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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera - La Repubblica Rassegna Stampa
16.01.2012 In attesa che Obama chiarisca quale politica intende seguire con l'Iran nucleare
Prima fa la voce grossa, poi tende la mano. Cronache di Francesco Battistini, Federico Rampini

Testata:Corriere della Sera - La Repubblica
Autore: Francesco Battistini - Federico Rampini
Titolo: «Manovre annullate: il divario Usa-Israele - Usa-Ue, incubo shock petrolifero, l'altra faccia dello scontro con l'Iran»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 16/01/2012, a pag. 23, l'articolo di Francesco Battistini dal titolo " Manovre annullate: il divario Usa-Israele ". Da REPUBBLICA, a pag. 20, l'articolo di Federico Rampini dal titolo " Usa-Ue, incubo shock petrolifero, l'altra faccia dello scontro con l'Iran ".

In attesa che Obama specifichi meglio il perchè dell'annullamento delle esercitazioni militari con Israele, non possiamo non notare la sua politica  flip-flop con l'Iran.
Prima avverte l'Iran che se lo stretto di Hormuz verrà chiuso, gli Usa interverranno. Ora, invece, un atteggiamento che blandisce, nello stile tradizionale di Obama.
Inutile stupirsi quindi se l'Iran prosegue indisturbato la sua politica nucleare.
Ecco i pezzi:

CORRIERE della SERA - Francesco Battistini : "Manovre annullate: il divario Usa-Israele "


Bibi Netanyahu   Barack Obama

Generali che arrivano, militari che non partono. Più che le grisaglie, sono le divise a dettare in queste ore l'agenda della crisi iraniana. Domani atterra in Israele il generale Martin Dempsey, uno dei più ascoltati consiglieri militari di Obama (l'unico presidente americano dell'ultimo trentennio che non sia mai venuto a Gerusalemme) e non vedrà solo colleghi: probabilmente andrà anche dal premier Benjamin Netanyahu. Per parlare meglio del piano d'attacco, già pronto, che gli israeliani metterebbero in calendario in primavera o subito dopo le elezioni americane di novembre.
Non saranno incontri piacevoli: all'ultimo minuto, il Pentagono ha annullato l'esercitazione missilistica congiunta Austere Challenge, prevista per aprile.
Motivo: non si vuole provocare più di tanto Teheran, dopo le (timidissime) aperture e le evidenti fratture interne nel fumo della retorica antioccidentale. Il Wall Street Journal scrive che la Casa Bianca è quasi rassegnata a un blitz israeliano e ha già allertato, per esempio, i 15 mila americani rimasti in Iraq, possibile oggetto di rappresaglie sciite. Ancora si lavora per evitare che il Mossad faccia da sé, com'è stato probabilmente (lo rivela Time) nell'uccisione dell'ultimo scienziato nucleare iraniano.
Ci sono però divergenze strategiche fra Washington e Israele e da Gerusalemme non ne fanno mistero, parlando attraverso il vicepremier Moshe Yaalon di «delusione», criticando le «indecisioni» dell'amministrazione Usa e plaudendo invece il piglio di Francia e Gran Bretagna. In realtà, è stato il medesimo Netanyahu a dimostrare che a Teheran ci sono crepe, che l'economia vacilla: l'Iran ha minacciato i Paesi del Golfo, guai a chi rimpiazzerà il petrolio degli ayatollah con greggio comprato altrove. Prima delle esercitazioni, chissà che non sia meglio continuare con le sanzioni.

La REPUBBLICA - Federico Rampini : " Usa-Ue, incubo shock petrolifero, l'altra faccia dello scontro con l'Iran "


'Sul serio, è solo per uso pacifico e domestico'

