Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
L'Iran condanna a morte un cittadino Usa per 'spionaggio' e continua con il piano nucleare Cronache di Maurizio Molinari, Daniele Raineri
Testata:La Stampa - Il Foglio Autore: Maurizio Molinari - Daniele Raineri Titolo: «Iran, 'spia' americana condannata a morte - Teheran oltrepassa le linee rosse una dietro l’altra e lo fa apposta»
Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 10/01/2012, a pag. 16, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " Iran, 'spia' americana condannata a morte ", preceduto dal nostro commento. Dal FOGLIO, in prima pagina, l'articolo di Daniele Raineri dal titolo "Teheran oltrepassa le linee rosse una dietro l’altra e lo fa apposta".
La STAMPA - Maurizio Molinari : " Iran, 'spia' americana condannata a morte"
Maurizio Molinari, Amir Mirzai Hekmati
Molinari scrive : " L’Agenzia atomica dell’Onu (Aiea) ha confermato da Vienna che Teheran ha iniziato l’arricchimento dell’uranio nello stabilimento di Fordow, nei pressi di Qom ". Notiamo con piacere che l'AIEA post el Baradei non mente più nel descirvere i progressi del nucleare iraniano. Se l'Onu fosse ciò che non è, el Baradei dovrebbe essere chiamato in tribunale per giustificare le menzogne che ha propinato per tutta la durata della sua presidenza. Ecco il pezzo:
«È un agente della Cia e sarà giustiziato»: è l’agenzia iraniana Fars a rendere pubblica la decisione di un tribunale di Teheran nei confronti di Amir Mirzai Hekmati, l’ex Marine di origine persiana accusato di essere una spia americana.
Dalla rivoluzione islamica del 1979 che portò alla caduta del regime dello Scià è la prima volta che un cittadino americano viene condannato a morte in Iran e ciò coincide con un momento di forti tensioni fra Teheran e Washington, evidenziato dalle minacce iraniane di bloccare la navigazione negli Stretti di Hormuz e il monito del Pentagono a non superare «questa linea rossa». Hekmati è un persianoamericano di 28 anni, nato in Michigan dove ha studiato legge per poi arruolarsi, nel 2001, nei Marines, dove ha servito fino allo scorso anno come traduttore dall’arabo per le truppe in Afghanistan per poi lasciare la divisa e passare a lavorare per una società privata che ha contratti con il Pentagono. La sua cattura è stata resa nota da Teheran con la trasmissione di un’intervista alla tv di Stato a metà dicembre, nella quale Hekmati si vedeva ammettere di essere stato assoldato dalla Cia per infiltrarsi in Iran.
A seguito di tali ammissioni si sarebbe svolto, secondo l’agenzia di stampa iraniana, un processo a porte chiuse durante il quale l’imputato è stato riconosciuto colpevole di essere stato «assoldato dalla Cia» e di aver «operato al servizio di una nazione ostile» al fine di implicare l’Iran in «trame terroristiche». Fonti iraniane hanno precisato alla stampa di Teheran che Hekmati era stato «osservato da nostri agenti nella base americana di Bagram in Afghanistan» e dunque «è stato arrestato prima ancora di mettere piede in Iran».
La vicenda segue di alcune settimane le rivelazioni libanesi sul successo ottenuto dagli Hezbollah nello sgominare una rete di informatori della Cia a Beirut, riuscendo anche a identificare un imprecisato numero di spie americane in Iran. Non si può dunque escludere che dietro l’arresto e la condanna di Hekmati vi sia una complessa vicenda di guerra di Intelligence fra Washington e Teheran che attraversa il Medio Oriente e potrebbe anche portare ad uno scambio di prigionieri, visto che i militari Usa detengono almeno quattro alti ufficiali dei pasdaran catturati in Iraq.
Al momento comunque la reazione di Washington è di negare ogni addebito nei confronti di Hekmati. Victora Nuland, portavoce del Dipartimento di Stato, parla di «accuse totalmente false contro un nostro cittadino come già avvenuto in altre occasioni in passato». La famiglia di Hekmati ha reagito con l’e-mail della madre, Benhaz, che si è detta «terrificata dall’esito di un processo che non è stato né giusto né pubblico» ribadendo che il figlio «era andato in Iran a trovare i nonni e non per altri motivi».
La notizia della condanna a morte coincide con gli sviluppi su un altro fronte di tensione con Iran. L’Agenzia atomica dell’Onu (Aiea) ha confermato da Vienna che Teheran ha iniziato l’arricchimento dell’uranio nello stabilimento di Fordow, nei pressi di Qom, per arrivare ad un grado del 20 per cento ben superiore al 3,5 per cento finora perseguito. L’impianto di Fordow venne denunciato da Usa, Gran Bretagna e Francia nel 2009 ed è stato ispezionato due settimane fa da una missione dell’Aiea che ha accertato la presenza di 348 centrifughe rispetto alle 8000 presenti nella centrale di Natanz.
