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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Libero - Il Giornale Rassegna Stampa
08.02.2012 Censura islamica, dai Simpson alla pubblicità
cronache di Andrea Morigi, Luigi Mascheroni

Testata:Libero - Il Giornale
Autore: Andrea Morigi - Luigi Mascheroni
Titolo: «Lo spot Samsung che fa infuriare l’Iran - Così i Paesi islamici censurano la cultura pop dell’Occidente»

Riportiamo da LIBERO di oggi, 08/02/2012, a pag. 19, l'articolo di Andrea Morigi dal titolo " Lo spot Samsung che fa infuriare l’Iran ". Dal GIORNALE, a pag. 23, l'articolo di Luigi Mascheroni dal titolo " Così i Paesi islamici censurano la cultura pop dell’Occidente ".
Ecco i due pezzi:

LIBERO - Andrea Morigi : " Lo spot Samsung che fa infuriare l’Iran "


Andrea Morigi, un fotogramma dello spot della Samsung

È partito lo spot dell’attacco israeliano all’Iran. Non è proprio scattata l’ora X, ma sui tablet della Samsung c’è un’applicazione per ogni esigenza. Perfino, afferma ironicamente un messaggio commerciale, per far saltare in aria la centrale atomica di Isfahan. Ormai basta un breve filmato pubblicitario per far salire la tensione già alta fra i due Paesi. La scenetta, mandata in onda alla tv israeliana, mostra un agente del Mossad in incognito, seduto al tavolino di un caffè iraniano, mentre annoiato giocherella con un Samsung Galaxy Tab. Lo raggiungono tre donne iraniane, impersonate dai comici della sit-com israeliana Asfur, velate con il chador. Una di loro, incuriosita dall’aggeggio tecnologico, inavvertitamente attiva il programmino che fa esplodere l’impianto di arricchimento dell’uranio. All’orizzonte si alza una colonna di fumo, che va assumendo la forma del fungo atomico mentre uno dei comici commenta: «Beh? Un’altra misteriosa esplosione in Iran!». Tutto accade nello spazio di un minuto, prima dell’an - nuncio della tv a pagamento Hot, che regala il tablet pcai suoi nuovi abbonati. Nell’epilogo, una delle tre “donne” schiaccia uno scarafaggio maledicendolo con l’epiteto Khomeini, che nello slang ebraico indica il Maladera insanabilis, l’insetto importato in Israele da un turista proveniente dall’Iran. Su Youtube, la clip è stata cliccata da decine di migliaia di utenti e anche a Teheran, dove evidentemente qualche zelante funzionario del regime monitora attentamente la tv del “nemico sionista”. Lo considerano un atto di guerra psicologica di gran lunga peggiore delle tardive sanzioni europee e reagiscono rabbiosamente. Tuonano i mullah che vorrebbero imporre il boicottaggio di tutti i prodotti della Samsung o addirittura interrompere i rapporti commerciali con la Corea del Sud, dove si producono i dispositivi elettronici incriminati. La Samsung è costretta a prendere le distanze dallo spot, indicandolocomeil frutto di un’iniziativa autonoma di Hot Tv, senza alcun contributo né la minima consapevolezza del suo contenuto da parte del produttore dell’hardware. In realtà, il regime di Mahmoud Ahmadinejad, che peraltro da anni ripetutamente invoca la distruzione di Israele, è seriamente intimorito dalle voci sempre più insistenti di un raid da parte degli aerei con la Stella di David. Benjamin Netanyahu, il premier israeliano, fa sul serio e pare che intenda neutralizzare la minaccia atomica iraniana con un attacco preventivo. Intanto l’11 gennaio scorso, a Teheran, qualcuno ha eliminato lo scienziato Mostafa Ahmadi Roshan, che lavorava nell’impianto nucleare di Natanz. Negli ultimi anni numerosi scienziati e docenti iraniani del settore nucleare erano scomparsi o erano stati uccisi. Enon si trattava soltanto di spot. Gli attentati sembrano portare la firma del Mossad, con la collaborazione di dissidenti iraniani.

