Riportiamo da NOTIZIE RADICALI l'articolo di Alessandro Litta Modignani dal titolo " “E adesso dove andiamo?” Con questi film, da nessuna parte ".


Alessandro Litta Modignani, Nadine Labaki
Alcune persone amiche mi hanno consigliato “E adesso dove andiamo?” della regista libanese Nadine Labaki (la stessa di “Caramel”). Mi sono lasciato convincere, sebbene già dal trailer mi fosse sembrato di scarso interesse. Avevo visto giusto. Ma non si tratta solo di una questione di gusti, è l‘intera “operazione” tentata dalla regista-sceneggiatrice a risultare sbagliata, sostanzialmente fuorviante. Il film, di produzione franco-libanese, sembra costruito su misura per compiacere un target ben mirato, cioè i luoghi comuni del pubblico europeo colto e progressista che frequenta le sale cinematografiche d’essai (l’Anteo a Milano, il Quattro Fontane a Roma eccetera).
L’endemica guerra religiosa fra cristiani e musulmani, in un piccolo villaggio semi-isolato, viene presentata nelle forme e nei modi quanto più edulcorati si possa immaginare. E’ ridotta a una deprecabile incomprensione fra esseri umani essenzialmente buoni ma un po’ rozzi e ignoranti. Gli abitanti maschi si fanno i dispetti, le poche notizie che vengono da fuori sono tragiche, episodi casuali possono fare scoccare la scintilla dell’odio. L’imam e il prete (rappresentati come amiconi, anzi complici saggi e prudenti, con le loro folte barbe e gli occhi buoni) sono preoccupati per le “opposte cocciutaggini” delle teste calde delle due comunità.
Chi risolverà la situazione ? Ma le donne, naturalmente, è la risposta facile facile del film. Mogli e madri che trattano mariti e figli maschi alla stregua di discolacci rissosi e impulsivi, cuccioloni da correggere o magari da distrarre, facendo loro “annusare” alcune procaci prostitute dell’est europeo, importate dalla città grazie a un’improbabile colletta clandestina. Ma dove si è mai visto? In un film incentrato sullo scontro interreligioso, neanche l’ombra di un tabù, nessuna gelosia, niente sessuofobia? Non scherziamo.
Il finale, che non racconto, è ancora più ingenuo e dolciastro dell’impianto. Qualcuno ha scritto che il film ha momenti “esilaranti”, a me pare invece che si tratti di una comicità debolissima e completamente fuori luogo, nel tentativo ottimistico di attenuare la drammaticità di un conflitto che in realtà si nutre di un odio compatto, atavico, invincibile e insormontabile. Una visione tipica delle anime belle e dei buoni sentimenti europei, per la soddisfazione auto-gratificante di femministe liberate e colti democratici.
Insomma, il film ci viene a raccontare che per risolvere uno scontro politico-religioso millenario, basterebbe distrarre gli uomini, con la complicità delle donne. Sarebbe bello, ma non ci credo.
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