Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 09/01/2012, a pag. 16, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " L’Iran si fermi sulla linea rossa ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 19, l'articolo di Guido Olimpio dal titolo " Miami, via la console venezuelana sospettata di tramare con l'Iran ", a pag. 30, l'articolo di Guido Olimpio dal titolo " Sono serie le minacce dell'Iran? L'esperienza consiglia cautela ".
Ecco i pezzi:
La STAMPA - Maurizio Molinari : " L’Iran si fermi sulla linea rossa "


Leon Panetta con barack Obama, Maurizio Molinari
L’Iran inizia ad arricchire uranio in un impianto segreto alla vigilia della partenza di Mahmud Ahmadinejad per l’America Latina e Washington risponde con il capo del Pentagono, Leon Panetta: «Abbiamo due linee rosse, non varcatele».
Teheran moltiplica le sfide all’Amministrazione Obama. Il quotidiano «Kayan» svela che in un bunker sotterraneo nel complesso nucleare segreto di Fordo, nei pressi di Qom, è iniziato il processo di arricchimento dell’uranio in aperta sfida alle sanzioni dell’Onu mentre un altro giornale, il «Khorasan», fa sapere che le Guardie della Rivoluzione hanno lanciato manovre militari a ridosso del confine afghano, a pochi chilometri di distanza dalle truppe Usa. Il comandante delle stesse Guardie della Rivoluzione rilancia la minaccia dei giorni scorsi: «Se i nemici bloccheranno le esportazioni del nostro greggio, non consentiremo a una sola goccia di attraversare lo Stretto di Hormuz».
Il tutto avviene alla vigilia della partenza di Ahmadinejad per l’America Latina un viaggio di cinque giorni per consolidare i rapporti militari, di intelligence ed economici con Venezuela, Nicaragua, Cuba ed Ecuador. Teheran fa sapere di voler discutere anche «l’esportazione di tecnologia nucleare», all’evidente fine di aprire un nuovo fronte di attrito con l’Amministrazione Obama.
Per Ileana Ros-Lehtinen, presidente della commissione Esteri della Camera, quello di Ahmadinejad è un «tour dei tiranni» che minaccia gli interessi di Washington per via della presenza di cellule della «Forza Al Quds» dei pasdaran in più Paesi del Sud America.
L’escalation di provocazioni da parte di Teheran segue una settimana di esercitazioni navali e missilistiche nel Golfo Persico che ha testimoniato lo sviluppo di armi tese proprio a bloccare la navigazione attraverso lo Stretto di Hormuz. Da qui la decisione di Washington di recapitare alla Repubblica Islamica due espliciti messaggi. A farlo sono Leon Panetta, capo del Pentagono, e Martin Dempsey, capo degli Stati Maggiori Congiunti, dagli schermi della Cbs. «Abbiamo due linee rosse con l’Iran» dice Panetta, spiegando che la prima è «la produzione di un’arma atomica» e la seconda «il blocco della navigazione a Hormuz».
«Non tollereremo il loro superamento» sottolinea Panetta, misurando i termini affinché il messaggio sia esplicito. Vicino a lui, il generale Dempsey aggiunge: «Voglio che sappiano che disponiamo della capacità di eliminare la loro capacità nucleare» mentre riguardo allo Stretto «loro hanno gli strumenti per bloccare la navigazione e noi abbiamo quelli per impedirlo». Riguardo alla possibilità che Israele decida da sola di intervenire, Panetta osserva: «Con Israele abbiamo un interesse comune nell’impedire all’Iran di avere l'atomica, di promuovere il terrorismo e di destabilizzare la regione. L’approccio migliore è dunque lavorare assieme».
CORRIERE della SERA - Guido Olimpio : " Sono serie le minacce dell'Iran? L'esperienza consiglia cautela "

