Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
'Trattare' per l'Iran significa continuare ad arricchire uranio Ma Vannuccini vede un contatto fra Ahmadinejad e Usa. Dove? Quando? Perchè? Come?
Testata:Il Foglio - La Repubblica Autore: Redazione del Foglio - Vanna Vannuccini Titolo: «L’Iran bifronte riprende il negoziato e intanto arricchisce uranio - L´ultima battaglia di Teheran. Ahmadinejad tenta la riscossa»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 08/03/2012, a pag. 3, l'articolo dal titolo "L’Iran bifronte riprende il negoziato e intanto arricchisce uranio ". Da REPUBBLICA, a pag. 39, l'articolo di Vanna Vannuccini dal titolo " L´ultima battaglia di Teheran. Ahmadinejad tenta la riscossa ", preceduto dal nostro commento. A destra, la mano tesa di Obama. Ecco i pezzi:
Il FOGLIO - " L’Iran bifronte riprende il negoziato e intanto arricchisce uranio"
Roma. Ha scritto ieri il New York Times che Israele e Stati Uniti restano divisi su due grandi questioni riguardo al programma atomico di Teheran: “Se l’Iran decidesse di assemblare un classico ordigno nucleare, l’occidente sarebbe in grado di intervenire in tempo? E se anche venisse monitorato in tempo, lo strike preventivo sarebbe il modo migliore per fermare gli ayatollah?”. Su questi due punti il primo ministro Benjamin Netanyahu e il presidente Barack Obama restano profondamente distanti. Avverte sempre il New York Times che sulla tempistica sono leggendarie le falle delle agenzie di intelligence americane nel tracciare in tempo la nuclearizzazione di altri paesi. L’elenco è lungo e vistoso: “Il test nucleare sovietico nel 1949, la Cina negli anni Sessanta, l’India negli anni Settanta e il Pakistan negli anni Ottanta”. Per questo Israele non si fida troppo delle stime dell’intelligence statunitense. Il capo del Consiglio nazionale di sicurezza israeliano, Yaacov Amidror, si è felicitato della ripresa del dialogo dell’Iran con i paesi occidentali e l’Onu sul suo programma, ma ha avvertito che Gerusalemme è pronta al fallimento, perché è un balletto già avvenuto in passato. Anche il ministro degli Esteri francese, Alain Juppé, si è detto “scettico”, perché “l’Iran ha due facce”. Intanto a confermare le ansie di Gerusalemme arriva un rapporto dell’Institute for Science and International Security di Washington, il più autorevole centro studi indipendente sulla proliferazione nucleare (l’Isis ha realizzato i principali dispacci su Fukushima). L’istituto sostiene che l’assassinio di scienziati iraniani, imputato da Teheran al Mossad e alle agenzie spionistiche occidentali, non ha scalfito il programma atomico di Teheran. E’ una conferma importante nel dibattito interno a Israele sulla reale efficacia delle operazioni clandestine. Inoltre l’Isis afferma che l’Iran ha già a disposizione materiale fissile sufficiente per una serie di ordigni atomici di minore livello. Il rapporto conferma l’allarme rosso lanciato il mese scorso dal capo dell’intelligence militare israeliana, il generale Avi Kochavi: “L’Iran ha già materiale per quattro ordigni”. Per produrre un ordigno atomico serve dell’uranio arricchito al novanta per cento, ma l’Isis e i servizi d’Israele sostengono che “l’Iran ha già quattro tonnellate di materiale arricchito e quasi cento chilogrammi di uranio arricchito al venti per cento, sufficiente per quattro bombe”, come aveva detto Kochavi. Conferma l’Isis: “L’Iran sta producendo 170 chilogrammi al mese di gas esafloruro, quindi ha un totale di 5,5 tonnellate di gas al 3,5 per cento, sufficiente per quattro bombe nucleari”. Il bilancio recente stilato dall’Agenzia atomica delle Nazioni Unite aveva invece parlato