dei coloni ebrei nei Territori palestinesi occupati: insediamenti considerati illegali dalla comunità internazionale. La misura, adottata dal consiglio dei ministri e ritenuta più simbolica che commerciale, era già in programma dallo scorso maggio, e già allora era stata giudicata «razzista» dalla diplomazia israeliana, oltre ad aver scandalizzato una parte della comunità ebraica del Sudafrica e i conservatori evangelici. Il governo sudafricano si è basato su una legge per la protezione dei consumatori del 2008 che impone una «etichettatura dei beni e dei prodotti provenienti dai territori occupati per evitare che i consumatori credano che provengano da Israele». SCELTADI PRINCIPIO «Questo è coerente con la linea del Sudafrica che riconosce i confini del 1948 delimitate dalle Nazioni Unite e non riconosce i Territori Occupati al di là dei confini come parte dello Stato di Israele », sostiene il governo sudafricano. I leader della comunità ebraica in Sudafrica si sono detti «indignati» da una misura bollata come «discriminatoria e foriera di divisioni». Anche la reazione di Israele non si è fatta attendere: il governo a guida nazionalista del premier Benyamin Netanyahu ha definito «discriminatorio » e «totalmente inaccettabile » la decisione annunciata dal governo sudafricano. «Israele e il Sudafrica hanno divergenze politiche che sono legittime. Quello che è totalmente inaccettabile è l'uso di misure che, in sostanza, discriminano e isolano, creando un boicottaggio generale», ha tuonato da Gerusalemme il portavoce del ministero degli Esteri, Yigal Palmor, in un comunicato. Una presa di posizione che ha avuto subito una ricaduta diplomatica: al ministero degli Esteri israeliano è stato convocato l'ambasciatore di Pretoria a Tel Aviv, Ismail Coovadia, dove gli è stata presentata «una protesta formale ed è stato discusso il problema in profondità». Tra i sostenitori dell’iniziativa assunta dal governo sudafricano c’è il Premio Nobel per la pace, Arcivescovo emerito della Chiesa Anglicana Desmond Tutu, uno dei simboli, assieme a Nelson Mandela, della lotta contro il regime dell’apartheid. Questa la sua riflessione: «È passato già oltre un quarto di secolo da quando andavo di paese in paese nelle zone rurali degli Usa esortando gli statunitensi, specialmente gli studenti, ad esercitare pressioni a favore del boicottaggio in Sudafrica. Oggi, purtroppo, è ilmomento di intraprendere un’azione simile per obbligare Israele a porre fine alla sua lunga occupazione del territorio palestinese e ad estendere l’uguaglianza di diritti ai cittadini palestinesi vittime di circa 35 leggi discriminatorie. Sono arrivato a questa conclusione in maniera lenta e penosa. Sono consapevole del fatto che molti nostri fratelli e sorelle ebrei, il cui contributo è stato tanto decisivo nella lotta contro l’apartheid sudafricano, non sono ancora disposti a guardare in faccia il regime di apartheid stabilito da Israele e dal suo attuale governo. Sono enormemente preoccupato che il fatto di porre tale questione possa creare malessere ad alcuni rappresentanti della comunità ebraica con cui ho lavorato strettamente ed efficacemente per decenni. Ma non posso ignorare la sofferenza palestinese a cui ho assistito, né le voci dei coraggiosi ebrei preoccupati dalla deriva discriminatoria di Israele» «Molti sudafricani neri - aggiunge Tutu - e altre persone di tutto il mondo hanno letto il rapporto di HumanRightsWatchche descrive il sistema di leggi, norme e servizi di “due pesi e due misure” con cui opera Israele per le due popolazioni in zone della Cisgiordania sotto il suo esclusivo controllo, offrendo servizi preferenziali, sviluppo e benefici per i coloni ebrei e imponendo invece le più dure condizioni ai palestinesi».Etra queste condizioni c’è marcare «Made in Israel» prodotti dei territori occupati.
