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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Giornale-Corriere della Sera-La Stampa Rassegna Stampa
26.02.2012 Corano in fiamme e le vite stroncate di esseri umani: commenti e polemiche
Fiamma Nirenstein,Guido Olimpio, Lorenzo Mondo

Testata:Il Giornale-Corriere della Sera-La Stampa
Autore: Fiamma Nirenstein-Guido Olimpio-Lorenzo Mondo
Titolo: «Non si può chiedere scusa a chi ammazza-Vendetta per il Corano bruciato-L'ingiustificabile insulto al Corano»

Si ripete la farsa/tragedia delle " rivolte " per il rogo del Corano. Invece di smascherarne l'uso strumentale e pilotato, l'informazione occidentale cade nel tranello e sottovaluta le uccisioni a  sangue freddo di innocenti cittadini.
Fa eccezione Fiamma Nirenstein, sul GIORNALE di oggi, 26/02/2012, con un commento a pag.13 dal titolo "Non si può chiedere scusa a chi ammazza".
La cronaca la riprendiamo dal CORRIERE della SERA, a pag.21, in un pezzo di Guido Olimpio dal titolo " Vendetta per il Corano bruciato ". Dalla STAMPA, a pag.20, il commento di Lorenzo Mondo, titolato " L'ingiustificabile insulto al Corano ", mentre l'articolo contiene riflessioni che vanno ben oltre al titolo, in questo caso riduttivo dell'insieme dell'articolo. Un titolo sbagliato, scelto, evidentemente, solo dopo aver letto le prime righe. Andrebbe fatto notare al direttore della Stampa Mario Calabresi, scrivendo a:
direttore@lastampa.it


Mario Calabresi, direttore de La Stampa

Ecco gli articoli:

Il Giornale-
Fiamma Nirenstein: " Non si può chiedere scusa a chi ammazza"

C’è un errore di approccio culturale evidente nel bruciare dei testi del Corano. Ed esso è pesante e insopportabile quando proviene dalla potenza americana oltretutto nella delicatissimo fase di ritiro dall’Afghanistan. Come abbiano potuto gli ufficiali americani decidere di bruciare cento testi del Corano, è difficile capire. Diremmo che questo presuppone una sorta di cieca innocenza, inammissibile a quel livello di responsabilità. Potevano stipare i volumi in qualche armadio con tutte le indicazioni e le spiate (forse anche quelli agli occhi dei fedeli, santificate?) che si mandavano per loro tramite i prigionieri. E invece hanno suscitato il finimondo. Ovvero: hanno compiuto, oltre che un brutto sgarbo, anche un errore culturale che sembra un lapsus quasi voluto: il mondo occidentale, dopo tante umiliazioni, ha qui ignorato il fatto che laddove si compiono atti che offendano la religione, là si scatena una violenza delittuosa e incontenibile.  Consideriamo dunque l’errore per quello che è stato: non una distrazione, ma una mancanza di rispetto per le altrui opinioni, certamente. Ma l’errore, il disprezzo per un’altra fede, il semplicismo, non hanno niente a che fare con il meccanismo culturale per cui la violenza è esplosa. Essa,non ci appartiene e non dobbiamo farcene carico. Noi, gli occidentali, siamo stati sciocchi e irrispettosi. Ma se per un attimo pensiamo alla piece del Cristo di Romeo Castelucci, quella della merda, vediamo che il massimo delle reazioni da noi possibile per una violazione religiosa è aggressività, dimostrazioni verbali anche di estrema condanna. Lo scontro è astratto. Dal punto di vista di chi odia che le religioni e la libera opinione in genere vengano offese, e chi scrive è fra questi, un gesto che riguarda un libro, per quanto fondamentale, o una piece teatrale, o un film, o una proclamazione di qualsiasi genere è passibile della critica più micidiale… ma non è accompagnato da omicidio, non da noi. Invece le caricature di Maometto significano sangue; i libri di Salman Rushdie e di quant’altri richiedono l’assassinio benedetto da fatwe; il film “Submission” di Theo Van Gogh fu seguito da una mostruosa esecuzione nel novembre del 2004; Ayaan Hirsi Ali, una intellettuale somala anche lei rifugiata in Olanda è costretta a fuggire in tutto il mondo, come tanti altri intellettuali inseguiti dall’accusa di essere dei bestemmiatori del Corano. Di più: l’appartenere a fedi diverse dall’Islam o esserne considerati traditori è anch’esso un crimine che si punisce sovente con la morte, come i poveri uccisi della Nigeria, prevalentemente cristiani ma anche musulmani, dall’organizzazione Boko Haram, quella che anche ieri ha ucciso 14 persone, che il 31 dicembre fece 37 morti in Chiesa e 186 il mese scorso. Essere ebrei è poi un crimine che merita due volte la morte, l’invito a ucciderli è un leit motiv che si insegna ai bambini in moltissime scuole islamiche, seguito ovunque possibile da  azioni; cade in questi giorni l’anniversario dell’assassinio di Ilan Halimi, ucciso nel 2006 a Parigi da un gruppo di fanatici che volevano far fuori il loro ebreo. E gli episodi di queste ore in Israele, in cui i palestinesi hanno perso un giovane negli scontri iniziati dalla Spianata delle Moschee, sono partiti con lancio di pietre dall’alto del Muro del Pianto contro gli ebrei sottostanti e nascono di nuovo da parole,dalle affermazioni certo inopportune di un sito di frangia della destra israeliana che invitava gli ebrei a salire sulla spianata, dove un tempo sorgeva il Tempio. Parole che suscitano violenza fino all’assassinio. Ma a noi questo non deve sembrare naturale. Obama ha chiesto scusa, ma forse avrebbe dovuto specificare che era per la mancanza di rispetto dimostrato verso il Corano e non per nascondersi dall’esplosione di violenza. Nessuno deve pensare che le nostre scuse siano volte a quelli che tirano pietre, spargono odio, uccidono. No: esse sono rivolte ai fedeli non violenti. Il resto, è un grande problema da combattere.
www.fiammanirenstein.com

