Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Donne, in Afghanistan contano meno di zero, non hanno diritti Kimberley Motley, avvocato Usa, le difende in tribunale. Dove sono le altre femministe occidentali ?
Testata:Corriere della Sera - Il Manifesto Autore: Viviana Mazza - Giuliana Sgrena Titolo: «Centinaia di afghane in carcere per 'crimini contro la moralità' - L’avvocata Usa diventata famosa in Afghanistan»
Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 29/03/2012, a pag. 19, l'articolo di Viviana Mazza dal titolo " Centinaia di afghane in carcere per «crimini contro la moralità» ". Dal MANIFESTO, a pag. 16, l'articolo di Giuliana Sgrena dal titolo " L’avvocata Usa diventata famosa in Afghanistan". Ecco i due articoli:
CORRIERE della SERA - Viviana Mazza : " Centinaia di afghane in carcere per «crimini contro la moralità» "
«Non lo so. Sono andata dal governo a chiedere aiuto e, invece, mi hanno arrestata». Bashira, 14 anni, è una delle 400 donne accusate o condannate per «crimini contro la moralità» rinchiuse in prigione in Afghanistan. In alcuni casi, devono restarci per oltre 10 anni. È la denuncia dell'organizzazione per i diritti umani Human Rights Watch in un rapporto intitolato «Dovevo scappare via». I loro crimini: fuggire da mariti abusivi o da matrimoni forzati; avere rapporti sessuali fuori dal matrimonio, anche se accade perché sono state stuprate o costrette a prostituirsi. L'organizzazione si dice scioccata che accada ancora, 10 anni dopo il rovesciamento dei talebani. È anche un problema di leggi: l'Onu ha chiesto che vengano abolite le norme sui «crimini contro la moralità», incluse quelle che puniscono i rapporti sessuali fuori dal matrimonio («zina») con 15 anni di carcere. Inoltre, il nuovo Diritto di famiglia promesso dal governo nel 2007 non è ancora legge: ottenere il divorzio è difficilissimo per una donna, semplice per un uomo. Ma non è solo un problema di leggi. È che polizia, procuratori e giudici — afferma il rapporto — trattano le donne da criminali anche quando denunciano di essere vittima di crimini (che restano impuniti). Ad esempio: dal 2009 esiste una legge contro la violenza sulle donne, ma quando Nilofar, una delle 58 afghane intervistate dai ricercatori, si è presentata con molteplici ferite inflittele dal marito con un cacciavite, il procuratore ha replicato che non erano mortali e l'ha fatta arrestare per adulterio (aveva detto di aver invitato un uomo a casa). Altro esempio: «Scappare di casa non è un crimine secondo il codice penale, ma capita che il giudice dia per scontato che la ragazza abbia tradito il marito». I giudici «spesso le condannano solo sulla base di "confessioni" rilasciate in assenza di legali e "firmate" senza essere state lette da donne che non sanno leggere né scrivere». Ed è anche un problema politico. Il presidente afghano Hamid Karzai è intervenuto spesso per graziare donne imprigionate per crimini contro la moralità: erano 565 nel 2010 secondo l'Onu. All'inizio di marzo ha graziato in blocco le ragazze fuggite per sposare l'amato anziché l'uomo scelto dalla famiglia (i funzionari le stanno ancora identificando). Ma Karzai è stato anche pronto a compromessi con i conservatori, per motivi politici. Di recente ha approvato un editto del Consiglio degli Ulema (i dotti islamici), la principale autorità religiosa del Paese, che afferma che le donne non dovrebbero «mischiarsi a uomini estranei in attività di carattere sociale come l'istruzione, nei mercati, negli uffici e in altri aspetti della vita» e spiega che «molestare, importunare e picchiare le donne» è vietato «a meno che non avvenga per un motivo legato alla sharia (legge islamica)».
Il MANIFESTO - Giuliana Sgrena : " L’avvocata Usa diventata famosa in Afghanistan "
Kimberley Motley
In Afghanistan se denunci il tuo stupratore puoi finire in carcere con l’accusa di adulterio. E’ quanto è successo a Gulnaz, una ragazza di 21 anni, che ha denunciato per stupro il cugino del marito, un uomo potente. Invece di prendere l’uomo è stata incarcerata la ragazza, che tra l’altro era rimasta incinta. Processata è stata condannata a 16 anni, per evitare la pena avrebbe dovuto sposare lo stupratore, ma lei si è rifiutata. In appello la pena è stata ridotta a 12 anni e successivamente a 3 anni. Non restava che un ultimo appello che probabilmente avrebbe confermato la pena, quando il caso di Gulnaz è stato scoperto da Kimberley Motley, un’avvocata americana che da 4 anni esercita a Kabul.Motley è l’unica straniera che può difendere anche gli afghani in tribunale. Colpita dalla triste storia di Gulnaz, Kimberley si è offerta di difenderla e la ragazza afghana ha accettato. Nel frattempo in carcere era nato il suo bambino. L’avvocata – ci dice – di aver valutato la situazione di Gulnaz e di aver concluso che un nuovo appello aveva poche possibilità di successo e che l’unica possibilità consisteva nel chiedere la grazia al presidente Hamid Karzai. In Afghanistan l’idea di chiedere la grazia è poco praticata ma Motley ha convinto la ragazza. «Per chiedere la grazia è meglio corredare la domanda di lettere della famiglia, ma i parenti hanno abbandonato Gulnaz al suo destino», dice Motley. «Allora ho pensato di lanciare una petizione su Internet e in 3 giorni ho raccolto 5.000 firme, quando ho presentato la domanda a Karzai le firme erano diventate 6.000». Il presidente ha concesso la grazia a Gulnaz il 1 dicembre scorso e il 14 dicembre Gulnaz è uscita dal carcere e anche il figlio ha finalmente potuto vedere la luce. Da allora Kimberley Motley è diventata molto famosa, molte donne si rivolgono a lei per avere aiuto. Molti hanno invece criticato il fatto che andava in tribunale senza velo e in jeans. Ma lei è una donna coraggiosa. E’ cresciuta nel Milwaukee dove ha conosciuto la povertà e la violenza delle gang. E’ arrivata in Afghanistan nel 2008 con un contratto di sei mesi per il programma di sostegno al settore della giustizia afghana, che doveva servire a preparare gli avvocati aghani a restaurare il rispetto della legge. Era la prima volta che usciva dagli Stati uniti ed era al suo secondo lavoro. Terminato il contratto ha deciso di rimanere. Non è stato facile farsi accreditare, ma alla fine è riuscita. E da allora vive qui, mentre i suoi tre figli vivono negli Stati uniti con il padre. E con Gulnaz ha anche scoperto come funziona la giustizia afghana!
Per inviare la propria opinione a Corriere della Sera e Manifesto, cliccare sulle e-mail sottostanti