di materiale sufficiente (250 kg) per un solo ordigno. Bombe che secondo il capo di stato maggiore della difesa israeliano, Benny Gantz, potrebbero essere sfornate “entro un anno”, questione di mesi secondo l’Isis se il regime iraniano decidesse di imprimere un’ulteriore accelerazione al proprio programma (cosa che finora non ha fatto). A Washington il premier Netanyahu ha spiegato che l’estensione del programma iraniano nel sottosuolo è ampiamente superiore di quanto si sia stimato finora: “L’Iran non ha una, ma dieci Fordo”, ha detto Netanyahu, riferendosi al bunker atomico ben nascosto dentro la montagna di Qom. Il consigliere per la sicurezza nazionale d’Israele, Yaakov Amidror, ieri ha detto alla radio militare: “Se fallisce la diplomazia siamo pronti allo strike. Israele non dipenderà dalla decisione del presidente americano”. A Washington Netanyahu ha menzionato il campo di sterminio di Auschwitz, e il rifiuto delle potenze occidentali di bombardarlo (per non discostarsi dallo sforzo bellico centrale). Il messaggio d’Israele è chiaro: i forni di Auschwitz come le centrifughe di Natanz. Il ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak, nei giorni scorsi ha chiesto al suo omologo al Pentagono, Leon Panetta, di vendere a Israele le bombe anti bunker per l’iran, le “bunker buster” sviluppate dall’esercito americano durante la caccia a Bin Laden sui monti dell’Afghanistan.
La REPUBBLICA - Vanna Vannuccini : " L´ultima battaglia di Teheran. Ahmadinejad tenta la riscossa "
Barack Obama, Mahmoud Ahmadinejad
Vannuccini scrive : " Ahmadinejad è stato punito non solo per la politica economica ma perché (nonostante tutte le intemperanze verbali e le negazioni dell´Olocausto) ha cercato il contatto con gli Stati Uniti. Khamenei invece ribadisce la sua posizione contro il "grande Satana". ". Quale sarebbe il contatto con gli Stati Uniti cercato da Ahmadinejad? E quando sarebbe avvenuto? Finora è stato Obama a continuare a tendere la mano, non ci sono state risposte positive nè da Khamenei, nè, tanto meno, da Ahmadinejad. A che cosa si riferisce Vannuccini? Ecco il pezzo:
Un´aula della Facoltà di scienze umane e politiche dell´Università Imam Khomeini, il giorno dopo le elezioni. E´ vero, vogliono sapere gli studenti, che i giornalisti stranieri (come hanno letto su internet) sono stati obbligati a visitare solo certi seggi scelti dal ministero della Guida islamica? E´ vero per i giornalisti televisivi, rispondo; ma chi lavorava per la carta stampata e non aveva bisogno di immagini, ha potuto come me girare tranquillamente e visitare seggi in tutta la città, tenendosi il taccuino in tasca. E che cosa ha visto? Quello che avete visto tutti voi. Risata generale, tutti hanno visto i seggi vuoti. Gli studenti parlano liberamente, scherzano con il professore. Ci sono anche in Italia per i giornalisti linee rosse invalicabili come qui, vogliono sapere. Chiedo come mai loro scelgano questo mestiere visto che sono consapevoli delle linee rosse. Quando hanno cominciato a studiare, quattro anni fa, le cose andavano meglio e la loro speranza era che migliorassero ancora, rispondono. «Sognavo di cambiare questo paese scrivendo - dice una ragazza - ma sono stata delusa». L´ultima domanda viene da un ragazzo alto e grosso con la barba: qual è secondo lei un organo di informazione che possiamo considerare indipendente? Dico che le mie parole potranno suonargli provocatorie, con tutto quello che il regime racconta sulla Bbc, ma personalmente ritengo sinceramente che la Bbc faccia giornalismo indipendente. Dopo la fine della lezione il ragazzo viene a salutarmi: «Sono un hezbollahì - mi dice - ma