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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Giornale - Il Foglio Rassegna Stampa
06.12.2011 L'Iran ora gode anche dell'appoggio dell'Argentina
Mentre gli Usa prendono sul serio la Turchia come argine agli ayatollah. Commenti di Fiamma Nirenstein, Redazione del Foglio

Testata:Il Giornale - Il Foglio
Autore: Fiamma Nirenstein - Redazione del Foglio
Titolo: «Se la Kirchner fa il doppiogioco con gli ayatollah - Leading from Ankara»

Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 06/12/2011, a pag. 18, l'articolo di Fiamma Nirenstein dal titolo "Se la Kirchner fa il doppiogioco con gli ayatollah " . Dal FOGLIO, a pag. 3, l'editoriale dal titolo " Leading from Ankara" , preceduto dal nostro commento.
Ecco i pezzi:

Il GIORNALE - Fiamma Nirenstein : " Se la Kirchner fa il doppiogioco con gli ayatollah "


Fiamma Nirenstein, Cristina Fernandez Kirchner

Tutti stiamo qui a chiederci «che si fa con l'Iran?» ora che forse addirittura la bomba è alle ultime fasi di montaggio oppure sta già negli scantinati degli ayatollah. Le sanzioni basteranno? A chi? Alla banca centrale? Ai privati? Da chi? Multilaterali? Bilaterali? E se non basteranno, allora occorre considerare l'ipotesi militare prima che l'arma atomica ci metta in stato di ricatto senza speranza, in balia oltre che dell'Iran stesso anche della Siria, degli Hezbollah, di Hamas? Il mondo se lo chiede. Ma alla solita compagnia della Cina, della Russia, della Corea del Nord ecco che, fra quelli cui non importa, arriva l'Argentina. La presidente Cristina Fernandez Kirchner dichiara che vuole impegnarsi nel dialogo con l'Iran, dato che gliel'ha chiesto, noblesse oblige.
Quando Ahmadinejad all'Onu minacciava Israele e Usa, sotto gli occhi attoniti dei delegati occidentali che uscivano alle sue parole il delegato argentino Arguello, che la volta prima se ne era andato, è rimasto in ascolto. Un diplomatico occidentale ci dice che su molte questioni l'Argentina fa affari e politica con l'Iran. É l'atteggiamento adottato da Chavez in Venezuela, e da Evo Morales in Bolivia: appoggiando l'Iran pensano a una rivincita antioccidentale. Ma l'Argentina paga un prezzo inaffrontabile: nel 1994 un attacco terroristico al Centro Ebraico di Buenos Aires uccise 85 persone; due anni prima l'ambasciata israeliana esplose, 29 morti. La rivendicazione della Jihad Islamica portò sulla tracce degli Hezbollah e dell'Iran. Dopo molti silenzi il presidente Kirchner dieci anni dopo riaprì il caso, e Rafsanjani divenne ufficialmente un indagato. Oggi i sospetti sull'Iran sono condivisi da tutto il mondo occidentale anche se difficilmente li vedremo tradotti in arresti. L'Iran ha gonfiato il volume del commercio con l'Argentina fino a un miliardo e mezzo di dollari l'anno. Tutti quei morti non avranno giustizia, e l'Iran ha un sostenitore dei suoi diritti atomici che minacciano il mondo.
www.fiammanirenstein.com

Il FOGLIO - " Leading from Ankara "

Non comprendiamo la visione salvifica della Turchia che hanno Usa e, di riflesso, la redazione del Foglio. Il fatto che, al momento, la Turchia non abbia buoni rapporti con l'Iran non significa che sia una democrazia, nè cancella il dato di fatto che, nei mesi scorsi, Erdogan si sia opposto alle sanzioni contro il nucleare iraniano.
Ecco il pezzo:


Recep Erdogan

Joe Biden è arrivato ad Ankara per sottolineare la ritrovata sintonia con la Turchia di Erdogan, anche se pesa ancora, sul sorriso finale, il dossier israeliano: dopo il blitz dell’esercito di Gerusalemme sulla nave turca che andava a violare l’embargo di Gaza (9 morti) i rapporti turco- israeliani si sono incrinati pericolosamente.
Ma la Turchia è tornata un centro strategico fondamentale, e non a caso gli emissari dell’Amministrazione Obama frequentano con solerzia i palazzi turchi: è ricominciata la partnership militare, compresa la collaborazione sullo scudo missilistico che fa inorridire la Russia, e Washington conta su Erdogan nella gestione delle crisi della regione.
Secondo alcune fonti, è Ankara il nuovo strumento dell’arcinota strategia obamiana “leading from behind”: lasciare che sia Erdogan a guidare il regime change in Siria (così come gli europei erano stati gli strumenti del crollo libico). Per questo Teheran manda anatemi quotidiani contro Ankara: l’insofferenza iraniana è uno dei successi del riorientamento turco nella regione. Che fare a Damasco, sosteniamo Assad o lavoriamo a un post Assad in opposizione alla Fratellanza musulmana sunnita ormai entrata nell’orbita turca?, si chiedono i leader iraniani.
Nell’indecisione, minacciano: se Hamas lascia la sede a Damasco, l’Iran taglierà i fondi. Ma Hamas ha già lasciato la Siria, un po’ perché nessuno di questi tempi ama stare a Damasco, e un po’ perché ha ritrovato la sua comoda casa nell’Egitto guidato dalla Fratellanza.

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