Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Censura islamica, dai Simpson alla pubblicità cronache di Andrea Morigi, Luigi Mascheroni
Testata:Libero - Il Giornale Autore: Andrea Morigi - Luigi Mascheroni Titolo: «Lo spot Samsung che fa infuriare l’Iran - Così i Paesi islamici censurano la cultura pop dell’Occidente»
Riportiamo da LIBERO di oggi, 08/02/2012, a pag. 19, l'articolo di Andrea Morigi dal titolo " Lo spot Samsung che fa infuriare l’Iran ". Dal GIORNALE, a pag. 23, l'articolo di Luigi Mascheroni dal titolo " Così i Paesi islamici censurano la cultura pop dell’Occidente ". Ecco i due pezzi:
LIBERO - Andrea Morigi : " Lo spot Samsung che fa infuriare l’Iran "
Andrea Morigi, un fotogramma dello spot della Samsung
È partito lo spot dell’attacco israeliano all’Iran. Non è proprio scattata l’ora X, ma sui tablet della Samsung c’è un’applicazione per ogni esigenza. Perfino, afferma ironicamente un messaggio commerciale, per far saltare in aria la centrale atomica di Isfahan. Ormai basta un breve filmato pubblicitario per far salire la tensione già alta fra i due Paesi. La scenetta, mandata in onda alla tv israeliana, mostra un agente del Mossad in incognito, seduto al tavolino di un caffè iraniano, mentre annoiato giocherella con un Samsung Galaxy Tab. Lo raggiungono tre donne iraniane, impersonate dai comici della sit-com israeliana Asfur, velate con il chador. Una di loro, incuriosita dall’aggeggio tecnologico, inavvertitamente attiva il programmino che fa esplodere l’impianto di arricchimento dell’uranio. All’orizzonte si alza una colonna di fumo, che va assumendo la forma del fungo atomico mentre uno dei comici commenta: «Beh? Un’altra misteriosa esplosione in Iran!». Tutto accade nello spazio di un minuto, prima dell’an - nuncio della tv a pagamento Hot, che regala il tablet pcai suoi nuovi abbonati. Nell’epilogo, una delle tre “donne” schiaccia uno scarafaggio maledicendolo con l’epiteto Khomeini, che nello slang ebraico indica il Maladera insanabilis, l’insetto importato in Israele da un turista proveniente dall’Iran. Su Youtube, la clip è stata cliccata da decine di migliaia di utenti e anche a Teheran, dove evidentemente qualche zelante funzionario del regime monitora attentamente la tv del “nemico sionista”. Lo considerano un atto di guerra psicologica di gran lunga peggiore delle tardive sanzioni europee e reagiscono rabbiosamente. Tuonano i mullah che vorrebbero imporre il boicottaggio di tutti i prodotti della Samsung o addirittura interrompere i rapporti commerciali con la Corea del Sud, dove si producono i dispositivi elettronici incriminati. La Samsung è costretta a prendere le distanze dallo spot, indicandolocomeil frutto di un’iniziativa autonoma di Hot Tv, senza alcun contributo né la minima consapevolezza del suo contenuto da parte del produttore dell’hardware. In realtà, il regime di Mahmoud Ahmadinejad, che peraltro da anni ripetutamente invoca la distruzione di Israele, è seriamente intimorito dalle voci sempre più insistenti di un raid da parte degli aerei con la Stella di David. Benjamin Netanyahu, il premier israeliano, fa sul serio e pare che intenda neutralizzare la minaccia atomica iraniana con un attacco preventivo. Intanto l’11 gennaio scorso, a Teheran, qualcuno ha eliminato lo scienziato Mostafa Ahmadi Roshan, che lavorava nell’impianto nucleare di Natanz. Negli ultimi anni numerosi scienziati e docenti iraniani del settore nucleare erano scomparsi o erano stati uccisi. Enon si trattava soltanto di spot. Gli attentati sembrano portare la firma del Mossad, con la collaborazione di dissidenti iraniani.
