Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Israele, Avi Dichter nominato capo del Fronte Interno di Difesa cronache di Giulio Meotti, Umberto De Giovannangeli, Alix Van Buren
Testata:Il Foglio - L'Unità - La Repubblica Autore: Giulio Meotti - Umberto De Giovannangeli - Alix Van Buren Titolo: «La nomina di un falco accelera lo strike, e Israele calcola i costi - Israele, un falco alla Difesa. Allarme rosso per Teheran - Gli intellettuali contro Netanyahu: Sull’Iran non può decidere da solo»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 15/08/2012, a pag. 3, l'articolo di Giulio Meotti dal titolo "La nomina di un falco accelera lo strike, e Israele calcola i costi " . Dall'UNITA', a pag. 12, l'articolo di Umberto De Giovannangeli dal titolo " Israele, un falco alla Difesa. Allarme rosso per Teheran ". Da REPUBBLICA, a pag. 15, l'articolo di Alix Van Buren dal titolo "Gli intellettuali contro Netanyahu: Sull’Iran non può decidere da solo " .
Il FOGLIO - Giulio Meotti : " La nomina di un falco accelera lo strike, e Israele calcola i costi "
Giulio Meotti Avi Dichter
Roma. La nomina di Avraham Dichter al ministero della Difesa interna d’Israele, appendice del dicastero guidato da Ehud Barak, è l’ennesimo segnale di un’accelerazione nei preparativi per l’eventuale attacco alle installazioni nucleari dell’Iran. Dichter, ex capo dello Shin Bet, il servizio di sicurezza interno, da mesi sostiene la necessità per Israele di “dotarsi di mezzi di attacco militare” contro l’Iran e la stampa israeliana ha interpretato la sua nomina in chiave interventista. Contemporaneamente, il fatto che Dichter sia un parlamentare di Kadima, componente riottosa della coalizione di governo, rende la sua elevazione di rango una mossa voluta dal premier, Benjamin Netanyahu, per dare un segnale di stabilità politica. E accanto all’avvicendamento nell’apparato della difesa, Gerusalemme inizia a calcolare i costi di un’eventuale operazione. L’attacco all’Iran, di cui si parla incessantemente da giorni, dovrebbe costare allo stato ebraico circa 375 milioni di dollari al giorno, lo rivela Yedioth Ahronoth. La Banca di Israele è pronta ad attingere ai 76 miliardi di dollari in valute straniere, che andrebbero a compensare la caduta della moneta israeliana, lo shekel, causata dalla paralisi nazionale. I 34 giorni di guerra contro Hezbollah nel 2006 sono costati un miliardo di dollari soltanto per la ricostruzione delle aree colpite e un altro miliardo per rifornire l’esercito. Quali costi ci saranno stavolta per un eventuale blocco dell’economia? Si calcolano 250 milioni di dollari al giorno, secondo la Banca d’Israele. E i costi umani? Il ministero della Difesa ha appena reso nota la propria previsione di un contrattacco iraniano su Israele: circa trecento morti. Una perdita pesante per un paese di neppure otto milioni di persone, ma inferiore alle previsioni disastrose di alcuni commentatori. David Ivry, l’ex capo dell’aviazione che ha guidato l’attacco che ha distrutto il reattore nucleare iracheno di Osirak, prevede almeno dieci piloti dispersi in Iran. “Se il paese decide che la sicurezza nazionale è in gioco, sarà il prezzo che pagheremo”, ha detto Ivry. Le industrie più strategiche, come le banche e la Bezeq di telefonia, si sono attrezzate con tecnologie di sostituzione in caso di collasso. Il governo sta correndo contro il tempo per sopperire alla mancanza di maschere antigas: attualmente il quaranta per cento della popolazione non avrebbe accesso alle misure per far fronte all’uso eventuale di armi chimiche. Israele ha speso 250 milioni di dollari per costruire il fence che deve proteggere il sud del paese dalle infiltrazioni terroristiche egiziane. Due miliardi di dollari sono stati allocati per l’acquisto di quattro sottomarini che la Germania ha consegnato a Israele e che possono montare armi atomiche. Si attesta attorno ai 250 milioni di dollari il costo del rifugio sotterraneo che dovrà ospitare la leadership israeliana in caso di attacco su Gerusalemme. E’ un gigantesco bunker nel cuore di una montagna vicino a Gerusalemme. Lungo due chilometri e alto dieci metri, il bunker ospita uffici per centinaia di persone, politici, ministri e generali. Presto il cielo sopra Israele sarà il più costoso al mondo. Iron Dome, il sistema d’arma mobile per la difesa che intercetterebbe i razzi sparati contro i centri abitati, costerà circa un miliardo. Iron Dome respinge i missili dalla gittata di 70 chilometri, Magic Wand arriva fino a 250 chilometri, gli Arrow 2 fino a mille chilometri e i nuovi Arrow 3 hanno una portata atmosferica e sono la prima difesa balistica contro i missili iraniani. Quanto potrebbe costare il loro impiego? Lo ha calcolato il generale della riserva Zvi Shor, a capo della divisione budget del ministero della Difesa: “Dieci giorni di guerra costano 27 miliardi di dollari. Un mese di conflitto raggiunge i 50 miliardi”.
