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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Foglio - Il Giornale Rassegna Stampa
29.06.2012 Aggiornamenti sulla situazione in Siria
commenti di Daniele Raineri, Fausto Biloslavo

Testata:Il Foglio - Il Giornale
Autore: Daniele Raineri - Fausto Biloslavo
Titolo: «Tra Siria e Turchia è quasi guerra Erdogan schiera missili e truppe»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 29/06/2012, a pag. 3, l'articolo di Daniele Raineri dal titolo "  La battaglia si sposta a Damasco,Assad fa una vita avvelenata". Dal GIORNALE, a pag. 14, l'articolo di Fausto Biloslavo dal titolo " Tra Siria e Turchia è quasi guerra Erdogan schiera missili e truppe ".
Ecco i pezzi:

Il FOGLIO - Daniele Raineri : "  La battaglia si sposta a Damasco, Assad fa una vita avvelenata"


Daniele Raineri            Bashar al Assad

Roma. Una fonte decisamente in alto dell’esercito israeliano, a cui però è stata fatta la promessa che non sarà citata direttamente con il nome, dice al Foglio che “Israele considera inevitabile la caduta del presidente siriano Bashar el Assad” e che “in Siria disponiamo di un livello di intelligence molto profondo”. Conferma la paura delle armi chimiche conservate dall’esercito siriano, anch’esse attentamente monitorate per timore che siano usate o che cadano nelle mani sbagliate, “ma fino a questa settimana ci risultano saldamente in controllo del regime”. La caduta di Assad passa per la topografia della capitale, Damasco. Ci si chiede se sia possibile un improvviso precipitare degli eventi, sul modello di quanto avvenne nell’estate 2011 in Libia, quando una colonna di ribelli arrivata dalle montagne a ovest penetrò fulmineamente a Tripoli , cuore del potere di Muammar Gheddafi, con l’aiuto di una robusta quinta colonna che ne preparò l’arrivo. La conquista della città e del compound del rais libico avvennero nel giro di pochi giorni. A Damasco la sensazione è che le forze lealiste stiano progressivamente perdendo il controllo fisico del territorio, ma che questa curva di decadimento sia soltanto all’inizio. Ieri sono esplose due bombe davanti al palazzo del Tribunale, le ultime di una serie di attentati senza rivendicazioni certe. Nella notte di mercoledì, secondo l’agenzia France presse, un gruppo di uomini è entrato in casa di Kamel Ranaja e lo ha ucciso. Ranaja è un membro di Hamas, o, più precisamente, era il vice di quel leader operativo palestinese ucciso dai servizi segreti in un hotel di Dubai nel 2010, Mahmoud al Mahbouh. Hamas sospetta che siano stati di nuovo i servizi segreti israeliani – il che la dice lunga sull’improvvisa libertà di movimento di cui si godrebbe a Damasco, dove il gruppo armato un tempo era ospitato in assoluta sicurezza. La maggior parte dei membri di Hamas ha già abbandonato la Siria, in aperto dissidio con il governo di Assad. Il ministro della Difesa israeliano rifiuta, com’è prassi, di commentare la morte di Ranaja, ma dice anche che “non era uno degli uomini più giusti della sua generazione”. Secondo le informazioni frammentarie che circolano, il 22 giugno Abdulquddoos Jbarah, un religioso sciita rispettato e schierato con il regime, è stato ucciso da una banda di jihadisti sunniti. Un generale dell’aviazione – l’Arma più potente in Siria, è quella del padre di Assad e quindi è sempre stata favorita – è stato rapito nel quartiere di al Adawi, un’area di lusso riservata ai dignitari dir egime e ai consiglieri russi. Farage Shihada al Maqat è l’ufficiale più alto in grado rapito o ucciso finora dai ribelli (a meno che non si scopra, com’è successo la settimana scorsa con un colonnello, che ha disertato ed è in viaggio verso la salvezza, oltre il confine con la Turchia). Martedì il Jaish al Hur, l’esercito della libertà, ha attaccato la caserma della Guardia repubblicana a Qudssaya, a soli otto chilometri dalla piazza Omayyade che è il centro della capitale. La Guardia è un reparto speciale, con 8 mila o 10 mila soldati a seconda delle fonti, assolutamente scelti e fedeli al regime. E’ l’unico autorizzato a stazionare all’interno della capitale, ha come compito preciso la difesa del regime contro le minacce interne ed è comandato dal fratello del presidente, l’ombroso Maher – escluso dal posto di presidente per scelta del padre Hafez, che lo considerava troppo crudele e più adatto al mestiere delle armi. La caserma di Qudssaya presidia e blocca la strada che porta al monte Qaisoun, quattro chilometri verso nordest, dove c’è la residenza ufficiale del presidente, con affaccio sulla città, che sovrasta di un centinaio di metri d’altezza. Non è il primo attacco dentro Damasco, ma ha avuto un significato speciale, perché ha lambito l’apparato di sicurezza che porta agli Assad. I ribelli lo definiscono “un attacco esplorativo” e la risposta è stata furiosa: l’esercito ha circondato due interi quartieri della città – Qudssaya e Barzeh – e ha cominciato un intenso fuoco di sbarramento che ha ucciso 33 persone. E’ stata questa battaglia che ha spinto il presidente a dire in tv che il paese “è in pieno stato di guerra”. Nei sedici mesi precedenti, anche durante i bombardamenti di Homs e delle altre città ribelli, la rivoluzione era stata sempre caratterizzata come “un’ondata di crimini commessi da terroristi appoggiati dall’estero”. Un ufficiale dell’esercito dei ribelli che chiede di restare anonimo fa arrivare queste dichiarazioni ai media: “Lo abbiamo fatto per provare la capacità di reazione della Guardia, per attacchi futuri. I nostri combattenti sono rimasti sorpresi dalle dimensioni gigantesche della reazione e dal numero di truppe che hanno subito circondato la zona”. Il test ha dimostrato che: “Un proiettile a Damasco ha più impatto di un bombardamento con i carri armati a Idlib o a Homs, perché il regime non sente i colpi d’artiglieria a Homs ma di certo sente lo sparo a Damasco. E’ stato un test per quando la battaglia si sposterà nella capitale”. Secondo il sito Debka, che mette in circolo informazioni senza fonti identificabili e senza possibilità di conferma, il presidente sarebbe chiuso a palazzo in quello che sembra uno semi stato di arresto. Sui suoi movimenti decide un ufficiali della Guardia repubblicana comandata dal fratello Maher. Assad e la moglie Asma temono un avvelenamento ancor più che i combattimenti che scoppiano a poca distanza, e farebbero provare ogni bevanda e ogni cibo ad assaggiatori presi dai servizi segreti. A maggio otto alti ufficiali, compreso il genero di Assad, sono stati avvelenati da una guardia del corpo passata ai ribelli e sono stati salvati in ospedale.

Il GIORNALE - Fausto Biloslavo : " Tra Siria e Turchia è quasi guerra Erdogan schiera missili e truppe "


Fausto Biloslavo             Recep Erdogan

La Turchia schiera truppe, bat­terie antiaeree e blindati sul confi­ne siriano, mentre Israele rafforza le difese sulle alture del Golan te­mendo «attacchi del terrore o una guerra». Il conflitto, almeno quello segreto e clandestino, è già iniziato con operazioni sotto copertura e re­golamenti di conti. Mercoledì a Da­masco è stato ucciso un pezzo gros­so di Hamas.
Il tentativo dell'Onu di formare un governo con rappresentanti del governo e dei ribelli per salvare la Si­ria sembra già morto, ancora pri­ma di venir presentato sabato a Gi­nevra.
Dopo l'abbattimento del suo cac­cia da parte dei siriani, Ankara mo­stra i muscoli. Ieri mattina una co­lonna di una trentina di mezzi, comprese batterie missilistiche an­tiaeree, si è diretta verso il confine siriano. Il giorno prima erano stati segnalati altri movimenti di trup­pe. Secondo la stampa turca blinda­ti e unità di fante­ria si stanno dispie­gando sul confine proprio nelle zo­ne «calde», dove sono concentrati i 33mila profughi fuggiti dalla guer­ra civile. La colonna di ieri è partita dalla base costiera di Iskenderun, nella provincia di Hatay confinan­te con la Siria dove era stato abbat­tuto il caccia F4 turco in ricognizio­ne. Il premier turco, Recep Tayyip Erdogan, ha fatto cambiare le rego­le d'ingaggio. Le truppe turche sul­la frontiera possono far fuoco su mezzi militari o soldati siriani che rappresentino «una palese ed im­minente minaccia». Negli ultimi giorni, secondo Debka, il sito d'in­telligence vicino agli israeliani, lo stesso Erdogan avrebbe insistito con il presidente americano Ba­rack Obama per ripetere con la Si­ria il copione libico.
L'abbattimen­to del caccia turco era il pretesto perfetto per scatenare un interven­to della Nato, ma la Casa Bianca avrebbe sostenuto che non è anco­ra il momento.
In realtà i turchi stanno rispolve­rando il fallito tentativo di creare un corridoio umanitario, che avrebbe permesso ai ribelli siriani di controllare dei territori 'libera­ti'. AdessoAnkaralochiama «corri­doio di sicurezza».
Sul fronte sud anche Israele si sta mobilitando sulle alture occupate del Golan. Il generale Tamir Hy­man,
che comanda la 36ª Divisio­ne, ha annunciato il rafforzamento delle difese. 'Un attacco terroristi­co o una guerra (contro Israele) può capitare in qualsiasi momen­to' ha dichiarato l'alto ufficiale rife­rendosi alla Siria. Nel frattempo è già in atto un conflitto clandestino con operazioni coperte, da un par­te e dall'altra. Mercoledì è stato uc­ciso nella sua abitazione di Dama­sco, Kamal Ranaja uno dei pezzi grossi di Hamas che ha trovato rifu­gio in Siria. Il comandante palesti­nese era il braccio destro di Mah­mud al- Mabhuh, il capo militare di Hamas ucciso a Dubai, nel 2010, da un'operazione del Mossad. Secon­do l'opposizione siriana il dirigen­te di Hamas a Damasco è stato eli­minato dai fedelissimi del regime. Forse faceva il doppio gioco o era vi­cino a­i Fratelli musulmani che stan­no aizzando la rivolta armata.
Sul terreno si registrano solo ieri 69 vittime, metà delle quali civili. Si combatte anche a Duma, alle porte di Damasco. Non solo: la capitale è stata scossa dall'esplosione di due bombe nel parcheggio del palazzo di giustizia, simbolo del potere.
Con queste premesse si incontre­ranno sabato a Gin­evra i rappresen­tanti della comunità intrenaziona­le,
compresi russi e americani. Kofi Annan, ex segretario dell'Onu, ha proposto un governo di coalizione fra membri del governo e uomini dell'opposizione senza i principali leader, a cominciare dagli Assad. La Russia che sembrava appoggia­re l'idea sta facendo marcia indie­tro. E gli stessi ribelli fanno sapere che sono pronti a fermare il bagno di sangue, 'a patto che cada il regi­me'.

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