lunedi` 12 maggio 2025
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



Clicca qui






Il Giornale - Corriere della Sera - La Repubblica - Il Foglio - L'Unità Rassegna Stampa
05.04.2012 Reazioni alla poesia del (tuttora) nazista Günter Grass
commenti di Fiamma Nirenstein, Pierluigi Battista, Redazione del Foglio, Angelo Pezzana, Paolo Soldini. Intervista a Elie Wiesel di Andrea Tarquini

Testata:Il Giornale - Corriere della Sera - La Repubblica - Il Foglio - L'Unità
Autore: Fiamma Nirenstein - Pierluigi Battista - Andrea Tarquini - Redazione del Foglio - Angelo Pezzana - Paolo Soldini
Titolo: «Grass, simbolo degli antisemiti chic - Grass, l'indignazione a senso unico - Esplode l´ira di Elie Wiesel: un premio Nobel come lui non può ignorare la storia - Con l’ultima poesia Grass 'riscopre le sue radici antisemite' - La delegittimazione di Auschw»

La poesia antisemita di Günter Grass ha suscitato l'indignazionie di intellettuali e giornalisti, ma non è stata commentata, tra gli altri, da Stampa, Manifesto e Sole 24 Ore. Ne deduciamo che, per quelle testate, le dichiarazioni del premio Nobel Grass non hanno rilevanza nè letteraria, nè politica, nè storica.

Sullo stesso argomento, invitiamo a leggere il commento di Deborah Fait, pubblicato in altra pagina della rassegna.
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=44052

Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 05/04/2012, a pag. 18, l'articolo di Fiamma Nirenstein dal titolo " Grass, simbolo degli antisemiti chic ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 38, l'articolo di Pierluigi Battista dal titolo " Grass, l'indignazione a senso unico ". Da REPUBBLICA, a pag. 18, l'intervista di Andrea Tarquini a Elie Wiesel dal titolo " Esplode l´ira di Elie Wiesel: un premio Nobel come lui non può ignorare la storia ". Dal FOGLIO, a pag. 3, l'articolo dal titolo " Con l’ultima poesia Grass 'riscopre le sue radici antisemite' ". Dal sito internet ROMAEBRAICA.IT l'articolo di Angelo Pezzana dal titolo " La delegittimazione di Auschwitz ". Dall'UNITA', a pag. 21, l'articolo di Paolo Soldini dal titolo " «Lo Stato di Israele minaccia la pace». Tutti contro Grass ", preceduto da un nostro commento.
Ecco i pezzi:

Il GIORNALE - Fiamma Nirenstein : " Grass, simbolo degli antisemiti chic "


Fiamma Nirenstein

Gente come Günter Grass, come Mikis Theodorakis, come Josè Sa­ramago sono in realtà la vera faccia del­l’Europa, quella degli intellettuali da sa­lotto che danno una mano a far fuori gli ebrei. Certo, dopo la Shoah, soprattutto se uno è stato nelle SS come Grass, ci vuole tempo per dirlo che Israele è peg­gio dell'Iran. Ma poi arriva. E vai, gran­de intellettuale, dicci che è la reincarna­zione del nazismo, che c'è l'apartheid, che uccide i bambini per gusto, e lance­rà la bomba atomica. La sua bischerata antisemita non c'è chi non la dica nel sa­­lotto di Günter, lo stesso della Ashton. Anche Theodorakis, con al­tri ex comunisti rallentati dal fatto che anche loro gli ebrei li avevano deportati nei lager, alla fine sbottò. Na­zisti, questi ebrei. E i perfetti nordici chic, come Jostein Gaarner, col suo grazioso Mondo di Sofia , mica posso­no restare nel corridoio..
Tutti in salotto con gli scritto­ri, i poeti, i musicisti, i meglio insomma: Israele è più pericolosa dell'Iran, si ve­de, chi se ne frega se non ha mai minac­ci­ato nessuno ma è sempre stata minac­ciata,
se l'Iran promette di di­struggerlo e Israele manco ci pensa, chi se ne frega se un presidente eletto democrati­camente ha ben altri vincoli di Ahmadinejad, se Israele non ha mai fatto male a una mosca a meno di essere at­taccato, se non ha mai detto o scritto una parola d'odio al contrario degli Ayatollah. Ma gli ebrei alla fine nascondono sem­pre un piano diabolico. Grass lo sente, annusa. E ci avverte. Che dire, magari in quei salotti si beve molto.
www.fiammanirenstein.com