Il GIORNALE - Luigi Mascheroni : " Così i Paesi islamici censurano la cultura pop dell’Occidente "
In Malaysia da anni il Consiglio nazionale della fawta , cioè l’organismo che emette editti sulla base di norme coraniche, ha vietato il botox, i concorsi di bellezza, i tacchi, il rossetto e persino lo yoga. Mentre l’Indonesia, la Siria e altri Paesi arabi musulmani sono impegnati in una dura opposizione a Facebook e ai social network.Questo per dire che l’episodio denunciato ieri dal quotidiano britannico The Sun - e cioè che l’Iran ha bandito il cartone animato dei Simpson perché «corrode la morale dei giovani»-è solo l’ultimo atto del lungo pugno di ferro degli Stati islamici contro il diabolico stile di vita occidentale. Del resto che i valori e la forza di una cultura siano veicolati più facilmente attraverso i marchi commerciali di massa e i prodotti culturali mainstream (dalla Coca-Cola ai film blockbuster) piuttosto che dai principi della Costituzione o dai versi di un poema epico,l’Occidente lo ha capito, e sfruttato, benissimo. Come lo hanno capito, e combattuto, benissimo i Paesi dell’«altro » mondo. In Iran la crociata portata avanti contro l’Occidente ha già preso di mira la Barbie nel lontano 1996,vietandone l’importazione e chiamandola un «cavallo di Troia» che insinua nel Paese abitudini nefaste, come il make up e gli abiti «offensivi»; qui sono vietate tutte le bambole in cui si possono distinguere i genitali, non sono autorizzati i giochi in cui si sentono voci di cantanti europei e americani, né le cucine giocattolo che includono bicchierini per gli alcolici. A Teheran è dalla rivoluzione islamica del 1979 che la polizia della morale è particolarmente vigile su libri, film, mode (persino tagli di capelli) occidentali. A proposito di cartoni animati. Due anni fa un episodio di South Park (andato in onda negli Usa, non in Medioriente) in cui il profeta Maometto appariva nei panni di unorsoscatenòl’iradeifondamentalisti islamici, che in un messaggio comparso sul sito revolutionMuslim. com auspicavanoperMattStone e Trey Parker, padri del leggendario cartoon, «la stessa fine di Theo Van Gogh», il regista olandese assassinato da un militante islamico nel 2004 per il film Submission . Da notare che nessuna organizzazione cattolica o buddhista si offese per un Gesù che guardava film pornografici e un Buddha che sniffava cocaina, comparsi nella stessa puntata. Comunque, sotto la minaccia islamica, i due autori scelsero l’autocensura: la puntata successiva era piena di bip e scritte « censored» . Quanto alla letteratura, due eclatanti esempi letterari di (auto)censura - al netto della più nota vicenda di Salman Rushdie e dei suoi Versetti satanici - sono quelli di Hanif Kureishi, accusato di essere un pornografo per la sceneggiatura del film My Beautiful Laundrette , eMichel Houellebecq, denunciato da diverse associazione musulmane per i suoi romanzi e che per evitare ritorsioni rinunciò a scrivere un libro sul suo processo: «L’intimidazione funziona - dichiarò nel 2010 - . Non credo che nessuno scriverebbe più di certi argomenti, come quello dell’Islam. Gli scrittori preferiscono sfuggire la realtà». Ma se ciò che è più pop è più pericoloso, come stupirsi allora che proprio la pizza- il più universale dei prodotti- sia considerata «corruttrice»? Lo hanno stabilito gli ayatollah, che nel febbraio 2011 hanno bandito i programmi tv in cui si insegna a preparare i piatti stranieri, dal sushi alla margherita. E se alle Maldive il Consiglio supremo degli Affari islamici arrivò a vietare il kolossal hollywoodiano Il Principe d’Egitto perché «rappresentare il profeta Mosè come cartone animato è contrario al Corano », nel 2008 l’Iran censurò il film The Wrestler per una scena in cui MickeyRourkeoltraggialabandierairaniana e lotta, battendolo, con uno sfidante chiamato «l’ayatollah». Ahmadinejad peraltro aveva già tuonato contro Alexander di Oliver Stone,troppo elogiativo sull’imperatore che distrusse le truppe persiane, e su 300 di Zack Snyder, pieno di «pregiudizi razzisti»(sulla Persia al tempo delle Termopili...). Poca cosa rispetto al divieto imposto nel 2006 dal governo di Zanzibar alle celebrazioni del leader dei Queen, Freddie Mercury, nativo dell’isola. L’Associazione per la Mobilitazione Islamica dichiarò: «Il suo stile di vita è una vergogna per l’Islam. Non lo chiamavano forse Queen , “ regina”?Qualsiasi cosa leghi Mercury alla popolazione musulmana di Zanzibar è un’offesa».
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