Il FOGLIO - Daniele Raineri : " Teheran oltrepassa le linee rosse una dietro l’altra e lo fa apposta"
Daniele Raineri, Mahmoud Ahmadinejad
Roma. Martedì il governo dell’Iran vieta alle portaerei americane l’accesso al Golfo persico. Venerdì annuncia altre manovre navali in arrivo fra tre settimane, sarà provata davvero la chiusura dello Stretto di Hormuz, anche se l’ultima esercitazione che ha scatenato nervosismo sul mercato del greggio s’è chiusa da soli sette giorni. Sabato l’agenzia di stato Fars, vicina alle Guardie rivoluzionarie, annuncia che cominceranno altre esercitazioni questa volta di terra vicino al confine delicatissimo con l’Afghanistan e con le forze americane e inglesi. Domenica il capo dell’Organizzazione per l’energia atomica iraniana, Fereydoon Abbasi, dichiara a Kayhan, quotidiano vicino al governo, che nel sito sotterraneo di Fordo è cominciato l’arricchimento dell’uranio (la domenica precedente aveva annunciato un altro passo cruciale, la creazione della prima barra di combustibile nucleare). Anzi, la notizia atomica ha due versioni: in inglese, Kayhan dice che l’arricchimento dell’uranio comincerà presto; in lingua farsi – per il pubblico interno – dice che l’arricchimento è già iniziato. Il ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak, sostiene in pubblico e da tempo che il nuovo sito è troppo ben difeso e non si può attaccare. Lunedì una Corte condanna a morte un ex marine di origini iraniane, Amir Mirza Hekmati, con l’accusa di “collaborare con l’America nazione ostile e di spiare per la Cia”, sentenza che sarà eseguita entro venti giorni da ieri se non sarà rovesciata in appello. Il governo dell’Iran segue una politica deliberata di annunci traumatici per tenere alto il livello dello scontro con l’esterno, e sono scanditi a intervalli di giorni e in certi casi di ore. La tensione internazionale è una cosa ottima quando le cose non vanno bene all’interno, soprattutto con l’economia e con il sentimento popolare. Secondo Reuters, il prezzo degli alimenti di base è aumentato del 40 per cento negli ultimi mesi – che è la condizione che l’anno scorso scatenò l’ondata di rivolte popolari nei paesi arabi (e non avevano da sopportare il peso di sanzioni internazionali). In Iran gli sms che contengono la parola “dollaro” in lingua farsi ora sono bloccati. E’ una misura d’emergenza e fa parte di un pacchetto per allontanare una crisi monetaria devastante e appoggiare la quotazione ufficiale della valuta contro quella reale e pessimista dei cambiavalute di strada, a cui è stato vietato di lavorare a partire dalla settimana scorsa. Il rial iraniano ha perso il 40 per cento contro il dollaro da dicembre e meno se ne parla meglio è – meglio ancora se la parola svanisce dai discorsi privati. Il governo reagisce al mezzo disastro d’immagine subìto la scorsa settimana quando l’impatto della “più grande esercitazione navale della nostra storia” (secondo la definizione del comando iraniano), disegnata per ostentare la supremazia nazionale contro la flotta americana nel Golfo persico, è stato oscurato dalla vista di lunghe code di cittadini in fila per comprare i dollari che acquistano valore ogni giorno. Per non parlare dell’altro mezzo disastro d’immagine accaduto venerdì, quando le forze speciali americane hanno liberato 13 ostaggi iraniani in mano ai pirati somali da 45 giorni, partendo dalla stessa portaerei a cui il comandante in capo delle Forze armate, Ataollah Salehi, aveva intimato soltanto tre giorni prima di non fare più ritorno nel Golfo. Le conseguenze del rumore La politica della tensione deliberata dall’Iran ha il suo prezzo e mette in moto ingranaggi che hanno effetti reali. Giovedì notte i governi di Washington e di Gerusalemme hanno deciso all’ultimo minuto di dare notizia della “più grande manovra militare congiunta mai tenuta assieme” per bruciare sul tempo – poche ore – l’annuncio da parte di Teheran della nuova esercitazione nello Stretto di Hormuz che ne provocherà la chiusura. Arriveranno novemila soldati americani e una portaerei. Il generale del Pentagono Frank Gorenc, in Israele già da due settimane, sostiene che “più di un’esercitazione si tratta di uno spiegamento di forze”. Il suo capo, il segretario americano alla Difesa Leon Panetta, domenica ha detto in un’intervista al canale Cbs che “gli Stati Uniti non tollereranno il blocco dello Stretto di Hormuz, per noi è una linea rossa e reagiremo”. Lo stesso avvertimento era contenuto nel testo di un discorso del ministro alla Difesa inglese, Philip Hammond, distribuito ai giornalisti a Washington, ma poi il passaggio è stato eliminato per non concedere troppo a Teheran.
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