L'UNITA' - Umberto De Giovannangeli : " Israele, un falco alla Difesa. Allarme rosso per Teheran "
Un «falco» alla difesa interna. Per accelerare i preparativi di un attacco. L'attacco all'Iran. L'ex responsabile dello Shin Beth (il servizio segreto interno israeliano) Avi Dichter, è il nuovo ministro della Difesa passiva d'Israele. Lo hanno annunciato i media locali, mentre lo Stato ebraico accelera i preparativi di difesa della popolazione in caso di guerra con l'Iran. Ex-ministro della Sicurezza interna, Dichter, deputato del partito centrista di opposizione Kadima si appresta a dare le dimissioni dalla Knesset (Parlamento) per entrare nel governo. PREPARATIVI DI GUERRA Il neo ministro, che farà riferimento al titolare della Difesa, Ehud Barak, prende il posto di Matan Vilnai, nominato ambasciatore d'Israele in Cina. Recentemente Dichter si è detto favorevole all'ipotesi che Israele si doti di «mezzi di attacco militare» contro le installazioni nucleari iraniane. Secondo la radio militare, l'arrivo al governo di Dichter dovrebbe rafforzare la posizione dei «falchi», sostenitori di un attacco contro l'Iran. Il premier israeliano Ben-yamin Netanyahu e il ministro della difesa Ehud Barak sono determinati ad attaccare le infrastrutture atomiche in Iran questo autunno, prima cioè delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Ad anticiparlo nei giorni scorsi con un titolo a tutta pagina è il quotidiano YediotAhronot. Sulla stessa linea di pensiero un dirigente israeliano dichiara, in forma anonima, al quotidiano Haaretz che «la spada puntata ora al nostro collo è più affilata della spada che avevamo al collo alla vigilia della guerra dei sei giorni (1967)», quando Israele optò per un attacco militare preventivo contro i paesi vicini. In un sondaggio di opiFonti di intelligence ipotizzano l'attacco entro ottobre, prima delle presidenziali Usa pione Maariv ha rilevato che il 40% degli israeliani è favorevole ad un'operazione militare contro le infrastrutture nucleari in Iran. II 37% paventa che qualora il regime degli ayatollah si dotasse di armi atomiche gli ebrei rischierebbero «una seconda Shoah». Nel frattempo, il generale Benny Ganz, capo di stato maggiore, invita a prepararsi su «fronti multipli». L'esercito raddoppia ai soldati le «razioni K» e pubblicizza il sistema sms in quattro lingue, introdotto mesi fa, che su tutti i cellulari avvertirà gli israeliani d'eventuali attacchi. L'IRAN RILANCIA Teheran minimizza le minacce israeliane di un imminente attacco ai suoi siti nucleari, sottolineando come anche i leader israeliani siano consapevoli del fatto che un'azione così «stupida» avrebbe «conseguenze molto gravi». «Nei nostri calcoli - afferma il ministro degli Esteri Ramin Mehmanparast - non stiamo prendendo molto seriamente queste dichiarazioni perché capiamo che sono false e senza fondamento, anche se alcuni funzionari del regime illegittimo volessero attuare tale stupida azione, ci sono quelli che non lo permetteranno perché sono consapevoli delle conseguenze molto gravi che patirebbero per tale atto». Da parte sua, il ministro della Difesa iraniano, Ahmad Vahidi, ha definito le minacce israeliane «un segno di debolezza» da parte di «leader senza cervello». Nei giorni scorsi il New York Timer, in un articolo sui colloqui tra Israele e Usa su un eventuale attacco all'Iran, ha scritto che in Israele c'è chi sostiene che il premier Netanyahu sia intenzionato ad agire a settembre o all'inizio di ottobre, prima delle prossime elezioni presidenziali Usa. II premier teme infatti di avere meno influenza in caso di rielezione di Barack Obama, ed è anche consapevole, qualora vincesse Mitt Romney, che Già individuati i siti nucleari da colpire e predisposto il comando delle operazioni il nuovo inquilino della Casa Bianca non si lancerebbe in una grande operazione militare all'inizio del suo mandato. Sul quotidiano la dichiarazione dell' ex capo dell'intelligente israeliana (Mossad), Efraim Halevy: «Se fossi un iraniano avrei paura nelle prossime 12 settimane». Le 12 settimane sono quelle che mancano alle elezioni presidenziali americane, che dovrebbero tenersi agli inizi di novembre. La sala di comando delle operazioni militari è scavata nelle viscere della terra sotto il ministero della Difesa, a Tel Aviv. Da qui verrà guidata «l'Armada volante». Manca solo la luce verde politica. I piani operativi sono già pronti. All'ora prescelta si leveranno in cielo cento apparecchi, fra aerei da combattimento, da intercettazione, da rifornimento, da guerra elettronica. Gli aerei F16i e F15i sono del resto in grado di raggiungere l'Iran senza rifornimenti in volo anche con un carico di ordigni. Tre sono le possibili rotte d'attacco: una lungo il confino turco-siriano; un'altra sulla Giordania; una terza su Arabia Saudita ed Iraq. Secondo uno degli scenari ritenuti più «realistici», Israele non cercherà i di distruggere l'intera rete degli stabilimenti nucleari iraniani, ma solo quelli ritenuti d'importanza critica: le località che vengono spesso menzionate sono Natanz, Isfahan, Kom, Arak. Quanto alla centrale di Bushehr, c'è chi ritiene che vada risparmiata, per non provocare una fuga di materiale radioattivo.
