lunedi` 12 maggio 2025
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



Clicca qui






La Repubblica - La Stampa Rassegna Stampa
04.01.2012 Iran: continua il braccio di ferro con gli Usa nello stretto di Hormuz
cronaca di Vanna Vannuccini, commento di Claudio Gallo

Testata:La Repubblica - La Stampa
Autore: Vanna Vannuccini - Claudio Gallo
Titolo: «Niente portaerei Usa nel Golfo o agiremo - Teheran gioca con il fuoco ma non è folle»

Riportiamo da REPUBBLICA di oggi, 04/01/2012, a pag. 16, l'articolo di Vanna Vannuccini dal titolo " Niente portaerei Usa nel Golfo o agiremo ". Dalla STAMPA, a pag. 14, l'articolo di Claudio Gallo dal titolo " Teheran gioca con il fuoco ma non è folle ".
Ecco i due pezzi:

La REPUBBLICA - Vanna Vannuccini : " Niente portaerei Usa nel Golfo o agiremo "


Faezeh Rafsanjani, figlia dell'Ayatollah Rafsanjani, arrestata e condannata a sei mesi di carcere

Le esercitazioni della Marina militare iraniana nel Golfo persico sono terminate, ma il braccio di ferro con l´Occidente continua. L´Iran ha minacciato di "agire" nel caso che gli Stati Uniti rimandino nel Golfo Persico una portaerei, come era avvenuto in questi giorni. «La portaerei americana è stata trasferita nel Golfo dell´Oman e raccomando vivamente che non torni indietro. Se lo facesse agiremo. E non lo ripeteremo due volte» ha detto il generale Salehi, comandante delle Forze armate di Teheran. È la dichiarazione più aggressiva dopo settimane di provocazioni e minacce cominciate dopo l´annuncio di nuove sanzioni americane ed europee. Puntualmente un portavoce della Difesa americana ha ribattuto che il dispiegamento della marina nel Golfo continuerà: «Si tratta di movimenti programmati per la stabilità della regione». Ma poi il Pentagono ha moderato i toni: «Il nostro interesse è garantire la sicurezza del traffico marittimo, ma nessuno cerca lo scontro su Hormuz. È importante abbassare la temperatura».
Dopo anni di sanzioni morbide, che il regime iraniano ha aggirato senza difficoltà, il provvedimento firmato da Obama il 31 dicembre mette in gioco per la prima volta sanzioni che possono paralizzare l´economia iraniana. L´Iran non esporterebbe più petrolio (che costituisce il 70 per cento dell´export): un blocco dello Stretto di Hormuz alla rovescia. Le nuove sanzioni colpiscono infatti tutte le istituzioni finanziarie che abbiano rapporti con la Banca centrale iraniana, attraverso cui passava ormai il denaro pagato per il petrolio iraniano dai Paesi importatori. In due giorni la moneta iraniana, il rial, è crollato: ce ne vogliono 16.000 per comprare un dollaro, fino a ieri ne bastavano 11.600. A Teheran si sono viste code davanti alle banche per comprare dollari, ma le banche non vendono più valuta. Perfino la Cina, il maggiore acquirente di petrolio iraniano e contraria alle nuove sanzioni, ha ridotto di quasi la metà le sue importazioni di petrolio iraniano sostituendolo con quello russo e vietnamita (e chiedendo all´Iran sconti per quello che continua a comprare).
Il pericolo maggiore è che accanto alla retorica belligerante non ci sia l´ombra di un´azione diplomatica, mai come oggi indispensabile, dice Trita Parsi, presidente dell´Associazione degli iraniani americani e firmatario di un appello a negoziare rivolto a Obama da numerosi esperti e diplomatici: una richiesta utopica nell´attuale campagna elettorale americana. Mentre la Marina sparava missili nel Golfo, esponenti del governo iraniano hanno rilanciato i negoziati con la Ue sul nucleare, interrotti un anno fa, ma l´Ue ha ribattuto che aspetta la risposta a una lettera inviata agli iraniani. Alain Juppé ha chiesto all´Europa di allinearsi con le sanzioni americane (la decisione europea è attesa a fine mese) e gli Usa hanno cominciato a riarmare i Paesi arabi amici, o comunque nemici del nemico.
La situazione può sfuggire di mano anche a causa delle crescenti tensioni politiche interne al regime, provocate da una lotta senza quartiere tra fautori del Leader supremo Khamenei (primo fra tutti il comandante dei Pasdaran Qassem Suleimani) e sostenitori di Ahmadinejad (che sembra aver perso terreno negli ultimi mesi), mentre si preparano le legislative che il regime considera una prova della propria legittimità. Ieri Faezeh Rafsanjani, figlia dell´ex presidente ed ex deputata che nel 2009 era stata vicina ai riformatori, è stata condannata "per propaganda contro il regime" a sei mesi di carcere e al divieto di attività politica per cinque anni. Il giorno prima il sito web del padre era stato bloccato dal regime, una misura impensabile fino a poco fa. Il boicottaggio delle elezioni (auspicato dai riformatori) sarà considerato un reato penale, ha detto la magistratura, mentre i Pasdaran hanno annunciato che anche loro, dopo la Marina, daranno il via a esercitazioni nel Golfo.