CORRIERE della SERA - Pierluigi Battista : " Grass, l'indignazione a senso unico "


Pierluigi Battista

Günter Grass è sempre stato un magnifico pierre di se stesso. Per decenni ha incarnato nella Germania occidentale la figura ieratica dell'antifascista intransigente e senza macchia, occultando tuttavia la sua giovanile adesione volontaria al corpo speciale delle Waffen SS. E in questi giorni, infiammato d'indignazione anti-israeliana, ha curato sin nei minimi dettagli la pubblicazione di una poesia contro Israele, scegliendo con fredda strategia di marketing le testate da cui lanciare la sua invettiva brechtiana per contrastare una grande Menzogna («Non taccio più»).
Grass ha così deciso di consegnare in contemporanea alla «Süddeutsche Zeitung» («Die Zeit» l'aveva rifiutato), a «El País», a «Repubblica» e a «Politiken» in Danimarca il suo furente j'accuse contro lo Stato ebraico, indicato come la principale minaccia mondiale per la pace a causa delle sue bombe atomiche, e contro la Germania in procinto di fornire di sottomarini lo Stato d'Israele. Sotto accusa è «l'affermato diritto al decisivo attacco preventivo che potrebbe cancellare il popolo iraniano», giacché «si presume», declama Grass, che Teheran stia per portare a termine la «costruzione di un'atomica». «Si presume»: vuol dire che la «presunzione» potrebbe non essere vera? Vuol dire che non è vero che l'Iran di Ahmadinejad stia costruendo l'atomica per annientare «l'entità sionista», come è stato più volte e sempre più minacciosamente proclamato?
Per Grass l'Iran non è una «minaccia», lo è solo Israele. A capo di Teheran c'è, scrive, «un fanfarone». E i «fanfaroni» sparano assurde stupidaggini, non atomiche sullo Stato degli ebrei da annientare. L'indignazione di Grass si ferma qui. Non s'indigna per chi raffigura gli ebrei come «maiali da sgozzare». Non s'indigna se alla corte di Ahmadinejad si riunisce con meticolosa puntualità l'internazionale dei negazionisti, che considerano Auschwitz un'invenzione dei sionisti per legittimare il loro Stato. Queste per lui sono mere «fanfaronate», non pericolose come la fornitura di armi della Germania a Israele.
Grass è molto scaltro e nei suoi versi ha l'accortezza di formulare, per prevenirle, le accuse che certo gli verranno rivolte. C'è il rischio che gli dicano che un tedesco, dopo l'enormità della Shoah, deve maneggiare con molta cura parole e argomenti sul sionismo e su Israele? Ecco allora Grass: «Poiché dal mio Paese, di volta in volta toccato da crimini esclusivi...». Gli potranno dire che non sta bene che un volontario delle Waffen SS possa pronunciare simili accuse contro lo Stato ebraico? Ed ecco ancora Grass: «Pensavo che la mia origine, gravata da una macchia incancellabile...». C'è forse la percezione che la veemenza polemica nei confronti dello Stato d'Israele e l'indulgenza minimizzatrice per l'antiebraismo violento di Ahmadinejad possano alimentare il sospetto di una vena antisemita camuffata da oltranzismo antisionista? Ecco ancora una volta Grass: «Il verdetto "antisemitismo" è d'uso corrente».
Il guaio è che le accuse che Grass si premura di smontare in anticipo sono tutte tremendamente fondate. Chi ha aderito alle Waffen SS dovrebbe essere più prudente nei suoi giudizi. Nel 2006 lo stesso Grass pronunciò su un quotidiano israeliano parole che sembravano dettate da un tormento autentico. «Io so quali ferite il simbolo delle SS, il termine SS, riapra nella memoria di molti degli abitanti d'Israele e devo accettare che la doppia S sarà per me il marchio di Caino fino alla fine dei miei giorni». Per Grass «il marchio di Caino» dev'essere diventato un segno sbiadito. Possibile che le minacce iraniane e il reiterato proposito di costruire la bomba atomica per annichilire lo Stato d'Israele non inducano Grass a ricordare l'odio antiebraico che dominava quella doppia S?
E anche l'accusa di antisemitismo «d'uso corrente». D'uso corrente, purtroppo, non è l'accusa, ma proprio l'antisemitismo. Nella propaganda antisionista dei Paesi musulmani moderati ed estremisti, che negano il diritto stesso dello Stato d'Israele ad esistere, la distinzione tra «ebreo» e «israeliano» è semplicemente scomparsa. L'obiettivo sono gli ebrei, nei Paesi islamici in cui le tv trasmettono sceneggiati ricavati dai Protocolli dei savi anziani di Sion. Possibile che tutta l'indignazione di Grass sia indirizzata sugli armamenti dello Stato d'Israele, mai sull'antisemitismo, «d'uso corrente», che in Europa inneggia alla strage di bambini ebrei a Tolosa? E infine sui «crimini esclusivi» della Germania. Certo, quel passato non può passare facilmente e Grass non si può permettere di fare ironie su un tema incandescente come l'appoggio che il popolo tedesco diede alla politica di annientamento degli ebrei in Europa. Non basta una poesia per nascondere tanta insensibilità.

