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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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La Stampa - Corriere della Sera Rassegna Stampa
28.05.2012 Siria: la Russia continua a proteggere Assad
cronaca di Maurizio Molinari, intervista di Alberto Mattioli a Gilles Kepel, commento di Guido Olimpio

Testata:La Stampa - Corriere della Sera
Autore: Maurizio Molinari - Alberto Mattioli - Guido Olimpio
Titolo: «L’Onu condanna Bashar Assad per la strage di Hula - A nessuno conviene che il regime crolli - Quelle navi fantasma con le armi per Damasco»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 28/05/2012, a pag. 4, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " L’Onu condanna Bashar Assad per la strage di Hula ", l'intervista di Alberto Mattioli a Gilles Kepel dal titolo " A nessuno conviene che il regime crolli ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 17, l'articolo di Guido Olimpio dal titolo " Quelle navi fantasma con le armi per Damasco ".

Situazione in Siria, da ciò che sta succedendo, si evince che cos'è esattamente uno Stato islamico, uno Stato con criminali al potere e criminali all'opposizione. Dedichiamo questa pagina a chi ancora crede alla fiaba della 'primavera araba'. Proprio come in Egitto, anche in Siria ci sono islamisti  fra i ribelli e si rischia di cadere dalla padella alla brace
Ecco i pezzi:

La STAMPA - Maurizio Molinari : " L’Onu condanna Bashar Assad per la strage di Hula "


Maurizio Molinari                Bashar al Assad

Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu condanna la Siria per il massacro di Hula dopo una rovente seduta di tre ore che ha visto la Russia tentare in ogni modo di ostacolare e addolcire il testo della dichiarazione. La battaglia diplomatica si è conclusa senza una risoluzione, come Gran Bretagna e Parigi volevano, ma con una dichiarazione non vincolante della presidenza di turno del Consiglio di Sicurezza, ricoperta dall’Azerbaigian, che condanna Damasco «per l’uso dell’artiglieria pesante» ma la affianca all’identico giudizio per l’«uccisione dei civili da breve distanza» come richiesto da Mosca per avvalorare la tesi che le vittime sarebbero frutto di «gruppi armati non governativi».

La seduta ha vissuto momenti di tensione quando Robert Mood, capo degli osservatori dell’Onu in Siria, ha parlato in videoconferenza da Damasco affermando che «le vittime sono 108 e i feriti almeno 300» confermando che almeno in 34 casi sono stati uccisi dei bambini. Il rappresentante americano ha parlato di «un atto vile e illegittimo» del regime di Damasco, sostenuto da dichiarazioni di uguale tenore dei colleghi di Londra e Parigi, ma il vice-ambasciatore russo Alexander Pankin si è battuto con vigore per contrastare ogni addebito nei confronti del governo siriano affermando che «la maggioranza delle vittime sono state uccise con coltelli e da distanza ravvicinata» e dunque «l’artiglieria pesante non c’entra».

La tensione con la Russia è tale che il ministro degli Esteri britannico William Hague ha deciso di partire per Mosca per spiegare al collega Serghei Lavrov che «una guerra civile in Siria non è nell’interesse di nessuno, neanche della Russia». Proprio nel tentativo di trovare un accordo con Mosca il presidente americano Barack Obama propone un piano basato sull’«opzione yemenita», ovvero una transizione interna favorita da un mediazione araba. E’ in questa maniera che a Sana’a lo scorso febbraio sono terminati 33 anni di autocrazia quando il presidente Ali Abdullah Saleh, grazie all’intervento del Consiglio di Cooperazione del Golfo, è andato in esilio lasciando il posto a Abd Rabbuh Mansur al-Hadi, legittimato dal voto popolare. Per la Casa Bianca nel caso siriano può essere la Lega Araba a recitare il ruolo di garante della transizione e Obama durante il summit di Camp David ne ha parlato con il premier russo Dmitry Medvedev, ipotizzando l’esilio di Bashar Assad.

