Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Giordania: al bando tutti i partiti fondati su basi religiose o etniche Il re cerca di arginare la minaccia islamista dei Fratelli Musulmani e della 'primavera'
Testata: Il Foglio Data: 19 aprile 2012 Pagina: 1 Autore: Redazione del Foglio Titolo: «Giordania più laica»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 19/04/2012, in prima pagina, l'articolo dal titolo "Giordania più laica".
Re Abdallah di Giordania
Roma. La Camera bassa del Parlamento giordano ha approvato un disegno di legge che mette al bando tutti i partiti che si fondano su basi religiose o etniche. Tra questi rientra anche il Fronte d’azione islamico, principale formazione politica dell’opposizione e affiliata alla locale Fratellanza musulmana. Il testo passerà ora alla Camera alta per il via libera definitivo. Il voto del Parlamento, dice il leader del Fronte d’azione islamico Zaki Bani Rsheid, “non è che l’ultimo di una lunga serie di provvedimenti adottati per limitare l’influenza dei partiti politici e di tutte le opinioni divergenti nel dibattito pubblico”. La messa al bando dei partiti d’ispirazione religiosa fa parte di un progetto di legge più complesso che gli attivisti dell’opposizione interpretano come una reazione alle manifestazioni di protesta che, sull’onda di quanto accaduto in Egitto, Tunisia, Libia e Yemen, hanno attraversato la Giordania nel 2011 e che hanno ripreso forza dopo la presentazione della nuova legge elettorale (ora allo studio del Parlamento) che rafforza sensibilmente i partiti di governo e penalizza le opposizioni, soprattutto le forze islamiste. Venerdì scorso, duemila persone hanno marciato nel centro di Amman chiedendo “elezioni moderne e democratiche” e scandendo cori contro il premier Awn Shawkat al Khasawneh, in carica da ottobre dopo le dimissioni di Samir Rifai (costretto a lasciare dopo le prime due settimane di scontri di piazza nel febbraio 2011) e Marouf Bakhit, implicato in diversi casi di corruzione. Il re Abdullah II teme che il sistema giordano, già fragile e destabilizzato da mesi di proteste contro la povertà e i tassi di disoccupazione (specie giovanile) sempre più alti, possa non reggere. Il rischio è che l’instabilità provocata dalla primavera araba ai confini della Giordania, dalla Siria all’Egitto, faccia sentire presto i suoi effetti anche ad Amman rendendo impossibile controllare una situazione che, seppur tesa, è stata fino a oggi contenuta dalle tiepide aperture della monarchia alle rivendicazioni sociali delle piazze in rivolta.
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