La REPUBBLICA - Andrea Tarquini : " Esplode l´ira di Elie Wiesel: un premio Nobel come lui non può ignorare la storia "


Elie Wiesel

BERLINO - «C´è una regola non scritta: dice che un Nobel deve astenersi dal criticare un altro Nobel. Ma ci sono eccezioni, e questo caso è un´eccezione, eccome». Il professor Elie Wiesel, sopravvissuto ad Auschwitz, Nobel per la Pace, comincia così il colloquio sull´attacco di Guenter Grass a Israele.
Professor Wiesel, qual è stata la sua prima reazione leggendo la poesia di Grass pubblicata da Repubblica e da altri media internazionali?
«Tra vincitori di premi Nobel non ci si critica a vicenda. Ma ci sono volte che non si può tacere».
Perché?
«Perché da scrittore e poeta tedesco, Guenter Grass dovrebbe sapere che lo Stato ebraico non ha mai programmato di eliminare un altro popolo. Come invece la Germania ha fatto nel passato, e come il presidente iraniano minaccia di fare attualmente. Guenter Grass è uno scrittore di talento, ma non è uno scienziato. Se avesse studiato qualsiasi disciplina scientifica nucleare, potrebbe chiedersi come sia mai arrivato a un simile giudizio così orrendo su Israele. Israele ha imparato, come noi tutti nel mondo d´oggi, a prendere sul serio le minacce del nemico. Per questo è così sensibile a qualsiasi tema legato a minacce nucleari. Da persone come Guenter Grass i leader israeliani si aspettano una posizione più attenta e cauta».
Grass scrive "il pericolo per la pace è Israele". Che ne dice?
«Sono sorpreso e addolorato di leggere simili dichiarazioni con quella firma. Chiunque conosca la situazione in Medio Oriente sa che non è vero».
Grass accusa Israele di volontà di attacco preventivo, che risponde?
«Il problema principale è come lui guarda all´Iran. A parte che in tutta la sua Storia di Stato Israele ha sempre e solo condotto guerre difensive. Ma il problema è l´Iran, e l´aspetto più terribile è come Grass parla minimizzando dell´Iran».
Definisce Ahmadinejad "fanfarone", è d´accordo o no?
«Io non paragono Ahmadinejad a Hitler. Ma è terribilmente chiaro come Grass si sbagli su Ahmadinejad. Le cui ripetute dichiarazioni di voler distruggere Israele non sono solo propaganda. Vuole veramente dire quello che dice. Come si deduce dai rapporti dell´Agenzia internazionale per l´energia atomica, i programmi nucleari iraniani sono una minaccia seria per Israele. Non solo le centrifughe, tutti i programmi, i missili nordcoreani. È una questione seria».
Insisto, l´Iran non è una minaccia sopravvalutata?
«È una minaccia da prendere sul serio. È poi anche terribile non gridare contro le violazioni dei diritti umani in Iran, dalle torture alle esecuzioni. Ma il peggio Grass lo ha scritto con le accuse a Israele. Lo attacco per quanto ha scritto su Israele, non per quanto tace sull´Iran».
Grass definisce la fornitura di U-Boot tedeschi a Israele come "complicità in crimini". Secondo lei ha ragione o no?
«Dirlo, per un tedesco, è oltraggioso moralmente e intellettualmente. Dai tempi di Adenauer il passato pesa in modo positivo sulla politica tedesca verso Israele. Il primo incontro tra Adenauer e David Ben Gurion – io c´ero, come reporter – fu commovente. Insieme da soli si dissero tanto, alla conferenza stampa successiva dominava il silenzio imbarazzato. Adenauer ruppe il ghiaccio, disse a noi giornalisti "raus", via. La critica di Grass ad Angela Merkel la quale dice che "la sicurezza di Israele è priorità strategica" è un problema per Grass stesso e per chi la pensa come lui. Prendiamo nota di cosa Grass vuole, capendo chi è il vero Guenter Grass. Lui che in un´intervista a un giornale israeliano paragonò l´Olocausto alle sofferenze dei civili tedeschi nella seconda guerra mondiale scatenata da Hitler».

Il FOGLIO - " Con l’ultima poesia Grass 'riscopre le sue radici antisemite' "


Henryk Broder

Broder attacca Grass per il contenuto antisemita della sua poesia. Giusto. Forse, però, non guasterebbe un esame di coscienza.
Come si può leggere nell'articolo di Angelo Pezzana pubblicato in questa pagina della rassegna, uscito su 'Roma Ebraica',  Broder non sarà un antisemita alla Grass, ma non è immune dall'odio per Israele. Quindi, in definitva, non ci pare troppo lontano da Grass.
Cominciamo con l'articolo del  Foglio,
al quale seguono quelli di Pezzana e Soldini:

