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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Foglio - Libero - Il Giornale Rassegna Stampa
11.05.2012 Siria: attentati terroristici a Damasco
analisi di Daniele Raineri, Carlo Panella, Fausto Biloslavo

Testata:Il Foglio - Libero - Il Giornale
Autore: Daniele Raineri - Carlo Panella - Fausto Biloslavo
Titolo: «La strage in Siria è anche colpa dell'Occidente - Strage senza precedenti sconvolge Damasco. E ora Al Qaida fa paura»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 11/05/2012, in prima pagina, l'articolo di Daniele Raineri dal titolo "  La rivolta siriana lasciata a se stessa si trasforma in terrorismo ultra radicale". Da LIBERO, a pag. 17, l'articolo di Carlo Panella dal titolo " La strage in Siria è anche colpa dell'Occidente ". Dal GIORNALE, a pag. 17, l'articolo di Fausto Biloslavo dal titolo " Strage senza precedenti sconvolge Damasco. E ora Al Qaida fa paura ".


Ecco i pezzi:

Il FOGLIO - Daniele Raineri - "  La rivolta siriana lasciata a se stessa si trasforma in terrorismo ultra radicale"


Daniele Raineri

Roma. A Damasco due bombe contro Farah Falastin, ovvero la base del famigerato “Settore Palestina” dell’intelligence militare siriana. Il Settore Palestina è il più temuto tra i reparti dei servizi che si occupano di repressione: nato per la guerra d’intelligence contro Israele, poi diventato il centro di controllo sugli attivisti palestinesi nei campi in Siria e in Libano, si è trasformato negli ultimi quattordici mesi di manifestazioni e violenze in una delle basi principali per la detenzione, gli interrogatori e le torture contro i siriani che protestano. E’ il caso di un servizio di controspionaggio che si è specializzato nella persecuzione contro i sunniti. Si sa che dentro il complesso c’è la Tomba, un’area di massima sicurezza con celle strettissime scavate nelle fondamenta di cemento, accessibili soltanto da una grata aperta sul soffitto. E che ai prigionieri religiosi le barbe sono rasate in segno di disprezzo. Per questo il Settore Palestina è un bersaglio naturale ed è già stato attaccato da estremisti arrivati dal Libano nel 2008, quando il paese non era nel mezzo di una guerra civile. Ci furono diciassette morti. L’attacco di ieri è stato molto più potente, due veicoli con almeno 1.000 chilogrammi di esplosivo, così sostiene il ministero dell’Interno siriano. Non è difficile da credere, dopo avere visto i video amatoriali che catturano il momento delle esplosioni e il dopo: la seconda, la più grande, alza sulla tangenziale sud-est della città un fungo atomico di polvere, le corsie diventano file di auto distrutte, i morti sono 55, in maggioranza civili, e i feriti quasi quattrocento. L’edificio del Settore Palestina ha subito danni alla facciata ma è ancora in piedi, perché la zona è sempre stata isolata, protetta e fortificata, e adesso lo è ancora di più adesso. Appena fuori, invece, era l’ora di punta del traffico mattutino, pochi minuti prima delle otto. Il risultato: una carneficina senza senso contro civili che passavano nel momento sbagliato, del tutto controproducente. La strage fa parte della campagna anti - Assad di al Qaida e dei movimenti estremisti sunniti collegati ai gruppi del terrore in Iraq, quando proprio non sono gli stessi. Ad aprile s’è fatto avanti il Fronte al Nusrah per la protezione del popolo siriano, che ha rivendicato quattro attacchi con bombe contro sedi delle forze di sicurezza siriane. Nei video di propaganda l’affiliazione con il terrorismo iracheno è chiara. La strage cade particolarmente bene per la propaganda del regime di Damasco, che vuole convincere i siriani che non c’è una via di mezzo: o il presidente Assad resta al suo posto o arriveranno i terroristi e si accaniranno contro le minoranze religiose. Mosca ha subito condannato con forza le stragi, facendo sentire ancora una volta la voce grossa di sponsor politico. Il problema è che Damasco definisce “terroristi” tutti i siriani che non le sono devoti. Il movimento dei ribelli ieri ha tentato con forza di addossare la colpa al regime, che avrebbe montato gli attentati come una scenegggiata sanguinosa a beneficio delle televisioni nazionali ed estere. Secondo gli osservatori, la resistenza al regime ha due teste. Quattordici mesi di lotta contro una macchina di repressione militare senza pietà, con pochi aiuti concreti da fuori, ha compiuto una selezione al contrario: i ribelli comuni cedono alla stanchezza, alla paura, alla mancanza di rifornimenti. Restano i più coriacei, i più fanatizzati, sostenuti nella guerra dall’ideologia islamista: e sono gli uomini dei gruppi filo al Qaida. La mancanza di interventi esterni risveglia il mostro del terrorismo ultraradicale. Truppe straniere ammassate in Giordania L’attentato potrebbe mettere in crisi il piano di pace Onu firmato da Kofi Annan, sostenitore di un cessate il fuoco che in teoria è in vigore dal 12 aprile ma che nella realtà non esiste. Dodicimila soldati provenienti da 17 paesi si ammassano in Giordania, al confine con la Siria, per l’esercitazione Eager Lion 2012. Ci sono americani, inglesi, sauditi, agli ordini di governi ostili a Damasco. Che tipo di soldati saranno impegnati lo dice il maggiore Robert Bockholt, portavoce dello Special Operation Command americano: gli uomini sul campo saranno truppe speciali e le manovre preparano a non meglio identificate “sfide di sicurezza”. Amman ha ricevuto 2,4 miliardi di dollari negli ultimi cinque anni, e ha offerto collaborazione.