Il GIORNALE - Luigi Mascheroni : " Così i Paesi islamici censurano la cultura pop dell’Occidente "

In Malaysia da anni il Consi­glio nazionale della fawta , cioè l’organismo che emette editti sulla base di norme co­raniche, ha vietato il botox, i concor­si di bellezza, i tacchi, il rossetto e persino lo yoga. Mentre l’Indone­sia, la Siria e altri Paesi arabi musul­mani sono impegnati in una dura opposizione a Facebook e ai social network.Questo per dire che l’epi­sodio denunciato ieri dal quotidia­no britannico The Sun - e cioè che l’Iran ha bandito il cartone anima­to dei Simpson perché «corrode la morale dei giovani»-è solo l’ultimo atto del lungo pugno di ferro degli Stati islamici contro il diabolico sti­le di vita occidentale.
Del resto che i valori e la forza di una cultura siano veicolati più facil­m­ente attraverso i marchi commer­ciali
di massa e i prodotti culturali
mainstream
(dalla Coca-Cola ai film blockbuster) piuttosto che dai principi della Costituzione o dai versi di un poema epico,l’Occiden­te lo ha capito, e sfruttato, benissi­mo. Come lo hanno capito, e com­battuto, benissimo i Paesi dell’«al­tro » mondo.
In Iran la crociata portata avanti contro l’Occidente ha già preso di mira la Barbie nel lontano 1996,vie­tandone l’importazione e chiaman­dola un «cavallo di Troia» che insi­nua nel Paese abitudini nefaste, co­me il make up e gli abiti «offensivi»; qui sono vietate tutte le bambole in cui si possono distinguere i genita­li, non sono autorizzati i giochi in cui si sentono voci di cantanti euro­pei e americani, né le cucine giocat­tolo che includono bicchierini per gli alcolici. A Teheran è dalla rivolu­zione islamica del 1979 che la poli­zia della morale è particolarmente vigile su libri, film, mode (persino tagli di capelli) occidentali.
A proposito di cartoni animati.
Due anni fa un episodio di South Park (andato in onda negli Usa, non in Medioriente) in cui il profe­ta Maometto appariva nei panni di unorsoscatenòl’iradeifondamen­t­alisti islamici, che in un messaggio comparso sul sito revolutionMu­slim. com auspicavanoperMattSto­ne e Trey Parker, padri del leggen­dario cartoon, «la stessa fine di Theo Van Gogh», il regista olande­se assassinato da un militante isla­mico nel 2004 per il film Submis­sion .
Da notare che nessuna orga­nizzazione cattolica o buddhista si offese per un Gesù che guardava film pornografici e un Buddha che sniffava cocaina, comparsi nella stessa puntata. Comunque, sotto la minaccia islamica, i due autori scelsero l’autocensura: la puntata successiva era piena di bip e scritte « censored» .
Quanto alla letteratura, due ecla­tanti esempi
letterari di (auto)cen­sura - al netto della più nota vicen­da di Salman Rushdie e dei suoi Ver­setti satanici - sono quelli di Hanif Kureishi, accusato di essere un por­nografo per la sceneggiatura del film My Beautiful Laundrette , eMi­chel Houellebecq, denunciato da diverse associazione musulmane per i suoi romanzi e che per evitare ritorsioni rinunciò a scrivere un li­bro sul suo processo: «L’intimida­zione funziona - di­chiarò nel 2010 - . Non credo che nessuno scriverebbe più di certi argomenti, come quel­lo dell’Islam. Gli scrit­tori preferiscono sfug­gire la realtà».
Ma se ciò che è più
pop è più pericoloso, co­me stupirsi allora che proprio la pizza- il più uni­versale dei prodotti- sia con­siderata «corruttrice»? Lo hanno stabilito gli ayatollah, che nel feb­braio 2011 hanno bandito i pro­grammi tv in cui si insegna a prepa­rare i piatti stranieri, dal sushi alla margherita.
E se alle Maldive il Consiglio su­premo degli Affari islamici arrivò a vietare il kolossal hollywoodiano Il
Principe d’Egitto perché «rappre­sent­are il profeta Mosè come carto­ne animato è contrario al Corano », nel 2008 l’Iran censurò il film The Wrestler per una scena in cui Mic­k­eyRourkeoltraggialabandieraira­niana e lotta, battendolo, con uno sfidante chiamato «l’ayatollah». Ahmadinejad peraltro aveva già tuonato contro Alexander di Oliver Stone,troppo elogiativo sull’impe­ratore che distrusse le truppe per­siane, e su 300 di Zack Snyder, pie­no di «pregiudizi razzisti»(sulla Per­sia al tempo delle Termopili...). Po­ca cosa rispetto al divieto imposto nel 2006 dal governo di Zanzibar al­le celebrazioni del leader dei Que­en, Freddie Mercury, nativo del­l’isola. L’Associazione per la Mobi­litazione Islamica dichiarò: «Il suo stile di vita è una vergogna per l’Islam. Non lo chiamavano forse Queen , “ regina”?Qualsiasi cosa le­ghi Mercury alla popolazione mu­sulmana di Zanzibar è un’offesa».

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