Milano. La prima domanda che ci si pone, dopo aver letto la “poesia” – parola che anche i quotidiani tedeschi tendono a mettere tra virgolette – di Günter Grass, pubblicata ieri su Süddeutsche Zeitung, Repubblica e New York Times, è perché gli sia venuta l’urgenza di scriverla. La poesia è un attacco frontale a Israele. “E’ l’affermato diritto al decisivo attacco preventivo / che potrebbe cancellare il popolo iraniano / per quanto anche questo sia – così sempre Grass – soggiogato da un fanfarone e spinto al giubilo organizzato / perché nella sfera delle sue competenze si presume la costruzione di un’atomica”. Il nome di Israele all’inizio non è citato apertamente, e il perché lo spiega Grass all’inizio: “Il silenzio di tutti su questo stato di cose / a cui si è assoggettato il mio silenzio / lo sento come opprimente menzogna / e inibizione che prospetta punizioni / appena non se ne tenga conto; / il verdetto ‘antisemitismo’ è d’uso corrente”. Grass però non ci sta a macchiarsi di un’altra menzogna (la prima è ovviamente, per quanto implicita, la non ribellione dei tedeschi al nazismo). La seconda domanda che ci si pone è: perché Grass ha deciso di pubblicarla in un momento già carico di tensioni? Recita la fredda cronaca: massacro, due settimane fa, nella scuola ebraica di Tolosa: tre babini e un insegnante uccisi; tensioni internazionali con l’Iran; l’intervista realizzata tre settimane fa e mandata in onda dal canale pubblico Ard con Mahmoud Ahmadinejad, intervista voluta (dopo anni di richieste da parte di Ard, sempre rifiutate), dal presidente iraniano in persona. Un’intervista show, per far sapere al mondo intero che “il giorno che l’Iran costruirà una bomba, saremo noi stessi a comunicarlo”. E ancora che l’Iran è padrone in casa propria: alla domanda sul perché non ammette le ispezioni da parte dell’Aiea la risposta è: “Quando li abbiamo ammessi hanno diffuso i nomi dei nostri scienziati, poi uccisi. E comunque: i tedeschi ammetterebbero controlli da parte di un organismo internazionale negli uffici di Angela Merkel?”. Giusto per non smentire la sua tesi su Israele, Ahmadinejad ribadiva: “L’Iran non è uno stato fantoccio, non è stato costruito sulla bugia dell’Olocausto”. Perché dunque “quello che deve essere detto” – per citare i titolo della poesia – Grass ha deciso di dirlo proprio adesso, in contemporanea su quotidiani internazionali? “Anche su País e Guardian”, precisa Henryk M. Broder, opinionista noto in Germania per il suo piglio agguerrito. Broder è stato il primo a prendere posizione in merito alla poesia, scrivendo un commento molto duro sul sito on line della Welt. “Non credo ci sia alcuna strategia temporale – dice Broder, raggiunto dal Foglio al telefono – Il momento è già teso, ma non è questo il punto. L’antisemitismo è semplicemente qualcosa che Grass cova in sé da sempre”. Il che ovviamente non minimizza l’assurdità di passaggi del tipo: “Perché dico solo adesso / da vecchio e con l’ultimo inchiostro: / La potenza nucleare di Israele minaccia / la così fragile pace mondiale? / Perché deve