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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
22.08.2012 Gerusalemme, pestano a sangue un 14enne palestinese, processati sette minorenni israeliani
Il governo israeliano condanna la violenza. Cronaca di Francesco Battistini

Testata: Corriere della Sera
Data: 22 agosto 2012
Pagina: 15
Autore: Francesco Battistini
Titolo: «Tentano di linciare un arabo nel cuore di Gerusalemme. Agli arresti sette minorenni»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 22/08/2012, a pag. 15, l'articolo di Francesco Battistini dal titolo "Tentano di linciare un arabo nel cuore di Gerusalemme. Agli arresti sette minorenni".


Francesco Battistini, Bibi Netanyahu


Samir Kuntar

La risposta di un Paese democratico è stata espressa da Bibi Netanyahu, il quale ha condannato la violenza dei sette minorenni contro un loro coetaneo arabo.
Nell'Autorità Palestinese a chi commette stragi vengono dedicate piazze, com'è successo coi terroristi di Monaco '72.
Ma succede anche negli altri Paesi islamici.
E' il caso di Samir Kuntar, terrorista, ricevuto a Biserta, in Tunisia, con tutti gli onori.
Kuntar, liberato da Israele nel 2008 nell'ambito di uno scambio con Hezbollah, nel '79, a Naharya, aveva assassinato un poliziotto israeliano e sterminato una famiglia (padre e bambina di 4 anni, Einat Haran), causato la morte della figlia di due anni (Yael), soffocata dalla madre che cercava di nasconderla al terrorista.
E' questa la differenza tra una democrazia e una dittatura. Nel primo caso, i criminali vengono processati e, se giudicati colpevoli, condannati. Nel secondo caso vengono trattati da eroi.
Anche Michele Giorgio sul Manifesto di oggi ha scritto una cronaca sull'accaduto inzuppandoci per bene il pane. Non riportiamo il suo pezzo perchè ricalca perfettamente quello di Battistini, anche nell'accenno all'attentato contro una famiglia palestinese da un gruppo a bordo di un taxi.
Ecco il pezzo di Battistini:

GERUSALEMME — «S'è preso un bel po' di botte... (risatina). Spero che continui a prenderne... (altro sorriso). Per quel che mi riguarda, è solo un arabo. E sarebbe meglio che morisse». Né pentito, né spaventato, neanche un po' reticente e anzi fiero reo confesso, un ragazzino israeliano di 14 anni ha acceso lo sguardo davanti al giudice che l'interrogava e spento molte certezze d'un Paese che ora s'interroga, sgomento, su quel che è successo giovedì a mezzanotte in piazza Sion, nel cuore di Gerusalemme Ovest: soprattutto, su quel che sta accadendo ai cuori di certa gioventù che non è stanca della violenza intorno e anzi, con foga, brucia arabi e moschee, vite proprie e altrui. Il ragazzino, A., è finito in carcere con altri sei amici, tutti minorenni, qualcuno tredicenne, e l'ha ammesso candido: erano almeno in trenta, quella notte, e insieme hanno tentato il linciaggio d'un palestinese diciassettenne, Jamal Julani. Il liceale arabo, mai un precedente, aveva l'unica colpa di passare di lì: non è morto per un niente e perché un altro ragazzo, uno studente israeliano di medicina, s'è fatto largo tra le bestie feroci, gli ha preso il polso e s'è buttato a fargli massaggi cardiaci, fino all'arrivo dell'ambulanza.
«L'ebreo ha un'anima buona, l'arabo è una malattia!». È cominciato tutto con un coro, raccontano, di quelli che i tifosi razzisti del Beitar di Gerusalemme cantano allo stadio e intonarono anche mesi fa in un centro commerciale scatenando la caccia ad alcuni palestinesi. Jamal era con due cugini e ha capito subito che quegl'insulti lo riguardavano, ma s'è sforzato di mostrare indifferenza. Poi è successo che una ragazzina di 15 anni, R., che quando finirà davanti al giudice alzerà il dito medio in segno di sfida, abbia cominciato a urlare, additando i tre agli amici: «M'hanno violentata!». È partito l'inseguimento di massa, i cugini sono riusciti a scappare e il povero Jamal invece è inciampato, sepolto da calci e pugni. Centinaia di persone avrebbero assistito alla scena, senza intervenire e riprendendola coi telefonini. «Quando siamo intervenuti — dice un volontario dell'ambulanza —, molti di quei ragazzi continuavano a insultarci e a chiederci perché lo facevamo, tanto era solo un arabo».
La camera 22 del sesto piano, all'ospedale Hadassah, è dove Jamal si sta riprendendo. Dal presidente Peres al vicepremier Yaalon, al sindaco Barkat, l'Israele delle istituzioni ha condannato. Un centinaio d'attivisti della sinistra israeliana ha organizzato un presidio su piazza Sion. Ci si aspetta il pugno di ferro dei giudici, anche se tre del branco sono già agli arresti domiciliari e il leader di Peace Now, Yariv Oppenheimer, ricorda come i magistrati abbiano «responsabilità, perché in passato hanno trattato coi guanti bianchi simili casi di violenza». Troppi cattivi maestri, è l'accusa, e più d'un allievo maldestro: la settimana scorsa, critiche si sono levate da destra contro il Dipartimento di Stato Usa che per la prima volta, a proposito dei coloni, ha parlato non solo della violenza araba, ma anche d'un «terrorismo ebraico» che colpisce duro. Nelle stesse ore c'è stato l'attacco a una famiglia palestinese che viaggiava su un taxi, fra due insediamenti israeliani nei Territori: sassate, molotov, ricoveri con ustioni e l'arresto d'alcuni minorenni.
«Lo sai che abbiamo aperto una sede a Gerusalemme?», rivela un incappucciato del Ku Klux Klan al suo complice, in un'amara vignetta d'un giornale gerosolimitano. Un adolescente israeliano su due, dicono le ricerche, è coinvolto in episodi di hooliganismo. Vandali che spesso riciclano i temi del conflitto: «Non esiste un problema specifico della nostra gioventù — controbatte Gerald Steinberg, sociologo della Bar Ilan University —. La violenza è generazionale e questi teenager non sono un'eccezione, rispetto ai coetanei europei e americani». «Il razzismo è la malattia d'ogni società moderna», concorda l'opinionista Ben-Dror Yemini. «Però è sconvolgente, ascoltare i genitori di questi ragazzi — dice un altro editorialista, Tali Ben-Ovadia —: li giustificano, li difendono. Ma che valori trasmettono? Come si parla dei palestinesi, in quelle case? Sarebbero loro, da perseguire. Per tutto l'odio che stanno seminando».

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