LIBERO - Carlo Panella : " La strage in Siria è anche colpa dell'Occidente "


Carlo Panella

Cinquantacinque: tante sono le vittime dell'esplosione di due autobombe, deflagrate ieri mattina nella periferia sud di Damasco, nelle vicinanze dell'incrocio al Qazaz, affollato di impiegati diretti al lavoro e studenti. Ben 372 sono stati i feriti, alcuni gravissimi. Tra le vittime, molti i bambini che stavano recandosi alle elementari. Le esplosioni hanno provocato due crateri dal diametro di 10 metri. Non è ancora chiaro se si sia trattato di attentati kamikaze o se le autobombe siano state fatte esplodere con un telecomando. Ovviamente, i media del regime hanno martellato sulla responsabilità dei rivoltosi siriani. Ma all'unisono, tutte le organizzazioni della resistenza inclusa la Free Syrian Army, l'esercito clandestino dei ribelli, hanno decisamente smentito questa attribuzione: «È un atto criminale e terroristico che danneggia la rivoluzione e serve solo al regime». Resta, in pura via d'ipotesi, la pista di terroristi di Al Qaeda, ma l'obbiettivo scelto - un quartiere popolare della periferia - e le vittime mietute - pacifici cittadini e studenti - non rivestono nessuna simbologia da "infedele" peri terroristi islamici. t dunque attendibile la tesi dell'opposizione: un attentato - e non ilprimo - messo asegno dallo stesso regime, in una logica di "strategia della tensione" mirante a screditare l'opposizione e creare nella popolazione un clima di accettazione passiva e timorosa dello status quo. Al conto delle vittime di ieri, si aggiunge la cifra impressionante dei caduti da quando, il 12 aprile, è entrata in vigore la tregua proposta da Kofi Annan e accettata, pro forma, dal regime e dai ribelli: un totale di 849 morti, tra i quali 628 civili, 190 militari lealisti (evidente segno di una non accettazione della tregua da parte anche dei rivoltosi) e 31 disertori delle Forze Armate passati ai ribelli. A fronte del palese fallimento della tre -gua, si rafforza la pressione, innanzitutto della Turchia, ma anche della comunità internazionale, per inviare non i 300 osservatori previsti da Annan, ma ben 3.000 osservatori delle Nazioni Unite. «Anche armati», come ha ipotizzato ieri il nostro ministro degli esteri Giulio Terzi. Ma per arrivare a questo, è indispensabile una ri -soluzione dell'Onu, che non passerà mai nel Consiglio di Sicurezza, a causa del persistente veto della Russia e della Cina. Si protrae e si consolida dunque il clima di totale impotenza della comunità internazionale a fronte di una crisi politica, militare e umanitaria che coinvolge non un Paese marginale, ma quella Siria che da sempre, e ancora più oggi, è il baricentro politico (fu la sede del primo Califfato) e delle tensioni di tutto il Medio Oriente (regimi contro popoli, asse Iran-Siria contro Arabia Saudita e Paesi del Golfo, sciiti, contro sunniti, e soprattutto poveri contro ricchi). Non solo, quella siriana non è una rivolta seguita da un golpe militare come in Tunisia, Egitto e Yemen. È una rivoluzione, con il sangue versato di una rivoluzione, ad opera di contadini poveri, di proletari, di povera gente contro i benestanti (inclusi molti sunniti). Il dramma è che a fronte di questa crisi, Barack Obama, Onu e Nato mettono palesemente in campo... solo la propria impotenza. Peggio, l'assoluta assenza di una dottrina, di una strategia. Assistiamo solo a interventi verbali, a vane e generiche proposte di intervento che nessuno sa imporre alla Russia, alleata di Beshar al Assad. L'opposti di quanto fatto in Libia. La riprova che nell'era Obama, la democrazia nel pianeta ha perso il suo secolare punto di riferimento: gli Usa.

Il GIORNALE - Fausto Biloslavo : " Strage senza precedenti sconvolge Damasco. E ora Al Qaida fa paura "


Fausto Biloslavo

Damasco colpita a morte dal terrorismo con enormi colonne di fumo che si alzano verso il cielo e crateri nell'asfalto larghi dieci me­tri, come se fosse stata bombarda­ta. I terroristi suicidi si sono fatti saltare in aria ammazzando 55 persone e ferendone 373, compre­so un nu­mero imprecisato di bam­bini che i genitori stavano portan­do a scuola. Una follia del terrore che scatena accuse reciproche fra il governo del presidente Bashar Assad e l'opposizione armata. La vera domanda da farsi, davanti al carnaio, è: a chi giova una strage del genere in stile Al Qaida? Sicura­mente ai terroristi che puntano al caos totale,come nell’Iraq del do­po Saddam. Con l'obiettivo di rita­gl­iarsi un ruolo e fregare tutti spin­gendo Assad e i ribelli nel baratro di una guerra civile senza ritorno per raccoglierne i frutti sanguino­si. Fra questi gli arsenali di armi chimiche, che in uno scenario fuo­ri controllo lo­stesso Pentagono te­me finiscano in mano ad Al Qaida.
Un furgone im­bottito di tritolo e un'utilitaria con centinaia di chili di tritolo sono esplosi ieri matti­na a Damasco. Te­o ricamente l'obiettivo doveva essere il comando della divisione dei servizi di sicurez­za nel quartiere Qazan, periferia meridionale della capitale. La scelta dell'orario mattu­tino, un classico dei terroristi suici­di, e la posizione vi­cin­o al trafficato in­crocio di una su­perstrada ha pro­vocato una strage di civili e adole­scenti che stavano andando a scuola. Un testimone ha parlato di 11 bam­bini uccisi.
Le decine di macchine accar­tocciate ed in fiam­me, i feriti allucina­ti­ed i resti di corpi umani dissemi­nati ovunque
dimostrano la forza delle esplosioni. La tv di Stato ag­giornando il bilancio delle vittime non specifica quanti siano i milita­ri. È l'attentato più grave da quan­do è iniziata la rivolta armata con­tro Assad, avvenuto non per caso il giorno prima del venerdì di pre­ghiera e di protesta. Il gruppo mili­tante «Rivoluzione siriana 2011» incita via Facebook alla sollevazio­ne nella capitale. Il governo siria­no continua a fare di tutta l'erba un fascio, accusando i ribelli di es­sere stragisti dominati da Al Qai­da. L'Esercito libero siriano, com­posto dai disertori, e il Consiglio nazionale, cartello dell'opposizio­ne sempre più diviso, accusano i governativi di mettersi le bombe da soli, come in passato.
In realtà la stessa intelligence americana è convinta che gli ulti­mi grossi attentati siano stati per­petrati proprio dai resti di Al Qai­da, che hanno trovato riparo in Si­ria dopo la sconfitta in Iraq. Per an­ni i servizi di Damasco chiusero un occhio sui volontari della guer­ra santa che andavano a combatte­re
gli americani a Bagdad.
Un mese fa James Clapper, di­rettore della National intelligen­ce Usa, è stato chiaro ammetten­do che al Qaida «ha infiltrato l'op­posizione » siriana. A Homs, una delle roccheforti della rivolta, è na­to in gennaio il «Fronte Al Nusra per proteggere il Levante» con la
bandiera nera dei terroristi e l'obiettivo di abbattere Assad. Il gruppo ha rivendicato le bombe di Aleppo, dove vivono i cristiani e un sanguinoso attentato a Dama­sco in marzo. In un attacco suici­da ad Al Midan, in gennaio, un lo­ro kamikaze Abu Bara al Shami si è fatto filmare, come da manuale, annunciando «l'operazione di martirio». Lo stesso Ayman al Zawahiri, successore di Osama bin Laden, ha inviato un messag­gio di sostegno alla rivolta siriana. Questo non esclude che gli aspi­ranti suicidi possano venir mani­polati dalle forze in campo, per gettare discredito sull'avversario, e aiutati dall'estero, Paesi del Gol­fo in testa. I veterani, però, si sono fatti le ossa in Iraq e hanno un pia­no preciso. Prima di tutto cavalca­re la rivolta araba e ritagliarsi fette di territorio come avevano fatto con la provincia irachena di An­bar. Poi mettere le mani sugli arse­nali siriani, a cominciare dalle ar­mi chimiche e dai missili a spalla anti aerei. Secondo Thomas Coun­tryman, assistente del segretario di Stato, «la prima priorità e met­terli in sicurezza (gli arsenali). La seconda distruggerli per evitare che vadano finire nelle mani dei terroristi».
In questa esplosiva situazione è confermata la partenza di 15 mili­tari italiani come osservatori Onu in Siria. E il ministro degli Esteri, Giulio Terzi, non esclude «l'ipote­si » di «una forza più robusta, fino a 2-3mila uomini. Una missione ar­mata capace di garantire la prote­zione di alcune aree e la sicurezza degli osservatori, oggi affidata al governo siriano».

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