La REPUBBLICA - Alix Van Buren : "Gli intellettuali contro Netanyahu: Sull’Iran non può decidere da solo "
Amos Oz Bibi Netanyahu
GERUSALEMME— Quando uno scrittore del calibro di Amos Oz, sionista convinto, cantore dei kibbutz, liberale e però sostenitore della guerra del Libano nel 2006, prende carta e penna e indirizza un ultimatum al primo ministro Netanyahu, diffidandolo dal precipitare il Paese in guerra contro l’Iran, vuol dire che i tempi stringono. Che la minaccia di un raid, martellante nelle dichiarazioni del premier, potrebbe materializzarsi. Così Oz ieri ha capitanato una decina di letterati eccellenti, si è rivolto a un avvocato per imprimere peso legale alle loro parole e ha intimato al premier che «la decisione su ogni operazione militare sia presa dal governo in seduta plenaria». Dietro a quel titolo c’è un importante precedente. Giusto domenica, infatti, Netanyahu s’è dotato di nuovi strumenti di governo che gli permetterebbero di dichiarare la guerra, aggirando la vigilanza dell’esecutivo, con uno sgambetto anche ai vertici militari e dell’intelligence contrari a un’azione unilaterale. E ieri ha nominato nuovo ministro per la Difesa interna l’ex capo dello Shin Bet Avi Dichter che nei mesi scorsi aveva dichiarato che il suo Paese doveva dotarsi di «mezzi di attacco militare alle installazioni nucleari iraniane». Oz e i suoi compagni di penna — da Nir Baram a Sami Michael, da Yoram Kaniuk a Yuval Shimoni — si definiscono «cittadini, attivisti sociali e politici, scrittori, poeti ed intellettuali», non già fatti della stessa pasta politica, «ma accomunati dall’enorme preoccupazione per ciò che potrebbe accadere». La legge detta che «ogni azione fatidica per la società e il popolo» sia presa in maniera democratica, previa autorizzazione del governo. Gli intellettuali impongono a Netanyahu una risposta a brevissima scadenza: «giovedì 16 agosto». L’appello degli intellettuali piomba nel bel mezzo di un dibattito che infuoca la società israeliana su un raid militare contro l’Iran. Il premier mostra fretta. Lo Stato maggiore israeliano già si premunisce contro Hezbollah nel caso di un’offensiva di missili in solidarietà con l’Iran, da “dietro il giardino di casa”: «Il Libano intero ne farà le spese». Netanyahu incalza anche l’America: Obama prospetti la guerra se gli ayatollah non rinunceranno al programma nucleare. Washington non gli fa da sponda: «La diplomazia non ha esaurito il suo corso», ribatte il portavoce presidenziale. L’Iran minimizza: «Le minacce di Israele sono vuote e infondate», dice il ministero degli Esteri. Non la pensano così gli israeliani, divisi sulla questione del “rischio esistenziale”: soltanto un 32-35 per cento sostiene l’opportunità della guerra. La maggioranza è contraria. Le assicurazioni di Barak che «soltanto 500 israeliani morirebbero » cadono su orecchie sorde. Nemmeno la sbandierata difesa dell’“Iron Dome”, il sistema missilistico costato miliardi, fende lo scetticismo di chi invoca un nuovo Ben Gurion: «Non so cosa sia meglio per gli ebrei — scrive Eitan Haber, esperto militare — né lo sanno Barak, Netanyahu o Obama. Oggi bisogna procedere con la saggezza di Ben Gurion. Un attacco all’Iran è una scommessa sulle nostre vite. Magari Netanyahu e Barak non ci saranno più quando i risultati di una decisione tanto fatale ricadranno sui nostri nipoti».
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