Mahmoud Ahmadinejad
L'Iran insiste. Se saranno adottate sanzioni contro il settore petrolifero i pasdaran bloccheranno lo stretto di Hormuz. E l'America risponde che la chiusura non sarà tollerata e punisce il Venezuela che fa da sponda a Ahmadinejad. Quanto è serio il confronto? Le minacce di Teheran sono soltanto esercizi di propaganda? Meglio andarci cauti. In tutti sensi.
Gli esperti militari ritengono che l'Iran sul piano tecnico possa creare fastidi alla navigazione. Tuttavia sul lungo termine l'Us Navy, con gli alleati, ha i mezzi per tenere aperta la via d'acqua. Il punto è a quale costo. Washington si è faticosamente tirata fuori dall'Iraq e ora potrebbe essere chiamata a intervenire, in modo pesante, nel Golfo. Hormuz non può diventare una forca caudina gestita da Ahmadinejad o dai pasdaran. Ma al tempo stesso la Casa Bianca deve evitare le molte insidie seminate lungo le rotte del petrolio. Davanti non ha un blocco monolitico e a Teheran c'è chi ama la teoria dello scontro. Per vocazione e perché — come ha rivelato uno studio elaborato per la Guida Alì Khamenei — ritengono che il nemico non abbia abbastanza stomaco per incrociare le spade.
Non c'è dubbio che il regime — molto diviso — ama le sortite forti. E in passato ha trovato modo di fermarsi prima della deflagrazione. Chiudere Hormuz sarebbe disastroso anche per l'Iran. Ma è altrettanto vero che le provocazioni, anche estreme, sono nel dna dei mullah. È ancora il passato a spiegare il futuro. In momenti di difficoltà interna, i dirigenti iraniani non hanno esitato a cercare frizioni. O persino a lanciarsi in avventure rischiose. L'occupazione dell'ambasciata americana a Teheran, seguita dalla lunga presa di ostaggi, rappresenta un simbolo ma anche un modus operandi. Chi comanda in Iran è razionale, però può essere tentato da mosse «pazze». La storia dello stretto per gli ayatollah diventa così un test per misurare la reazione Usa e comprendere fino a che punto Barack Obama è pronto a spingersi. Possono perdere un pugno di pasdaran e qualche motoscafo e poi affermare di aver vinto. A Teheran i «martiri» non sono soldati da piangere ma esempi da seguire.
CORRIERE della SERA - Guido Olimpio : " Miami, via la console venezuelana sospettata di tramare con l'Iran "

Livia Acosta Noguera
WASHINGTON — Il confronto Iran-Usa supera lo stretto di Hormuz e si allunga fino all'America Latina. Il Dipartimento di Stato ha ordinato l'espulsione del console venezuelano a Miami, Livia Acosta Noguera. Una ritorsione ad un presunto episodio di guerra informatica organizzato, nel 2006, da Venezuela e Iran contro gli Usa. Immediata la smentita del presidente Hugo Chávez: «Washington si è inventata il "complotto" — ha detto Chávez nel corso del suo programma Tv Aló presidente —. La minaccia in realtà è nei nostri confronti».
Il caso era emerso alla metà di dicembre, ma Washington ha deciso di usarlo in queste ore per lanciare un messaggio preciso. Da oggi sarà in America Latina il presidente iraniano Ahmadinejad che visiterà Venezuela, Nicaragua, Cuba e Ecuador. Una missione che rientra nella «strategia periferica» dell'Iran che ha tre obiettivi: creare strutture per aggirare le sanzioni; ampliare i rapporti con Paesi avversari degli Usa; estendere la presenza diplomatica e segreta (con agenti dell'Armata Qods) nella regione.
Un'offensiva sorvegliata dagli Stati Uniti e Israele, che hanno più volte segnalato le ramificazioni khomeiniste. E proprio nell'ambito di questi rapporti — sostengono le autorità statunitensi — sarebbe nato il piano di cyberwar, un progetto per introdursi via Internet in impianti sensibili degli Usa. Nel mirino centri legati alla difesa, industrie e siti nucleari. Livia Acosta Noguera, nel 2006, era basata in Messico ed è qui che avrebbe iniziato un'attività di reclutamento tra gli studenti della celebre Unam, l'università della capitale. Nell'operazione sarebbero poi entrati personaggi iraniani, alcuni dei quali vicini ai servizi segreti. In base ad una ricostruzione l'avvio del progetto è coinciso con il viaggio del presidente venezuelano Chávez a Teheran.
Le rivelazioni sugli hacker seguono le informazioni sulla rete di trafficanti di droga, attiva tra Canada, Usa e Sudamerica, dove la figura chiave era un esponente degli Hezbollah.
Diverse indagini hanno mostrato come il tandem Hezbollah-Iran stia lavorando da anni nello scacchiere latino. I Pasdaran — e l'Armata Qods — delegano agli alleati libanesi molte attività riservate. Dallo spionaggio alla creazione di avamposti, sotto la copertura di imprese commerciali. L'isola di Margarita in Venezuela, Ciudad del Este in Paraguay e altre località — una anche a Cuba — sono diventate punti d'appoggio essenziali. Teheran ha poi usato un collegamento aereo con il Venezuela per trasferire materiale e personaggi sospetti.
Una cooperazione che agli occhi degli Usa diventa ancora più grave in queste settimane di tensione con l'Iran. Gli iraniani hanno ribadito ieri la volontà di chiudere Hormuz in caso di nuove sanzioni, hanno annunciato la cattura di una spia americana accusandola di possibili sabotaggi ed hanno rivelato progressi nella ricerca nucleare.
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