A Mosca lo scenario yemenita trova ascolto perché l’interesse del Cremlino è anzitutto di evitare che un alleato arabo finisca nel campo occidentale - come avvenuto con l’Iraq nel 2003 e la Libia nel 2011 - e a confermarlo c’è il fatto che la «Yemenskii Variant» è stata discussa dal consigliere per la Sicurezza nazionale, Tom Donilon, con il rieletto presidente russo Vladimir Putin durante l’incontro preparatorio in vista del summit con Obama che avverrà a Los Cabos, in Messico, al G20 di fine giugno. Sostenendo l’«opzione yemenita» Donilon ha fatto presente a Putin che ciò consentirebbe ad Assad di mettersi in salvo, scongiurando una fine drammatica del regime come avvenuto a Tripoli e consentendo al suo partito Baath di recitare un ruolo nella transizione. L’intenzione di Obama è di raggiungere un’intesa sulla Siria per cogliere un duplice risultato: da un lato risolvere la crisi a Damasco e dall’altro far partire con il piede giusto i rapporti con il ritrovato leader russo. Washington ritiene che Vladimir Putin potrebbe accettare il patto sulla Siria in quanto il Cremlino sarebbe «molto preoccupato» dalle proteste che si succedono a Mosca, creando uno scenario di potenziale instabilità interna che suggerisce prudenza sulla scena internazionale.

La STAMPA - Alberto Mattioli : " A nessuno conviene che il regime crolli "


Gilles Kepel

Per la Siria, l’Amministrazione Obama pensa a una soluzione yemenita? Non sono sicuro che siano situazione paragonabili. Il piccolo Yemen non minacciava che l’Arabia Saudita. La Siria è la chiave di volta di tutto il Medioriente».

Gilles Kepel è considerato il massimo esperto francese della regione. Ascoltandolo, si capisce anche perché: lucido, cartesiano, non si fa illusioni né induce a farsene.

Professore, dopo l’orrore di Hula come cambia lo scenario?

«Il problema è di sapere se un massacro è ancora capace di modificare la situazione in Siria. È chiaro che la violenza è deliberatamente gestita dal regime per terrorizzare l’opposizione e la popolazione in generale, secondo un meccanismo spiegato da Michel Seurat, il ricercatore francese assassinato dagli Hezbollah in Libano, nel suo saggio “L’état de barbarie”».

Di fronte alla ribellione interna e alla mobilitazione esterna il regime di Gheddafi è crollato, quello di Assad regge. Perché?

«Intanto perché l’opposizione ha scatenato la guerra quando non aveva ancora i mezzi militari per vincerla. Le Forze armate, o almeno le loro élite, sono saldamente controllate dalla minoranza alawita, che alza la repressione e la sua spettacolarità per far capire che il prezzo da pagare per la libertà sarebbe elevatissimo. Così si spiegano le immagini raccapriccianti che si vedono in tivù. O i video su Internet, con gli oppositori torturati e sepolti vivi».

Insomma, la dissuasione sembra pagare.

«La borghesia sunnita di Damasco o di Aleppo, anche se adesso, dalle ultime notizie, Aleppo sembra muoversi, non è solo terrorizzata: ha anche paura del “dopo”, del caos, di uno sbocco tipo Libano o Iraq. Assad ha liberato un certo numero di prigionieri jiadisti per screditare l’opposizione e impaurire le classi medie, che temono il regime ma ancora di più il vuoto politico. E poi la Siria non è del tutto isolata all’estero».

Infatti ha la Russia e l’Iran al suo fianco...

«La Russia sosterrà fino alla fine il regime. Perché è l’ultimo alleato che le resta in Medioriente o anche solo perché la sua caduta sarebbe una vittoria americana. L’Iran, non dimentichiamolo, significa anche due Paesi che confinano con la Siria: Iraq e Libano, dove il governo è controllato dagli Hezbollah».

Poi ci sono gli altri due vicini: Turchia e Israele.

«La Turchia ha preso una posizione netta contro Assad, ma ha serie difficoltà a gestire la sua frontiera. Quanto a Israele, è tutto sommato soddisfatta di questa situazione di caos controllato. Finché la Siria non diventerà un corridoio per gli Hezbollah dall’Iran al Libano, Israele non interverrà. Il regime di Assad è comunque meno pericoloso di uno islamista. Come vede, la Siria è centrale per tutto il Medioriente. E infatti qualche tempo fa Assad ha fatto scoppiare la violenza in Libano per mandare un messaggio: attenzione, se cadiamo noi l’onda d’urto investirà tutta la regione».

Quindi bisogna rassegnarsi a vedere in tivù dei bambini assassinati?

«Temo che per ora il ciclo della violenza non si arresterà. A meno che l’opposizione non riesca a convincere le minoranze che, in caso di vittoria, le rispetterà e non istituirà un regime islamista. E gli alawiti, ottenute queste garanzie, non scarichino il clan di Assad. Il tentato avvelenamento del suo cognato, il generale Assef Shawkat, capo dell’Intelligence militare, dimostra che forse qualche crepa nel regime di sta aprendo. Ma in tutta la regione c’è una certa disillusione per gli esiti della primavera araba. Non c’è più l’atmosfera delle rivolte in Tunisia, Libia ed Egitto. Perciò no, non credo che la fine dell’orrore sia vicina».

CORRIERE della SERA - Guido Olimpio : " Quelle navi fantasma con le armi per Damasco "


Guido Olimpio

Gli amici di Bashar non manovrano solo nei corridoi della diplomazia. Chi vuole salvare la poltrona del dittatore è molto attivo anche in mare e in cielo: movimenti per rifornire il regime assediato dalla ribellione. In queste ore i servizi di intelligence hanno puntato le loro antenne sulle rotte di due navi. Una russa, la Professor Katsman, e una nordcoreana, la Odai. Due cargo che — stando ad alcune indiscrezioni — avrebbero nelle stive materiale bellico destinato a Damasco. Il mercantile russo, venerdì, aveva la prua dritta su Tartus, importante scalo siriano. Poi sabato si sono perse le tracce. Infine, ieri, è riapparso a nord di Cipro con una nuova destinazione: il Pireo. Missione annullata? Fonti diplomatiche hanno avanzato sospetti sul cargo. Di proprietà di una società russa, con diramazioni a Cipro e Malta, la Katsman potrebbe aver preso a bordo un carico militare. A fornirlo una tra le più importanti compagnie che da Mosca si occupano di export bellico. Ipotesi però negata da un portavoce della stessa società. Grande riserbo, invece, sulla Odai. Proveniente da nordest poteva (o potrebbe) avere come tappa finale Latakya, secondo porto siriano. Anche in questo caso si è parlato della presenza di armi nordcoreane a bordo. Ma non c'è nulla di certo. Nel «grande traffico», secondo quanto ha scritto l'israeliano Haaretz, sarebbe coinvolto l'Iran in qualità di finanziatore. Russia e Nord Corea sono disposte a vendere ma non fanno più credito al cliente siriano. Ecco allora che Teheran, pur di tenere in vita il regime alleato, si sarebbe offerta di pagare il conto. Una linea di rifornimento che si sviluppa lungo il Mediterraneo a bordo dei cargo oppure con grossi aerei. Spedizioni che talvolta provocano segnalazioni. Vere o false. A gennaio un mercantile ha portato tonnellate di munizioni russe senza che nessuno muovesse un dito. Poche settimane fa è stata intercettata una nave tedesca nella convinzione che fosse piena di bombe comprate da Assad. Invece non c'era nulla. Il classico gioco del gatto con il topo che nasconde grandi interessi strategici e commerciali.

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