Il MANIFESTO - Michele Giorgio : " Schiaffo del Sudafrica al falso made in Israel "
Michele Giorgio
Il Sudafrica sarebbe tornato ad essere uno Stato razzista che pratica l’apartheid. Così sostengono le autorità israeliane che hanno commentato con rabbia la decisione del paese africano di dare il via libera al marchio «Prodotto nei territori occupati palestinesi» alle merci che provengono dagli insediamenti colonici israeliani in Cisgiordania. «E’ evidente che i processi cominciati inSudafrica inquesti anni nonhanno portato ad alcun rinnovamento sostanziale in quel Paese, che rimane uno Stato che pratica l’apartheid... un apartheid che al momento viene attuato nei confronti di Israele», ha commentato il vice ministro degli esteri Danny Ayalon, tra i principali rappresentanti della destra radicale nel governo del premier Benyamin Netanyahu. Il portavoce del ministero degli esteri, Yigal Palmor, ha riferito della convocazione dell’ambasciatore sudafricano eha definito la sceltadi Pretoria «senzaprecedenti» e «discriminatoria ». Grande la soddisfazione in casa palestinese, o almeno tra quei palestinesi e gli attivisti internazionali che da anni si battono affinchè le merci prodotte nelle colonie (costruite da Israele nei territori arabi e palestinesi occupati in violazione delle leggi e convenzioni internazionali) non vengano esportate conl’etichetta «Madein Israel»macon l’indicazione precisa della loro provenienza. E’ la prima volta che uno Stato molto importante – e il Sudafrica lo è – decide di applicare tale misura e ciò potrebbe aprire la strada a decisioni analoghe di altri paesi (difficilmente però quelli europei, di sicuro non gli Stati uniti). E’ comprensibile perciò l’irritazione israeliana, anche perchè i due paesi un tempo mantenevano strette relazioni - i rapporti tra il Sudafrica bianco (che teneva in prigione «il terrorista» NelsonMandela) e lo Stato di Israele sono stati intensi, anche militarmente, tra gli anni ‘70 e ’80 –, ora invece sembrano sempre più distanti, anche a causa dell’occupazione militare dei territori palestinesi. L’accusa di discriminazione razziale (a danno dei coloni) fatta da Israele al Sudafrica è priva di fondamento. Si tratta di una questione di rispetto della legalità internazionale. In linea con una legge per la protezione dei consumatori del 2008, il ministro del commercio sudafricano ha dato il suo assenso alla misura per consentire ai cittadini del suo paese di sapere che l’origine dei prodotti non è Israelema i Territori occupati palestinesi. Lo aveva spiegato due giorni fa il portavoce governativo Jimmy Manyi: «Si tratta di un provvedimento coerente con la posizione del Sudafrica che riconosce i confini israeliani del 1948 definiti dalle Nazioni Unite e non riconosce i territori occupati oltre quei confini come parte dello Stato di Israele». Dal punto di vista commerciale il Sudafrica ha agito correttamente. Un’industria straniera che realizza un prodotto in un determinato paese è poi tenuta a distribuirlo con il «Made in» di quel paese. Quindi Israele deve precisare che la produzione industriale ed agricola delle colonie nonavviene nel suo territorio. Insiste invece nel voler etichettare queiprodotti con il «Made in Israel» come se la Cisgiordania, il Golan (siriano) e Gerusalemme est fossero all’interno dei suoi confini. Leggi e risoluzioni internazionali dicono che non è così. Israele lo sa bene, visto che la stessa Unione europea garantisce l’esenzione dalle tariffe doganali solo ai prodotti che giungono da Israele e non anche a quelli provenienti dalle colonie. Il «Madein Israel» su tutte le esportazioni serve perciò a dare copertura alla produzione degli insediamenti colonici. Si prevede ora una battaglia in Sudafrica dove il provvedimento, in discussione dallo scorso maggio, ha suscitato le forti proteste della comunità ebraica locale - che si dice «indignata» e parla di «misura discriminatoria e foriera di divisioni» - ma anche dei conservatori evangelici sempre più influenti nel paese.
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