lunedi` 12 maggio 2025
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



Clicca qui






Corriere della Sera - Il Foglio Rassegna Stampa
06.01.2012 Iran, sanzioni. Quale sarà ruolo della Cina ?
commenti di Franco Venturini, Daniele Raineri

Testata:Corriere della Sera - Il Foglio
Autore: Franco Venturini - Daniele Raineri
Titolo: «Sanzioni europee sul petrolio iraniano, maggiori rischi se interviene la Cina- Con il rischio sanzioni lady spread si mangia anche il regime iraniano»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 06/01/2012, a pag. 34, l'articolo di Franco Venturini dal titolo " Sanzioni europee sul petrolio iraniano, maggiori rischi se interviene la Cina ". Dal FOGLIO, in prima pagina, l'articolo di Daniele Raineri dal titolo "Con il rischio sanzioni lady spread si mangia anche il regime iraniano ".
Ecco i due articoli:

CORRIERE della SERA - Franco Venturini : " Sanzioni europee sul petrolio iraniano, maggiori rischi se interviene la Cina "


Franco Venturini

Dopo il tempo delle minacce e delle dimostrazioni missilistiche l'Iran ha rilanciato ieri sondaggi pre-negoziali con la Turchia e con la Russia, ma in assenza di impegni più concreti che permettano di discutere seriamente i programmi nucleari di Teheran i governi europei sembrano questa volta decisi ad alzare il livello delle sanzioni includendovi le importazioni di petrolio. Un accordo di principio è stato raggiunto in dicembre, e ieri si sono messi all'opera i gruppi di lavoro incaricati di fissare calendario e modalità con l'intento di perfezionare l'intesa entro la fine di gennaio. L'Italia, la Spagna, la Grecia e il Belgio, che importano greggio iraniano, hanno dato un consenso condizionato. Non si tratterà comunque di un embargo (cioè di un blocco totale) bensì di una riduzione significativa nelle importazioni, con il caveat, da parte italiana, che l'intesa non riguarderà quel petrolio che l'Eni riceve dall'Iran a titolo di pagamento di crediti pregressi. Sin qui le importazioni da Teheran hanno coperto il tredici per cento del fabbisogno italiano, e bisognerà dunque provvedere a compensare il loro taglio (probabilmente importando di più dall'Arabia Saudita). Inoltre, si vuole evitare di incidere troppo negativamente sul prezzo internazionale del greggio. Ma a dispetto di queste cautele, il colpo per l'Iran si annuncia durissimo. Nel 2010 la Ue ha acquistato l'8 per cento delle esportazioni di Teheran, e l'Iran, secondo produttore dell'Opec, trae dalla vendita del greggio l'80 per cento dei suoi introiti in valuta. Beninteso è possibile che la Cina, sempre assetata di petrolio, subentri anche questa volta ai mancati acquisti europei. Ma c'è da sperare che Pechino non lo faccia, o non lo faccia subito. Soltanto così Ahmadinejad e Khamenei potrebbero ricevere il messaggio che l'Europa, assieme agli Usa, vuole far giungere a Teheran: il tempo sta per scadere, siamo giunti a sanzioni che avremmo voluto evitare, dopo resta soltanto la catastrofica ipotesi del ricorso alla forza.

Il FOGLIO - Daniele Raineri : " Con il rischio sanzioni lady spread si mangia anche il regime iraniano "


