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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
28.06.2012 Tariq Ramadan, il re della dissimulazione
Lo intervista Stefano Montefiore

Testata: Corriere della Sera
Data: 28 giugno 2012
Pagina: 17
Autore: Stefano Montefiore
Titolo: «Doppio standard sui Fratelli Musulmani»

Sul CORRIERE della SERA di oggi, 28/06/2012, a pag.17, con il titolo "Doppio standard sui Fratelli Musulmani", Stefano Montefiore intervista Tariq Ramadan. Oggi, anche i più benevolenti nei confronti dell'islamismo, sanno chi è in realtà l'ideologo principe della diffusione in Europa della Sharia, quel Tariq Ramadan, che sul CORRIERE della SERA di ieri è stato ritratto come si doveva da Bernard-Henri Lévy.  Nell'intervista che segue, Ramadan risfodera le due indubbie capacità nel dissimulare il suo pensiero. Ma le domande di Montefiore sono ben piazzate, Ramadan è di nuovo 'persona non grata' in Usa e anche in Francia. In Italia, un paese privo di spina d'orsale, entra ed esce quando vuole.
Ecco l'intervista:

Non sono ciò che non sono, senza essere quello che non è... capite ?

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PARIGI — Tariq Ramadan non è un intellettuale esperto di Islam come gli altri. All'indomani dei massacri di Mohamed Merah a Tolosa, la Francia di Sarkozy lo ha dichiarato indesiderabile, e quella di Hollande non sembra amarlo molto di più: «Già sette mie conferenze sono state annullate dopo le elezioni», dice, al telefono dal Qatar. Accusato di ambiguità nei confronti degli integralisti islamici e di praticare il «doppio discorso» — uno moderato con i media occidentali, un altro più radicale con i correligionari — Ramadan insegna a Oxford ed è una voce molto ascoltata dai musulmani europei. È nato a Ginevra perché la sua famiglia si rifugiò in Svizzera dopo che il nonno, Hassan el-Banna, fondatore dei Fratelli musulmani, venne ucciso in Egitto.
Lei è nipote del fondatore dei Fratelli musulmani, che hanno appena conquistato la presidenza dell'Egitto. Vede con favore la vittoria di Mohammed Morsi?
«Non proprio, il fatto che io sia nipote di Hassan el-Banna non fa di me un Fratello musulmano. Anzi, sono molto critico, basta leggere il mio libro L'Islam et le réveil arabe».
Che cosa la preoccupa della situazione egiziana?
«Va detto che quella di domenica è stata la prima elezione più o meno democratica, e di questa importanza simbolica bisogna comunque rallegrarsi. Però l'esercito non ha mai perduto il controllo. Mesi fa lo ha detto pure il consigliere personale di Sarkozy, Henri Guaino, che ha parlato di colpo di Stato».
La pensa così anche lei?
«Appena prima delle elezioni l'esercito ha tolto le prerogative più importanti al presidente. Al Cairo c'è un'autorità pubblica senza potere e un potere senza autorità, e vecchie figure come El Baradei che rischiano di tornare».
Sembra temere più l'esercito che i Fratelli musulmani.
«Niente affatto, sono stato il primo a sostenere che Fratelli musulmani e i salafiti erano assenti da piazza Tahrir e che hanno saputo imporsi solo in seguito. Giudicherò la presidenza Morsi da quel che riuscirà a fare nella realtà».
L'Occidente teme che alle dittature si sostituisca l'integralismo islamico. Condivide questa paura?
«Intanto, i nuovi vertici egiziani hanno assicurato che rispetteranno gli accordi di pace con Israele. Poi, l'Occidente deve smetterla di osservare il Medio Oriente attraverso le lenti del proprio interesse. La condizione delle donne non era importante sotto Mubarak, sotto Ben Alì? Trovo curioso questo allarme dell'Occidente a geometria variabile. In Arabia Saudita le donne non possono guidare, ma siccome Riad protegge gli interessi americani nessuno se ne preoccupa. Una forza di Islam politico in Medio Oriente è presente, e bisogna farci i conti».
Pensa che la Turchia sia un modello?
«Quando Erdogan è stato eletto si annunciava il peggio, c'era chi lo considerava un pericoloso islamista. Mi sembra invece che Ankara si sia assestata su una visione di democrazia liberale, anche se molte riforme devono essere portate a compimento. Comunque, la Turchia e anche i Fratelli musulmani sono in linea con il liberalismo economico, trattano con il Fmi, con la Banca mondiale...».
Lei è ottimista sull'evoluzione democratica del mondo arabo?
«A lungo termine sì, a breve termine no, non credo che vedremo un fiorire della democrazia. In questi anni la sola vera rivoluzione che si è compiuta in Medio Oriente è quella intellettuale: si è presa coscienza che è necessario, e possibile, rovesciare le dittature senza violenza».
Lei ha difeso il predicatore Al-Qaradawi, appartenente ai Fratelli musulmani, che nel 2009 su Al Jazeera inneggiò a Hitler come castigatore degli ebrei.
«La traduzione delle frasi di Al-Qaradawi su Hitler che circola su Internet è sbagliata, ho potuto verificarlo confrontando l'originale in arabo (Al-Qaradawi comunque ha più volte pronunciato frasi antisemite, ndr). Ho preso le distanze da Al-Qaradawi quanto alle sue posizioni contro Israele, ma difendo la sua libertà di espressione. Voi volete mettermi dalla parte dei Fratelli musulmani, tutti ricordano che io sono il nipote del fondatore, ma quando li critico nessuno lo dice. Li giudicherò dalle loro azioni. Staremo a vedere».

 


lettere@corriere.it

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