Corriere della Sera-Guido Olimpio: " Vendetta per il Corano bruciato"

WASHINGTON — La rivolta del Corano profanato non si ferma in Afghanistan e contagia il Pakistan. Nuovi disordini, altre vittime: un bilancio, non conclusivo, parla di una trentina di morti. Tra loro due «consiglieri» americani che lavoravano al ministero dell'Interno di Kabul. Un posto in teoria sicuro. Ma in questi giorni non è così. I militari — secondo una ricostruzione — sono stati colpiti da un afghano mentre si trovavano in ufficio. Un omicidio rivendicato, più tardi, da un portavoce dei talebani. «Abdul Rahman — ha spiegato — è riuscito a infiltrarsi nel ministero grazie alla complicità di nostri sostenitori, quindi ha sparato ed ha ucciso quattro americani». Sempre difficile distinguere tra propaganda e verità nei comunicati degli insorti che tendono a ingigantire i loro attacchi. Quel che è certo è che il killer è riuscito a fuggire sfruttando la confusione e, probabilmente, qualche aiuto. E non è ancora chiaro se il tiratore fosse autorizzato a entrare nell'edificio o se si è davvero trattato di un'operazione ben studiata.
L'attacco al ministero segue l'uccisione di due soldati americani freddati da un loro commilitone afghano. Episodi innescati dall'appello dei talebani a «punire i crociati» colpevoli di aver distrutto copie del Corano. Un gesto di alcuni ufficiali che avevano confiscato i libri ai detenuti della prigione di Bagram dopo aver scoperto delle scritte sospette, forse frasi in codice.
L'omicidio al ministero ha avuto come immediata conseguenza il ritiro del personale Nato dagli uffici afghani. Il comandante del contingente Isaf, il generale John Allen, ha disposto il richiamo dei consiglieri per sottrarli ad altre vendette e ritorsioni. Passo analogo è stato deciso dalla Gran Bretagna. Il Pentagono ha definito «inaccettabile» l'uccisione dei due consiglieri. E possiamo immaginare l'inquietudine dei militari alleati impegnati insieme alle truppe afghane in molte regioni del paese. Quello che è il compagno di base può diventare un nemico. Del resto, anche prima di questa rivolta, vi sono stati molti attacchi da parte di soldati locali contro quelli Nato. Atti isolati ma anche parte di una strategia elaborata dai talebani.
Al fronte «interno» si è aggiunto quello delle piazze. In diverse località — in particolare Kunduz — ci sono state manifestazioni segnate da lanci di pietre e assalti contro i simboli della presenza occidentale. Dimostrazioni che in alcuni casi sono degenerate in scontri provocando perdite tra militari e civili. Una situazione che ha costretto il presidente Karzai a intervenire per condannare le violenze. Parole più caute rispetto a quelle pronunciate in precedenza all'indirizzo degli ufficiali americani responsabili della profanazione.
A Kabul c'è il timore che la furia della popolazione possa durare a lungo. Le scuse personali del presidente Obama all'Afghanistan e un severo richiamo del generale Allen ai suoi uomini affinché rammentino la sensibilità religiosa della popolazione non hanno prodotto effetti. Era prevedibile. L'incidente del Corano sembra fatto apposta per essere sfruttato non solo dai nemici della Nato ma anche da quanti considerano un'intrusione (o un'occupazione) la presenza delle forze Nato in Afghanistan.