essere detto quello che già domani potrebbe essere troppo tardi”. “Dire che Israele minaccia l’Iran – sottolinea Broder – è come affermare che nel 1939 furono i polacchi ad attaccare la Germania. Questo ribaltamento della realtà è inammissibile”. Eppure Grass ha ricevuto il premio Nobel per la Letteratura, con il suo “Tamburo di latta” ha ottenuto fama internazionale, chi si occupa di letteratura tedesca contemporanea non può non averlo letto, studiato analizzato. Grass è stato la coscienza di un intero paese, che incitava i suoi concittadini a emendarsi dalle colpe naziste, salvo poi confessare, qualche anno fa, nel libro “Sbucciando la cipolla”, di essere entrato da giovane in una sezione delle SS. Una confessione tardiva, che ha scatenato un putiferio in Germania. Molti l’hanno accusato di averli presi in giro per anni, di aver moralizzato quando lui stesso aveva, come si dice in tedesco, un bel po’ di “Dreck am Stecken”, di sporco addosso. “E’ come se Grass, invecchiando, riscoprisse le sue radici – ribatte Broder – E le sue radici sono antisemite. In un’intervista del 2001 allo Spiegel, spiegava così la soluzione che immaginava per la questione palestinese: ‘Anche l’essersi insediato in terra palestinese è un atto criminale. Non soltanto deve finire la politica degli insediamenti, ma bisogna proprio che Israele se ne vada. Altrimenti in quella parte di mondo non vi sarà mai pace’. Queste sono le parole di Grass”. Il che dimostra, secondo Broder, che lo scrittore ha sempre avuto un problema con gli ebrei. L’altro esempio che cita è un incontro dell’estate scorsa con il giornalista israeliano Tom Segev. Durante quell’incontro Grass era tornato sulla confessione. Segev gli chiese come mai l’Olocausto in quel libro fosse citato soltanto di striscio, e Grass rispose: “I crimini e la follia non si sono manifestati solo durante l’Olocausto e non sono cessati con la fine della guerra. Degli otto milioni di soldati tedeschi catturati dai russi, ne sono sopravvissuti più o meno due milioni”. Broder nell’articolo della Welt commenta: “A prescindere dal fatto che sono stati 3 milioni i soldati tedeschi finiti nei campi di prigionia russi e di questi circa 1,1 milione non sono sopravvissuti, non bisogna essere laureati in matematica per capire il gioco dei numeri di Grass: otto meno due fa sei. Sei è una sorta di numero magico per i tedeschi. Sei milioni gli ebrei uccisi da una parte, sei milioni di soldati tedeschi uccisi dall’altra, fa zero, no? Almeno secondo Grass”. Ma torniamo alla poesia. “Arriva in un momento in cui in Germania si registra una crescente animosità nei confronti di Israele. La poesia mi ricorda certi appelli di un tempo passato. Appelli del tipo: ‘Deutsche wehrt euch!’, tedeschi ribellatevi!”. La crescente antipatia verso Israele rende Broder scettico sul dibattito che la poesia potrà innescare. “Il testo era stato proposto prima alla Zeit, che però ha deciso di non farne nulla. Per il resto, gli intellettuali di oggi, sono opportunisti, cercheranno di orientarsi secondo gli umori della gente”.

