Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Siria: Usa e Gran Bretagna offrono l'immunità ad Assad a patto che se ne vada armi ai ribelli, ma la CIA controlla che non finiscano nelle mani di al Qaeda
Testata:Corriere della Sera - Il Foglio Autore: Viviana Mazza - Daniele Raineri Titolo: «Armi da non perdere - Washington e Londra: immunità ad Assad se lascerà il potere»
Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 22/06/2012, a pag. 16, l'articolo di Viviana Mazza dal titolo " Washington e Londra: immunità ad Assad se lascerà il potere ". Dal FOGLIO, in prima pagina, l'articolo di Daniele Raineri dal titolo " Armi da non perdere ". Ecco i pezzi:
CORRIERE della SERA - Viviana Mazza : "Washington e Londra: immunità ad Assad se lascerà il potere "
La Gran Bretagna e gli Stati Uniti potrebbero garantire al presidente siriano Bashar Assad l'immunità, se accettasse di lasciare il potere. Anziché un processo per crimini contro l'umanità, lo aspetterebbe l'esilio in Russia o in Iran, mentre a Ginevra si terrebbe, già a fine mese, una «conferenza sulla transizione in Siria». Ma questa opzione, ipotizzata ieri dalla stampa britannica sulla base di «spiragli» che il presidente russo Putin avrebbe fatto intravedere al G20, viene — almeno ufficialmente — definita «impraticabile» da Mosca, che ha impedito più volte azioni del Consiglio di Sicurezza dell'Onu contro Damasco. «Il piano dell'esilio» (sul modello dello Yemen) si è così scontrato, ancora una volta, con la replica del ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov: «E' impraticabile perché Assad non lascerà il potere». Ieri il Papa ha lanciato un accorato appello perché in Siria «cessi ogni spargimento di sangue». Le potenze parlano di diplomazia e intanto mandano armi alle forze in campo. Una nave, la «Alead», partita dalla Russia con bandiera di Curaçao e, a bordo, tre elicotteri d'attacco revisionati e sistemi di difesa anti-aerea diretti in Siria, si è vista cancellare l'assicurazione britannica dopo pressioni di Downing Street, ed è stata costretta a tornare in patria, ma Mosca assicura che ripartirà. Gli Stati Uniti, intanto, negano di armare i ribelli — a farlo sono i Paesi del Golfo, attraverso reti di intermediari, tra cui i Fratelli Musulmani, secondo il New York Times — ma, secondo la stampa Usa, un manipolo di agenti della Cia opera da alcune settimane al confine turco-siriano per dirigere le armi verso gruppi «fidati» ed evitare che finiscano ai qaedisti e ad altri estremisti. Ma è tutt'altro che facile districarsi tra unità ribelli che spuntano come funghi: sarebbero un centinaio secondo le stime (ieri ne sarebbe nata anche una al femminile) con nomi spesso simili e influenze poco chiare (che «Ahrar Al Sham» sia salafita si vede pure sulla sua pagina Facebook ma è impossibile in altri casi verificare le voci). Armi e denaro arrivano da canali diversi, mettendo i ribelli in competizione tra loro e rischiando di radicalizzarli, dice Joseph Holliday ex funzionario dell'intelligence Usa in Afghanistan, ora ricercatore presso l'Istituto per lo Studio della Guerra di Washington. La creazione di 10 consigli militari provinciali è un tentativo di unità tra i ribelli, ma brigate come la Farouq con i suoi 1000 uomini ne restano fuori. In questo scontro asimmetrico che vede 200 mila truppe del regime da una parte e 40 mila ribelli dall'altra, il tradimento di un pilota siriano, che ieri con il suo caccia — primo caso del genere in 15 mesi di rivolta — è atterrato in Giordania ottenendo l'asilo politico, è stato salutato con gioia dai ribelli, ma gli esperti mettono in guardia dal leggervi un prossimo collasso delle forze armate. Il regime, con artiglieria e aviazione, tiene le città, i ribelli con armi automatiche e qualche missile anti-tank controllano ampie zone rurali, e di questo passo nessuno dei due prevarrà sull'altro entro il 2012, secondo Holliday. Ma il rischio è che la Siria si trasformi in uno stato fallito, con o senza Assad.
Il FOGLIO - Daniele Raineri : " Armi da non perdere "
Eric Schmitt
Roma. Eric Schmitt è un giornalista del New York Times che fa scoop di guerra grazie alle sue fonti nell’Amministrazione americana. Ieri ha scritto che una rete di agenti della Cia è al lavoro nel sud della Turchia, vicino al confine con la Siria dove bande di ribelli affrontano le truppe del presidente Bashar el Assad. Gli americani sorvegliano il passaggio delle armi leggere (ma ci sono anche missili controcarro) che appena al di là della frontiera finiscono in mano ai rivoluzionari, grazie all’appoggio logistico della Turchia – che si occupa del trasporto e chiude un occhio sui traffici – e grazie ai soldi di Qatar e Arabia Saudita. Su tutta l’operazione di rifornimento di armi ai ribelli pesa l’ombra della guerra in Afghanistan negli anni Ottanta quando i mujaheddin che Ronald Reagan chiamava “combattenti della libertà” lottarono contro l’Armata rossa: finì con la disfatta dei sovietici, ma dai gruppi della guerriglia nacquero i gruppi estremisti che oggi sono in guerra con l’America. Per anni l’incubo dei missili Stinger, capaci di abbattere gli elicotteri d’attacco russi ma anche un aereo passeggeri, forniti agli afghani tormentò i servizi segreti americani (quei missili hanno una data di scadenza, oggi non funzionerebbero più). La Siria di oggi presenta lo stesso problema: tra i ribelli che combattono contro il regime baathista ci sono anche gruppi di fanatici islamisti ideologicamente vicinissimi ad al Qaida. Washington questa volta non vuole che le armi finiscano anche in mano loro. La Russia nel frattempo sostiene il regime di Damasco e restituisce via nave gli elicotteri d’attacco – revisionati a puntino nelle fabbriche russe – che servono al regime per la campagna di repressione. “La Cia fornisce armi a una guerriglia nebulosa in guerra contro i russi che appoggiano un alleato locale. Ho già visto questo film?”, è il commento che circolava ieri su Internet.
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