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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Foglio - Corriere della Sera Rassegna Stampa
28.12.2011 Siria, inizia la farsa degli osservatori della Lega Araba
analisi di Redazione del Foglio. Roberto Tottoli ci casca e prende sul serio la delegazione

Testata:Il Foglio - Corriere della Sera
Autore: Redazione del Foglio - Roberto Tottoli
Titolo: «Lega araba in tour - L'obiettivo dei mediatori in Siria impedire una guerra di religione»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 28/12/2011, a pag. 3, l'editoriale dal titolo " Lega araba in tour ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 39, l'articolo di Roberto Tottoli dal titolo " L'obiettivo dei mediatori in Siria impedire una guerra di religione ", preceduto da un nostro commento.
Ecco i pezzi:

Il FOGLIO - "Lega araba in tour"


Lega Araba           Bashar al Assad

Non ci fosse la catastrofe di proporzioni immense con seimila morti che si aggrava ogni giorno, se sullo sfondo non ci fosse la rivolta araba finita peggio di tutte, allora l’arrivo degli osservatori della Lega araba in Siria sarebbe materiale da commedia italiana in bianco e nero. Totòtruffa. A Idlib, nel nord del paese, l’opposizione accusa il regime di avere girato i cartelli per confondere le idee agli osservatori. L’opposizione contesta anche il fatto che sia il regime a fornire i mezzi e i guidatori con cui gli osservatori viaggiano, è già di per sé un imbroglio con itinerari decisi a priori.
E che a Homs i soldati si siano ritirati durante il sopralluogo della commissione, ma soltanto per la pausa pranzo, e poi siano tornati a massacrare. Si teme che il regime voglia giocare a rimpiattino con i problemi, portando gli osservatori a spasso senza mai incrociare le aree della protesta e della violenza vera, oppure attraversandole al momento esatto in cui sono deserte e i soldati non stanno sparando.
Una messinscena di regime, per dare un contentino alla Lega araba, da cui pure la Siria dipende. Del resto Damasco ha accusato al Jazeera di avere inscenato la presa di Tripoli da parte dei ribelli libici su un qualche set allestito in mezzo al deserto, e poi di averla trasmessa per spaventare gli arabi creduloni.
E’ la chiara proiezione di un desiderio e di un disegno interiore. Lo stato mentale è quello, magnificato dalla risposta rivelatoria del presidente Bashar el Assad a Barbara Walters di Abc: “Chi uccide il proprio popolo è un pazzo”. Il nitore di un sillogismo in mezzo al furore della strage. A Idlib, la città dai cartelli girati, la settimana scorsa l’esercito siriano ha fatto almeno 110 morti, in maggioranza disertori uccisi con le mani legate – a sangue freddo. A Homs ieri i carri armati hanno sparato fino all’ultimo minuto utile tra le vie della città, ad alzo zero contro civili, nel quartiere di Bab Amro, prima che arrivassero gli osservatori della Lega araba in tour. “L’elemento sorpresa ci sarà – assicura l’osservatore Mohammed Salem al Kaaby, degli Emirati arabi uniti – informeremo le autorità siriane su dove andremo il giorno stesso in cui le visiteremo, così non ci sarà tempo per sviarci o per cambiare le cose”. I
l fatto che la delegazione sia guidata dal generale sudanese Mohamed al Dabi, capo dei servizi segreti durante gli anni dell’eccidio nel Darfur, aggiunge un altro elemento di amarezza surreale. “Chi meglio di lui può vedere i crimini contro la popolazione civile? E’ un intenditore”, è il commento più benevolo che si raccoglie dentro l’opposizione. Eppure ieri a Homs l’arrivo degli stranieri ha galvanizzato la popolazione, che ha risposto con una manifestazione da 70 mila persone. In mancanza di meglio, ecco gli evviva anche per un generale sudanese.

CORRIERE della SERA - Roberto Tottoli : " L'obiettivo dei mediatori in Siria impedire una guerra di religione "


Roberto Tottoli

La Lega Araba, composta interamente di dittature islamiche, ha mandato i suoi osservatori a controllare la situazione in Siria. Una farsa che nemmeno i siriani hanno preso sul serio. Solo Tottoli riesce a vedere un'utilità in questa commedia. La via dell'inferno è lastricata di buone intenzioni, scambiare per seria la delegazione della Lega Araba significa semplicemente sottovalutare la situazione e permettere a Bashar al Assad di continuare a massacrare la popolazione. In Siria non c'è in atto nessuna guerra di religione. Il dittatore manda l'esercito contro la popolazione per soffocare le rivolte.
Ecco il pezzo

Il tentativo di questi giorni della Lega araba è probabilmente l'ultima possibilità politica prima di una guerra civile in Siria. Ma l'ingresso a Homs degli osservatori arabi, dopo l'ennesimo massacro e la consueta sanguinosa repressione governativa, è stato salutato da decine di migliaia di irriducibili manifestanti e da disordini e sparatorie in alcuni quartieri. Nessuno pare intenzionato a recedere dalle proprie posizioni.
Tale situazione rafforza i timori di un dissolvimento confessionale e di un confronto sanguinoso lungo i confini settari delle numerose comunità religiose che vivono in Siria. L'opposizione antigovernativa si fa forza del sostegno sunnita dei tanti disertori ai confini con la Turchia, dei manifestanti di piazza e forse, dai giorni scorsi, dell'intervento qaedista che ha rivendicato gli attentati di Damasco affermandone la loro funzione anti-sciita e anti-Iran. La politica della famiglia Al Assad, all'insegna della difesa e cooptazione delle tante minoranze religiose interne, rischia di esporle tutte quante ai desideri di rivincita della maggioranza sunnita e agli appetiti della militanza islamica internazionale. La comunità sciita alauita, a cui appartiene la famiglia Al Assad, sarà la prima a pagare la violenta repressione di questi mesi. La minoranza cristiana vive con pari apprensione il precipitare della situazione e sa che una rivincita sunnita, magari con aiuti di stampo salafita, potrebbe costare molto cara e determinarne il dissolvimento.
Con l'Iraq ai confini sul punto di esplodere in un simile conflitto con coloriture settarie e confessionali, e dove la maggioranza sciita attende la sua rivincita, la Siria può aprire un ulteriore spazio di instabilità e di sanguinosi regolamenti dei conti. E con risultati, al di là degli effetti politici inevitabili, non meno gravidi di conseguenze per gli assetti religiosi della regione: un solco sempre più profondo tra sunniti e sciiti, e la fine tragica di comunità cristiane dalle tradizioni millenarie.

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