ROMAEBRAICA - Angelo Pezzana : " La delegittimazione di Auschwitz "

Noam Chomsky,   Ilan Pappe,   Henryk Broder

Ilan Pappe, storico israeliano, nato a Haifa, insegna storia all'Universita di Exeter (GB), il manifesto illustra come Pappe intende la storia del suo paese.

Accanto alla categoria di coloro ai quali gli ebrei stanno antipatici (il plurale è rigoroso), ce n’è un’altra, all’opposto, per la quale gli ebrei (sempre al plurale) sono tutti intelligenti, e, va da sé, tutti ricchi e potenti, valutazioni che creano imbarazzo e, diciamolo pure, fastidio, perché sotto un apparente apprezzamento è facile vedere un’odiosa classificazione che può generare un’altra forma di antisemitismo, quella che gli ebrei sono comunque diversi dalla maggioranza dei normali cittadini.

Sappiamo che la realtà è un’altra, ma il pregiudizio fa più strada della pura e semplice verità. Per questo fa piacere leggere ogni tanto qualche notizia che ci ricorda come opportunismo, infedeltà, furbizia, malafede e altri dati caratteriali siano equamente distribuiti, senza distinzione alcuna. Lo certifica tale Henryk Broder, 65 anni, nato in Polonia da genitori sopravvissuti alla Shoah, ma naturalizzato tedesco, avendo scelto la Germania quale luogo ideale per vivere.Una scelta che si è rivelata fruttuosa, avendovi fatto fortuna sia come giornalista (Der Spiegel) sia come abituale commentatore in trasmissioni televisive. La fama al di fuori dei confini tedeschi gli è venuta quando ha dichiarato che “Auschwitz è una oscena Disneyland della morte, un’oasi di benessere per il superamento del passato, dove la cosiddetta cultura della memoria consiste in rituali autoconsolatori per i posteri degli sterminatori” (riportato in una breve a firma di Dario Fertilio sul Corriere della Sera del 12 marzo).

Se quelle parole fossero state pronunciate da un negazionista doc, avrebbero certamente suscitato l’ennesima, giusta esecrazione, ma dette da un ebreo, figlio di sopravvissuti, sono state accolte da un lato da un generale, imbarazzato silenzio, dall’altro ci saranno stati di sicuro quelli che avranno tirato un profondo respiro di soddisfazione. Invece andavano commentate, dette da un ebreo invece che dal vescovo Williamson o da monsieur Faurisson, non fa differenza. Anzi, paragonare Auschwitz a Disneyland con quel che Broder ha aggiunto, è estremamente più grave perché chi le ha pronunciate è un ebreo.