perché non se ne vada con l´idea che noi iraniani siamo retrogradi le voglio dire che anch´io guardo la Bbc e sono d´accodo con lei». La cosa che stupisce sempre in Iran è quanto le persone siano ben informate. Sarà per via delle tv satellitari e di internet, sarà perché tutti hanno familiari e conoscenti all´estero, sarà perché nonostante la gente abbia smesso di interessarsi di politica il fuoco cova sotto la cenere, tutti sono perfettamente al corrente di quello che succede nel loro paese e nel mondo - non solo questi studenti ma la gente normale per strada: il tassista, il venditore di valigie, la signora che fa la spesa in un supermercato. Ieri sono stati resi noti i risultati delle elezioni: in tutto sono stati assegnati 225 seggi su 290 (che diventeranno definitivi solo dopo che il Consiglio dei Guardiani li avrà confermati). Per i restanti 65 si andrà al ballottaggio in aprile, la data sarà fissata dal Consiglio dei Guardiani, ha detto a Press tv il ministro dell´Interno Najjar. Dei 30 seggi di Teheran di definitivi ce ne sono solo 5. Gli altri 25 andranno al ballottaggio. Dei seggi assegnati una cospicua maggioranza è andata al Fronte allineato con la Guida Suprema Khamenei, mentre per Ahmadinejad il risultato è amaro - sebbene prevedibile, dopo che il Consiglio dei Guardiani, a cui spetta valutare l´ammissibilità dei candidati, aveva bocciato un gran numero di quelli fedeli al presidente. Ma non è nel carattere di Ahmadinejad di farsi mettere facilmente nell´angolo, dicono in molti, e che ci siano in ballo ancora 65 seggi da assegnare lo conferma. Ricorrerà contro il voto anche la sorella del presidente Parvin, consigliere comunale a Teheran, che ha subìto un´umiliante sconfitta - da lei definita un falso - nella cittadina natale di Garmsar, vicino a Teheran. Il presidente, per la prima volta nella storia della Repubblica islamica, dovrà rispondere in Parlamento della sua politica economica, la settimana prossima, si dice: ma la data viene continuamente spostata. Di sicuro il risultato delle elezioni, e soprattutto il dato ingigantito dell´affluenza alle urne (che il regime considera una prova della propria legittimità) dimostra che per il momento la Guida suprema non intende cambiare corso. Ahmadinejad è stato punito non solo per la politica economica ma perché (nonostante tutte le intemperanze verbali e le negazioni dell´Olocausto) ha cercato il contatto con gli Stati Uniti. Khamenei invece ribadisce la sua posizione contro il "grande Satana". Ma anche Khamenei conosce la situazione, conosce i dati veri dell´affluenza, vede il declino galoppante dell´economia, l´isolamento dell´Iran rispetto ai vicini paesi arabi, le minacce di un attacco israeliano, la possibile caduta di Assad. Proprio ieri Hamas si è defilato: non abbiamo alleanze militari con nessuno, in caso di guerra non appoggeremmo l´Iran attaccando Israele, ha detto un dirigente. Tutto questo, sottolineano diplomatici a Teheran, potrebbe non escludere una svolta: Khamenei potrebbe aver messo Ahmadinejad da parte per entrare lui tra qualche tempo nei libri di storia come colui che ha normalizzato i rapporti con l´Occidente. L´Iran è sempre diverso da come ci si aspetta, e nel frattempo, è il parere dei diplomatici, l´Occidente farebbe bene a non agire solo con minacce e sanzioni, ma con l´offensiva di un vero negoziato, per mostrare agli iraniani che non sono isolati e assediati. Dopo l´attacco all´Iraq non è solo l´Iran a considerare la bomba un´assicurazione sulla vita. Ma un paese che non si sente preso di mira evita di scegliere le strade più irrazionali.
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