La STAMPA - Claudio Gallo : " Teheran gioca con il fuoco ma non è folle "


stretto di Hormuz

Nel trafficato Stretto di Hormuz la tensione resta alta nonostante le manovre militari iraniane che simulavano un blocco del traffico navale si siano concluse. Il capo di stato maggiore di Teheran, generale Atahollah Salehi, ha avvertito la portaerei americana Stennis, appena transitata attraverso lo Stretto proprio per ricordare che «America rules the waves», di non farsi più vedere. Mentre Salehi indirizzava teatrali minacce a un nemico immensamente più forte, il portavoce del ministero degli Esteri diceva di aspettare che la Ashton decida date e modi per riprendere il dialogo sul nucleare con i 5 del Consiglio Onu più la Germania. L’Iran è talvolta rappresentato come una «Spectre» che ha come scopo il male. Invece, per quanto il regime degli ayatollah sia odioso (specialmente per un’ampia parte della propria popolazione) va considerato come un soggetto che persegue scopi razionali attraverso processi politici permeabili alle contraddizioni. Esattamente come qualsiasi altro Stato. La minaccia di Teheran di chiudere lo Stretto ha davanti un fondamentale «se»: se l’Occidente colpirà con nuove sanzioni la banca centrale rendendo impossibile la commercializzazione del greggio. Prospettiva letale per un Paese che si appoggia alla stampella del petrolio e la cui economia, piegata dalle sanzioni, rischia di «cessare di esistere», come ha detto il conservatore Habiballah Asgaroladi. Ma il contesto è più complicato: la maggior parte degli analisti americani crede che la minaccia di chiudere lo Stretto sia un bluff. Nonostante una reazione disperata potrebbe ignorarlo, il Golfo resta per l’Iran e per il suo alleato cruciale Pechino la principale porta dei commerci, non solo petroliferi. Il blocco condurrebbe Teheran a una guerra con Washington che può solo essere perduta. Il conflitto si allargherebbe all’intera regione e i prezzi del petrolio, già saliti per la minacce di questi giorni, andrebbero alle stelle, colpendo le anemiche economie occidentali. Anche se in gradi diversi, un conflitto danneggerebbe tutti, Teheran è il primo a saperlo. Tuttavia, in un clima esasperato da retoriche giocate per usi interni (lo scontro Khamenei-Ahmadinejad in Iran e le presidenziali in America), il rischio è che uno stupido incidente dia fuoco a quelle polveri che nessuno aveva intenzione di accendere. La diplomazia resta l’unica scelta sensata.

Per inviare la propria opinione a Repubblica e Stampa, cliccare sulle e-mail sottostanti


rubrica.lettere@repubblica.it
lettere@lastampa.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT