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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Foglio Rassegna Stampa
08.05.2012 Iran nucleare, quali sono rischi e timori israeliani
Giulio Meotti a colloquio con Meir Litvak

Testata: Il Foglio
Data: 08 maggio 2012
Pagina: 4
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «Ecco perché Israele teme i colloqui con l’Iran. Parla Litvak»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 08/05/2012, a pag. 4, l'articolo di Giulio Meotti dal titolo "Ecco perché Israele teme i colloqui con l’Iran. Parla Litvak".


Meir Litvak            Giulio Meotti

Roma. Ron Ben-Yishai, il giornalista più esperto d’intelligence in Israele, su Yedioth Ahronoth ieri ha scritto che Benjamin Netanyahu ha convocato elezioni anticipate per rafforzare la propria posizione in vista dello strike contro le centrali atomiche iraniane. Ben-Yishai scrive che il primo ministro, se confermato alle urne, avrà due mesi, fra settembre e novembre, per poter attaccare Teheran nel caso in cui falliscano i negoziati in corso fra Teheran e il 5+1. “Israele avrà due mesi per agire, prima che le nuvole rendano impossibile il lavoro dell’aviazione”. Haaretz, con il suo esperto Anshel Pfeffer, è del parere contrario: “Le elezioni chiudono la partita iraniana”.
Intanto il ministro della Difesa, Ehud Barak, che alle elezioni correrà come “mr. Iran”, ha rilasciato un’intervista esclusiva al quotidiano Israel Hayom sul perché Israele teme un accordo ingiusto fra Teheran e le potenze occidentali, che si incontreranno a Baghdad il 23 maggio. “Gli iraniani stanno cercando di ottenere la cosiddetta ‘immunità’. Se acquisiscono la capacità nucleare, oppure la posizione in cui possono assemblare una bomba in sessanta giorni, saranno immuni da ogni attacco”. Secondo fonti d’intelligence la preoccupazione principale del capo del Mossad, Tamir Pardo, è se l’Iran ottiene un nuovo appuntamento con le potenze occidentali per luglio o agosto. Secondo Pardo in quel caso “la finestra di opportunità di Israele per una operazione militare inizierebbe a chiudersi”.
Con Meir Litvak, il massimo esperto di Iran fra gli accademici dello stato ebraico, docente all’Università di Tel Aviv, cerchiamo di decifrare la linea del governo israeliano. “Tutto dipende se e da quale accordo sarà stretto”, ci dice Litvak. “Se l’Iran accetterà di sospendere ogni arricchimento e ogni altra attività, Israele sarà soddisfatto.
Ma fermare l’arricchimento a basso livello necessario per i fini militari e lasciare l’Iran libero di arricchire uranio a un livello superiore è un pericolo molto grande. Teheran potrebbe riprendere i suoi sforzi in qualsiasi istante, sarebbe in grado di costruire un ordigno in breve tempo. Israele sarà insoddisfatto così da qualsiasi accordo che possa consentire agli iraniani una qualche forma di arricchimento dell’uranio e di conservare quello già raffinato (sufficiente a costruire quattro bombe atomiche).
Israele teme ogni accordo che dipenda dalla volontà degli iraniani”. Sarebbe lo scenario peggiore, secondo Litvak: “Quello in cui l’Iran può riprendere l’arricchimento in qualsiasi istante. Se i mullah sentiranno che proseguire con la bomba atomica metterà a rischio la loro sopravvivenza allora si fermeranno, come è successo in passato. Per questo le sanzioni e l’attacco militare sono importanti, dimostrano agli iraniani quanto possano perdere”. Litvak condivide la diagnosi di Ehud Barak e la teoria dell’immunità. “Non è certo che l’Iran andrà fino in fondo con l’assemblamento della bomba, potranno decidere che una volta conquistata una certa posizione, con il materiale sufficiente e il know-how, si saranno garantiti una vittoria strategica”.

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