Non è da oggi che la delegittimazione di Auschwitz è iniziata, dal tentativo di cristianizzarne il passato all’erezione di una croce, alta abbastanza da cambiare senso e destinazione a quella fabbrica di morte, fino all’accusa di volerne strumentalizzare la memoria per ‘nascondere la politica di Israele verso i palestinesi’, tutto è stato tentato per cancellare le tracce dello sterminio.

Quelle parole di Broder sono la conferma del suo successo ottenuto in un paese ancora alla disperata ricerca di essere assolto dai crimini commessi contro gli ebrei. E poiché Auschwitz sta lì a ricordalo, le considerazioni di Broder sono cadute, per molti, come un unguento su una ferita ancora aperta. Ma che sia stato un ebreo a dare una mano può avere anche una lettura positiva. Henryk Broder non è altro che l’esempio da citare a coloro che ciecamente dicono di amare gli ebrei (al plurale, senza distinzioni), contribuendo a diffondere quel pregiudizio ‘favorevole’ di cui scrivevamo più sopra, non meno pericoloso dell’odio.

Chomsky, Pappe & Co. – e adesso Broder -  sono la prova tangibile che nell’amore – e nella stima – è bene rimanere entro i confini del singolare.

L'UNITA' - Paolo Soldini : " «Lo Stato di Israele minaccia la pace». Tutti contro Grass "


Paolo Soldini

Fra i giornali che hanno commentato la poesia di Grass  c'è chi lo ha attaccato per ciò che ha scritto sull'Iran, chi per il suo odio contro Israele. Ma il denominatore comune è quello del riconoscere che la poesia di Grass è grave per i suoi contenuti antisemiti, le sue accuse ingiustificate a Israele e la superficialità dimostrata di fronte alla minaccia iraniana.
Soldini, nel tentativo (non riuscito) di fare qualcosa di originale, ha preferito minimizzare l'accaduto. Sì, Grass ha esagerato, ma la sua era solo una provocazione...e si potrà ben criticare Israele senza essere definiti antisemiti, no? L'Occidente è ipocrita con Israele perchè gli vende le armi.
In definitiva sarebbe Israele la minaccia, non l'Iran? E' questa la teoria di Soldini? Una teoria che ha trovato spazio fra i versi della poesia di Grass, (ex) nazista, una teoria che nemmeno sul quotidiano di Rocca Cannuccia ha trovato posto. Sempre pronti ad attaccare Israele, ma molto furbi a fare attenzione quando di mezzo c'è l'antisemitismo più palese.
Ecco l'articolo:

