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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
19.02.2012 A rischio il rapporto Usa-Egitto
La cronaca di Cecilia Zecchinelli

Testata: Corriere della Sera
Data: 19 febbraio 2012
Pagina: 14
Autore: Cecilia Zecchinelli
Titolo: «Egitto, la ministra nemica dell'America fa tremare i generali»

Sulla fragilità del rapporto Usa-Egitto, il CORRIERE della SERA di oggi, 19/02/2012,pubblica a pag.14, con il titolo "Egitto, la ministra nemica dell'America fa tremare i generali" un articolo di Cecilia Zecchinelli.
I lettori di IC sono bene informati su questa storia, ne ha scritto il 02/02/2012 Zvi Mazel http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=&sez=310&id=43275
Riprendiamo il pezzo di Zecchinelli, positivo il fatto che anche i giornaloni affrontino questo aspetto che rischia di mandare in fumo il rapporto fra Usa e Egitto.
Ecco l'articolo: 


La ministra Fayza Abul Naga

Una crociata contro gli Usa (e Israele) lanciata dalla donna forse più potente d'Egitto ha causato la crisi internazionale più profonda e imbarazzante per la Giunta militare al potere da un anno. Fayza Abul Naga, amica intima dell'ex first lady Suzanne Mubarak, ministra della Cooperazione internazionale con il vecchio regime poi confermata dai generali, in dicembre ha iniziato a indagare sulle Ong americane al Cairo accusandole di «voler dirottare la rivoluzione nell'interesse di Usa e Israele, seminare il caos, minare la democrazia egiziana». Dopo le parole i fatti: chiuse quattro Ong americane, denunciati 43 loro attivisti, alcuni arabi, altri occidentali tra cui 19 statunitensi. Sette sono in Egitto, con il divieto di lasciarlo. Il processo è fissato per il 26 febbraio. Il rischio per gli imputati, accusati di aver agito «senza licenze» e con «fondi illeciti» al fine di minare la «sovranità dell'Egitto», sono anni di carcere.
Ma in gioco non c'è solo la sorte degli attivisti, tra cui figura Sam LaHood, figlio del ministro ai Trasporti, rifugiatosi nell'ambasciata Usa sul Nilo. La lunga, in apparenza inossidabile alleanza tra Washington e il Cairo è infatti a rischio. I tentativi dell'amministrazione Obama di convincere i generali a chiudere il caso sono falliti: perfino la segretaria di Stato Hillary Clinton e il capo del Pentagono Leon Panetta sono intervenuti, invano. E ora dal Congresso Usa monta la richiesta di bloccare gli aiuti versati annualmente all'Egitto dalla pace di Camp David nel 1979: 1,3 miliardi di dollari per spese militari, 250 milioni per lo sviluppo.
Sarebbe proprio una parte di quei soldi ad aver infuriato la ministra: 20 milioni prima gestiti da lei, ora versati direttamente alle Ong bandite. Ma Abul Naga, dicono i media egiziani, si sta anche vendicando con l'America per aver abbandonato i Mubarak da un giorno all'altro. E la Storia insegna, anche a chi non ha un passato diplomatico come la signora, che un nemico esterno in una fase di caos distoglie il risentimento della gente (e degli elettori: voci non confermate la danno interessata a candidarsi a raìs in maggio, anche se con zero possibilità di vittoria).
Difficile capire cosa pensi la Giunta, come sempre poco trasparente. Pare che il capo, generale Tantawi, abbia tentato di dissuadere Abul Naga, che i militari siano divisi. Tradizionalmente alleati (e finanziati) dagli Usa, alle prese con una crisi economica terribile, anche a loro può però far gioco distrarre il malcontento. E comunque la «crociata» è ormai fuori controllo. I Fratelli Musulmani, prima forza nel nuovo parlamento, non solo hanno appoggiato la campagna della ministra — benedetta pure da Al Azhar — ma minacciano di cancellare il trattato con Israele se gli Usa bloccano gli aiuti, parte di Camp David. I salafiti di Al Nur hanno indetto una sottoscrizione pubblica per rimpiazzare i dollari di Obama.
Analisti e diplomatici si chiedono chi ci sia dietro a tutto ciò, se sia a favore o contro i generali. Nella confusa transizione egiziana, le certezze sono davvero poche. Se non che il Paese non aveva bisogno di aprire questo nuovo fronte.

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