L'America mette in guardia l'Iran contro nuove provocazioni nello Stretto di Hormuz, dove transita un quinto di tutte le esportazioni mondiali di petrolio. Teheran a sua volta ammonisce l'Arabia Saudita, perché eviti di supplire con il suo greggio alla "penuria da sanzioni". Improvvisamente lo spettro di un nuovo shock petrolifero si affaccia come una delle incognite maggiori, per la sicurezza e per l'economia mondiale, nel 2012. «È uno dei quattro cavalieri dell'Apocalisse», dichiara l'esperto petrolifero Edward Yardeni al Washington Post, mettendolo in testa alla classifica delle minacce perla ripresa. Un intreccio perverso si può creare fra l'escalation di tensione IranUsa—da una parte le nuove sanzioni americane che stanno dimostrandosi più efficaci del solito, dall'altra la prosecuzione del programma nucleare iraniano e il giallo dell'assassinio di uno scienziato — che si sovrappone alla crisi debitoria dell'eurozona. Non sfugge infatti agli esperti che tre fra le economie europee più fragili, e cioè Italia, Spagna e Grecia, sono anche le più dipendenti dal petrolio iraniano e quindi le più colpite dalle sanzioni recenti. Gli effetti sui prezzi sono amplificati dalla debolezza sull'euro: come osserva uno studio di Barclays Capital, «se misurato in euro il greggio è risalito ai massimi storici del luglio 2008». Poiché i prezzi del petrolio sono in dollari, il rincaro della materia prima all'origine viene accentuato quando arriva in euro alla pompa di benzina o nella bolletta del riscaldamento. Il colpo lo sentono comunque anche gli Stati Uniti, perché la tensione con l'Iran viene al ter- Edward Yardeni sul Washington Post: è una delle minacce maggiori alla ripresa mine di una lunga escalation nei prezzi energetici: la media delle quotazioni del 2011 aveva superato del 14 percento la media del 2008, pur considerato un anno da record. La bolletta energetica americana è rincarata già di 125 miliardi di dollari nel 2011, prima ancora dell'ultimo precipitare della crisi con l'Iran. Lo specialista energetico della Deutsche Bank, Adam Sieminski, prevede che «un greggio a 125 dollari il barile sottrae un punto percentuale alla crescita mondiale, a 150 dollari vanno in fumo due punti e mezzo del Pil mondiale nel 2012, un vero disastro. Le altre preoccupazioni, sulla tenuta della ripresa in America, in Cina, in Europa, passano in secondo piano rispetto ai rischi geopolitica sul petrolio». Non è tutto e soltanto legato all'Iran, perché anche le violenze in Nigeria stanno contribuendo a ridurre le forniture (il Paese africano produce 2 milioni di barili al giorno). Tuttavia il principale epicentro della tensione è lo Stretto di Hormuz, teatro in questi giorni di contatti ravvicinati e sempre più ostili tra la US Navy e la flotta iraniana. Da quello Stretto passano 17 milioni di barili al giorno. Teheran ha minacciato la chiusura di quel braccio di mare, come ritorsione dopo l'ultimo giro di sanzioni: in particolare quelle che Washington ha varato contro la banca centrale iraniana, un gesto che sta rivelandosi efficace. Le conseguenze si fanno sentire anche in Paesi terzi: l'India che è il secondo maggiore cliente dell'Iran sta tagliando le sue importazioni per non incorrere nelle sanzioniamericane; lo stesso stanno facendo Giappone e Turchia. La Cina resta l'importatore numero uno, ma difficilmente aumenterà i suoi acquisti, per non diventare troppo dipendente da un singolo fornitore. La posizione dell'Unioneeuropea viene seguita con estrema attenzione: nel summit del 23 gennaio dovrebbero essere annunciate decisioni sull'embargo. Secondo le ultime anticipazioni, però, gli effetti di una decisione europea non si sentiranno prima di sei mesi. Questo darebbe tempo agli Emirati arabi di mettere in funzione un nuovo oleodotto; e alla Libia di ripristinare le proprie esportazioni. In tal modo al termine dei sei mesi gli europei potrebbero forse trovare altrove dei sostituti ai 600mila barili di greggio iraniano che oggi importano quotidianamente. Per quanto riguarda la posizione dell'Italia, ilWashingtonPostosserva che «l'Enfi ha una deroga per continuare a ricevere l Omila barili al giorno, come pagamento di lavori fatti in passato dal gruppo italiano in due giacimenti iraniani, pagamento che ai ritmi attuali non sarà finito prima de12014». Nel frattempo gli iraniani non stanno a guardare. Tra le soluzioni che cercano per aggirare l'embargo, una consisterebbe nel "mescolare" il loro greggio con quello del Venezuela per mascherarne la provenienza, ovviamente con l'accordo di Hugo Chavez. La tensione Usa-Iran è aggravata dafattori imprevedibili, come un possibile attacco di Israele contro gli impianti nucleari di Teheran, che a loro volta s'intrecciano con la campagna elettorale americana: la destra repubblicana accusa Barack Obama di arrendevolezza nei confronti della Repubblica islamica (Mitt Romney), promette che in caso di vittoria appoggerà incondizionatamente Israele (Newt Gingrich), e invoca la necessità di bombardamenti preventivi contro l'atomica degli ayatollah (Rick Santorum).

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