La Stampa-Lorenzo Mondo:" L'ingiustificabile insulto al Corano "


Lorenzo Mondo

Infuria la rivolta in Afghanistan, con il solito, elevato conteggio di morti: scatenata dall’offesa ai sacri principi dell’Islam, dalle copie del Corano gettate nella spazzatura e date alle fiamme nella base Nato di Bagram. Non sono bastate a fermarla le scuse dell’ambasciatore e del capo dei contingenti americani, dello stesso presidente Obama, che ha parlato di «errore involontario» promettendo sanzioni contro i responsabili. Potrebbe anche trattarsi di un malaugurato incidente ma gli avversari della «pax americana» rammentano le fotografie dei marines che urinavano sui corpi di talebani uccisi. E aggiungono, ad alimentare la rabbia, le recenti vittime civili di bombardamenti definiti con insolente aggettivazione «selettivi». Anche se sbadataggine è stata, l’insulto al Corano è da considerarsi ingiustificabile perché rischia di diventare un cerino acceso gettato in una polveriera.

Ma il gesto e le sue drammatiche conseguenze suggeriscono alcune riflessioni, a prescindere dalla situazione generale e dalle pretestuose strumentalizzazioni. Di primo acchito si è portati a stigmatizzare, con motivata repulsione, il fanatismo di gente che assegna alla salvaguardia di alcuni libri, per quanto venerandi, una importanza superiore a quella riservata alla vita umana, propria e altrui. È un problema con il quale l’Occidente è costretto a misurarsi, al di là dell’odierno episodio, nei rapporti con il mondo musulmano. Da noi, grazie a Dio, chi bruciasse una Bibbia susciterebbe tutt’al più riprovazione se lo facesse pubblicamente e con l’esplicito intento di offendere i credenti. Ma venendo al comportamento dei militari americani, continua a stupire la leggerezza con la quale si infilano in trappole devastanti, nonostante una così lunga esperienza sul campo. Eppure si erano presentati in Afghanistan esibendo, al di là della forza delle armi, il proposito di conquistare il cuore e la mente degli abitanti. Hanno disatteso in buona parte questo proclama, dettato soprattutto da preoccupazioni strategiche, ma non per cattiva volontà. Hanno lasciato affiorare, piuttosto, i limiti di una diffusa cultura, più che tollerante, permissiva, insensibile peraltro alle ragioni di chi rivendica con vigore dei valori alieni: escludendo il modo distorto e aberrante con cui vengono difesi, meritano invece l’attenzione e il rispetto dovuti a una pacifica diversità. L’episodio di Bagram rivela purtroppo che alla sanguinaria follia del fondamentalismo islamico si risponde troppo spesso con una distratta, e insipiente, noncuranza delle sue radici. I risultati li vediamo anche in questi giorni.

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