Si può criticare lo stato di Israele senza cadere nell’antisemitismo? Vecchia questione, particolarmente controversa in Germania, ma certo non solo «tedesca». Qualsiasi persona equilibrata e ragionevole risponde che sì, certo che è possibile. Tant’è che non sono pochi gli ebrei che, anche in Israele, verso la politica di Israele hanno un atteggiamento critico. Al di là del grande bailamme di polemiche edi reazioni sdegnate suscitato nel suo Paese, è questa la Gretchenfrage (la questione fondamentale dalla risposta alla quale tutto dipende, come quella che Faust pone a Margarethe: credi in Dio?) che Günter Grass,conunpizzico di vis provocatoria di troppo, ha buttato sul tappeto scrivendo per la Süddeutsche Zeitung la poesia Was gesagt werden muss: «Che cosa deve essere detto». Di fronte al governo attuale di Israele che apertamente prospetta l’ipotesi di utilizzare in un attacco preventivo contro l’Iran di Ahmadinejad le armi nucleari che possiede e che l’ipocrisia dell’occidente passa sotto silenzio, anche gli amici di Israele in Germania debbono parlare e, vincendo tutte le remore, anche quelle che derivano dalle speciali responsabilità che la Storia ha gettato sulle spalle di ogni tedesco, condannare l’atteggiamento di chi minaccia. E, en passant, anche l’ipocrisia dei governi di Berlino che hanno fornito a Israele i sommergibili da cui potrebbe partire il micidiale first strike. Le reazioni sono state violente. Una, in particolare, hasuscitato polemiche all’interno della polemica: quella dell’ambasciatore israeliano a Berlino Emmanuel Nahshon, il quale ha accomunato lo scrittore ottantacinquenne ai seminatori di odio antisemita che la storia hadisseminato per l’Europa dal Medio Evo in poi. «È una tradizione europea – ha detto - quella di accusare gli ebrei, prima della festa di Pessach, di omicidi rituali. Un tempo erano i bambini cristiani che, così si diceva, venivano uccisi per mischiare il loro sangue nel pane azzimo. Oggi è il popolo iraniano, che, così si dice, lo stato ebreo vorrebbe annientare». Il curioso rovesciamento di una teoria del complotto che ha prodotto, per secoli,pogrome tragiche persecuzioni non rende onore né a quanto Grass ha effettivamente scritto né alla manifesta realtà dei fatti: è l’attuale governo israeliano che evoca oggi il colpo preventivo, pur se lo fa in risposta alle sinistre, inaccettabili (e non accettate da tutto il resto del mondo) minacce di Ahmadinejad e con la consapevolezza, richiamata da Nahshon, di essere l’unico stato almondo di cui è messo in discussione il diritto di esistere. Anche il presidente della comunità ebraica Dieter Graumann non è stato leggero contro l’«aggressivo pamphlet da agit-prop» con cui Grass avrebbe «demonizzato» Israele: «Un grande scrittorenon è necessariamente un grande analista della questione medio-orientale». Ancor più pesante il giudizio di Amos Luzzatto, ex presidente delle comunità italiane: «Un proclama, quello di Grass, da condannare e che può essere archiviato solo da una autosmentita ». Scontate, e spesso ipocrite, le reazioni dei politici più conservatori che non hanno mai amato Grass fin da quando, alla fine degli anni ’50 pubblicò il suo «eversivo e diseducativo» Il tamburo di latta e poi si schierò con Willy Brandt. I vertici della Cdu e il governo, comunque, sono stati molto equilibrati. Il portavoce della cancelleria ha ricordato che in Germania c’è libertà di espressione artistica mentre il ministero degli Esteri ha tenuto a precisare che da Israele non è venuta finora alcuna reazione ufficiale che richiedesse una presa di posizione. D’altronde era stato proprio il più illustre predecessore di Graumann, Ignatz Bubis, a battersi, negli anni ’90, per stabilire la giusta distinzione tra i tedeschi ebrei e lo Stato di Israele. Una tempesta in un bicchier d’acqua, allora? Non proprio. Grass ha toccato non solo un punto ancora delicatissimo della consapevolezza di sé e del proprio passato dell’opinione tedesca, ma anche – e questo spiega forse l’asprezza delle reazioni – un nodo che riguarda proprio lui, le sue convinzioni e la sua biografia. Non solo il passaggio, giovanissimo, nelle SS, reso pubblico con un ritardo di decenni, ma anche una certa, mai celata, prevenzione contro le «durezze bibliche» che, a suo parere, caratterizzerebbero la dottrina della religione di Abramo. Ma è antisemitismo?

Per inviare la propria opinione a Giornale, Corriere della Sera, Repubblica, Foglio e Unità, cliccare sulle e-mail sottostanti


segreteria@ilgiornale.it
lettere@corriere.it
rubrica.lettere@repubblica.it
lettere@ilfoglio.it
lettere@unita.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT