Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 26/05/2012, a pag. 19, l'articolo di Francesca Paci dal titolo " L’adepto della sharia che guarda all’Iran (Morsi) ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 17, l'intervista di Cecilia Zecchinelli al pittore Mohamed Abla dal titolo " Il pittore di piazza Tahrir: Morsi è una catastrofe per il Paese ".
Cliccando sul link sottostante si apre un video con la campagna elettorale di Mohamed Morsi, candidato dei Fratelli Musulmani. Il video è disponbile anche sulla Home Page di IC di oggi. Lo consigliamo a chi crede ancora alla 'Primavera araba':
http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=QI3wG3loKlA
La STAMPA - Francesca Paci : " L’adepto della sharia che guarda all’Iran (Morsi) "

Mohamed Morsi
I ragazzi di Tahrir lo chiamavano «the puppet», il burattino, la stessa immagine usata dal vignettista Amr Okasha per rappresentare il più oscuro burocrate dei Fratelli Musulmani. Invece, da scialbo sostituto del carismatico al-Shater, escluso in extremis dalle elezioni, Mohammed Morsi si è fatto largo nell’arena politica fino a scorgere la presidenza.
Gli analisti che l’avevano sottovalutato devono correre ora a rileggere le sue interviste: il proposito di riallacciare i legami «strategici» con l’Iran, l’imbarazzante transeat sul futuro del bikini sulle spiagge egiziane («è un tema minoritario»), la promessa di «rileggere» Camp David alla luce del diritto dei palestinesi della diaspora a uno Stato con Gerusalemme capitale che, pronunciata da un membro del Committee to Resist Zionism, inquieta assai Israele ma anche gli egiziani preoccupati dalla prospettiva di una guerra.
Qual è il segreto di questo figlio di contadino nato 61 anni fa in un villaggio di Sharquia, la provincia nel delta del Nilo dove nella tornata presidenziale i Fratelli Musulmani hanno perso il 25% di quanto incassato alle parlamentari? Sebbene lungi dal 60% cui proclamava di ambire, Morsi è giunto primo nel favore degli egiziani grazie alla potente macchina propagandistica del movimento islamista, di cui è stato a lungo portavoce, per ora impermeabile al calo di popolarità.
E’ uomo d’apparato. Laureato in ingegneria con un Phd in California (2 dei suoi 5 figli hanno il passaporto Usa) e tornato in patria nel 1985 per insegnare alla Zagazig University, è stato parlamentare indipendente dal 2000 al 2005 (quando la Fratellanza era bandita) prima di guidare il neonato partito Giustizia e Libertà all’indomani della rivoluzione. Conservatore per formazione ma anche costretto a spostarsi a destra per contendere all’avversario Abul Fotouh il voto dei salafiti, ha rispolverato il vecchio slogan «L’Islam è la soluzione» seppure addolcito con proclami di moderazione.
Seppellirà i sogni di Tahrir a colpi di mezzaluna? Lui parla di Nahda, il rinascimento egiziano che, promette, porterà, tra l’altro, l’attuazione della sharia, un «più paritario» rapporto con gli Usa, il ritorno di investitori stranieri preziosi come la Cina. Tutto sta a capire cosa ne pensa l’esercito e se lo teme al punto da ipotizzare un golpe.
CORRIERE della SERA - Cecilia Zecchinelli : " Il pittore di piazza Tahrir: Morsi è una catastrofe per il Paese "

Mohamed Abla
IL CAIRO — «Morsi? Sarà un catastrofe per l'Egitto, i Fratelli controlleranno tutto, con i salafiti limiteranno ogni libertà. Le donne, i giovani, l'arte, i media, la giustizia ne soffriranno perché dopo 30 anni di dittatura Mubarak ci troveremo con un regime "legittimato" da Allah, magari con un califfato». Mohamed Abla non è solo uno degli artisti più noti e quotati d'Egitto, attivissimo anche in Europa dove lavora ed espone dagli anni 80 anche perché censurato in patria. E' soprattutto il pittore della Resistenza, la «celebrità» che da tempo ha aggiunto ai suoi quadri la militanza concreta. Dalla fondazione di Kifaya, il primo gruppo che nel 2004 manifestava per la caduta del raìs-faraone, fino a Tahrir, dove nei 18 giorni della Rivoluzione ha vissuto, lottato, e lavorato. Le sue ultime opere, di cui una parte è esposta ora a Londra in una personale, sono tutte ispirate a quell'evento. Grandi tele con scene di massa in un mix di olio, foto, collage e scritte; ritratti dei «pilastri d'Egitto»: soldati, Fratelli, salafiti, impiegati, ultras, preti, famiglie.
«L'arte dev'essere sociale, l'arte è comunicazione e cultura», dice nell'isola di Kursaya dove vive, un'oasi verde con mucche e anatre nel centro del Cairo. «Proprio qui abbiamo sperimentato una prima, piccola rivoluzione: nel 2007 lo Stato voleva sfrattarmi per le mie attività, l'atelier aperto a tutti per dipingere insieme e discutere. E con me volevano scacciare il migliaio di pescatori che da sempre vi abitano. Abbiamo resistito ai soldati, siamo andati in tribunale, abbiamo vinto. Un segnale che nell'aria c'era qualcosa, già prima del 25 gennaio 2011». E' stato però da quel giorno dello scorso anno che «l'Egitto s'è finalmente svegliato, ha dimostrato di non avere più paura». «Ed è per questo — aggiunge Abla — che la vittoria di Morsi oggi non mi spaventa. A 58 anni conosco la mia gente e so che non la si può controllare. In questi 15 mesi abbiamo però vissuto nel limbo, sembrava tutto possibile. E anche se Morsi è una disgrazia, avere finalmente un raìs contro cui lottare è qualcosa di cui abbiamo bisogno per continuare la Rivoluzione che non è conclusa». Abla, che ha votato il nasseriano Hamdeen Sabbahi, è convinto che anche se il suo candidato avesse vinto il Paese avrebbe continuato a sollevarsi, perché «tutti, perfino Sabbahi, hanno fatto promesse che non manterranno. Con lui — aggiunge — avremmo però avuto qualche anno senza islamisti al potere e anche noi artisti avremmo avuto finalmente il tempo di collegarci con la società senza restrizioni». Ora, invece, la lotta riprende nell'immediato e «quanto sta succedendo spero sarà di lezione per tutti gli intellettuali che pensano solo a discutere, senza contatti con la realtà».
Poi, guardando i suoi quadri «rivoluzionari», realizza che siamo davvero arrivati a un'altra svolta per l'Egitto. «Anche il mio lavoro cambierà: dopo la fase di gioia e speranza iniziata a Tahrir, verranno ancora opere di resistenza. Non certo contro Allah, che non è monopolio di Morsi e dei Fratelli. Contro il loro sistema».
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