Daniele Raineri

Roma. La Banca centrale dell’Iran perde la sua battaglia contro le monete straniere e contro il mercato locale dell’oro. Per anni e a dispetto dell’inflazione a due cifre l’imperativo della politica monetaria di Teheran è stato uno soltanto, stringere il divario o almeno non restare indietro nella gara contro il dollaro – anche senza riuscire a tenere la leggendaria parità tra rublo e moneta americana nell’Unione sovietica della Guerra fredda. Ma negli stessi giorni in cui il mondo seguiva le manovre belliche nel Golfo e le minacce di routine sulla chiusura dello Stretto di Hormuz – le stesse, ogni anno, dal 1979 – il rial iraniano ha continuato a evaporare: ha perso il 40 per cento contro il dollaro negli ultimi quattro mesi e di questa perdita colossale la metà è arrivata nelle ultime due settimane. Il governatore Mahmoud Bahmani ha gettato agli acquirenti iraniani 200 milioni di dollari in un giorno per fermare la svalutazione, il governo ha dato pubbliche rassicurazioni sul fatto che la moneta si è ripresa il 20 per cento del suo valore. L’economia reale però non mente e se la settimana scorsa nei negozi della capitale si poteva trovare l’iPhone 4 da 16 giga della Apple per 9.400.000 rial, due giorni fa il prezzo è salito a 14.500.000 rial (il prezzo vero è rimasto invariato, attorno ai 650 dollari americani). Gli iraniani perdono fiducia nella moneta nazionale e tentano di liberarsi del capitale in rial e di passare ad altri asset, come il dollaro americano o persino, in mancanza di meglio, l’acciaio, che tende a conservare meglio il suo valore in confronto al soldo. Così, mentre i lanci dell’agenzia di stato Fars dicono che “una portaerei americana scappa dal Golfo inseguita da unità navali dell’Iran”, i cambiavaluta nella capitale alzano sulla porta il cartello “chiuso” oppure lavorano a mezzo servizio con l’ordine di non vendere dollari alla gente che già si organizza in lunghe file. “Supremazia”, così il regime ha chiamato i dieci giorni di esercitazioni navali nello Stretto di Hormuz per mostrare i muscoli alla Quinta flotta degli Stati Uniti nel Golfo, si conclude con il divieto materiale fatto agli iraniani di comprare dollari americani, altrimenti si scatenerebbe la corsa. Durante i sei anni e mezzo della presidenza di Mahmoud Ahmadinejad sono entrati nelle casse del Tesoro almeno 475 miliardi di dollari grazie al prezzo alto del greggio, che il governo vende alla Banca centrale in cambio di rial per tenere il valore della moneta nazionale a livelli dignitosi. La moneta straniera funziona essenzialmente da controvalore per il rial. Ora che l’Unione europea e gli Stati Uniti si sono accordati “in principio” su nuove, micidiali sanzioni che bloccano l’acquisto di petrolio, il fiume di moneta straniera in arrivo da fuori è destinato a diventare un rivolo insufficiente. Il governo dell’Iran sta anche accaparrando oro, in quantità molto superiori a quelle dichiarate al Fondo monetario internazionale, nel tentativo accelerato di diversificare le proprie riserve con qualcosa che non sia il dollaro americano. Negli ultimi dieci anni Teheran è stato uno dei compratori maggiori di lingotti sul mercato mondiale dopo Cina, Russia e India (paesi di dimensioni maggiori) e ora è una tra le prime venti riserve auree al mondo. Il governatore della Banca centrale Bahmani sostiene di avere abbastanza valuta straniera e oro da fare fronte a qualsiasi domanda interna per i prossimi 10 o anche 15 anni, ma non dice a quale ritmo di richieste e a quale prezzo. Alle condizioni attuali – dice Amir Naghshineh- Pour, analista iraniano dell’americana Vesta capital, un’agenzia di consulenza su moneta e settore energetico – “potrebbero consumarsi in un lampo se la gente perdesse di colpo la fiducia nel rial, come tutti gli indicatori segnalano con chiarezza”. Lo spread tra la valutazione ufficiale del cambio tra rial e dollaro e la valutazione fatta dai cambiavalute in strada – anche se ora è legalmente congelata – cresce e lambisce un governo che non ha contromisure a disposizione. I motivi della svalutazione arrivano da fuori, sono legati alle nuove sanzioni promesse dal presidente americano, Barack Obama, contro il programma nucleare e anche all’avvicinarsi delle elezioni parlamentari, il prossimo due marzo, da cui i partiti cosiddetti “riformisti” sono stati esclusi e in cui s’affrontano due schieramenti entrambi conservatori e che percepiscono l’inequivocabile montare del malumore popolare.

Per inviare la propria opinione a Corriere della Sera e Foglio, cliccare sulle e-mail sottostanti


lettere@corriere.it
lettere@ilfoglio.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT