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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Giornale - Libero - Corriere della Sera Rassegna Stampa
05.12.2011 Con l'islam non c'è democrazia. Per l'Egitto un futuro di sharia
commento di Magdi C. Allam, cronache di Carlo Panella, Cecilia Zecchinelli

Testata:Il Giornale - Libero - Corriere della Sera
Autore: Magdi Cristiano Allam - Carlo Panella - Cecilia Zecchinelli
Titolo: «L'Occidente impari dall'Egitto: con l'islam non c'è democrazia - Spiagge separate e legge del taglione. In Egitto gli islamisti sono al 65% e si sente - Noi donne egiziane adesso temiamo una deriva iraniana»

Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 05/12/2011, a pag. 14, l'articolo di Magdi Cristiano Allam dal titolo " L'Occidente impari dall'Egitto: con l'islam non c'è democrazia ". Da LIBERO, a pag. 17, l'articolo di Carlo Panella dal titolo " Spiagge separate e legge del taglione. In Egitto gli islamisti sono al 65% e si sente". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 29, l'articolo di Cecilia Zecchinelli dal titolo " Noi donne egiziane adesso temiamo una deriva iraniana ".
Ecco i pezzi:

Il GIORNALE - Magdi C. Allam : " L'Occidente impari dall'Egitto: con l'islam non c'è democrazia "


Magdi C. Allam

Ora basta! Dopo la Tunisia, la Libia e il Marocco, gli integralisti e gli estremisti islamici sono al potere anche in Egitto. Lancio una supplica ai giornalisti: non chiamatela più «Primavera araba! Prendete atto che non si è trattato di una rivolta popolare perla libertà e la democrazia, che non è affatto nata dallo slancio spontaneo delle masse e che sarebbe stata successivamente tradita dalla ferocia dell'esercito edalla spregiudicatezza degli islamici. E una supplica ai politologi: non perdete altro tempo a fare paragoni con il nostro Risorgimento o il crollo del Muro di Berlino, rassegnatevi al fatto che la nostra Democrazia Cristiana non ha nulla a che fare coni movimenti islamici che fondandosi sui dogmi non interpretabili, assoluti, universali ed eterni del Corano e sul pensiero non criticabile di Maometto sono inequivocabilmente incompatibili conia democrazia sostanziale e con i diritti fondamentali della persona. E una supplica al Vaticano e alle altre Chiese cristiane: se credete nella verità unica di Gesù smettetela di legittimare l'islam come religione di pari valore e dignità dell'ebraismo e del cristianesimo, mettete al bando la litania delle tre grandi religioni monoteiste, rivelate e abramitiche che pregherebbero lo stesso Dio e amerebbero in ugual modo il prossimo. E una supplica ai politici al governo dell' Occidente: affrancatevi dalla logica del male minore, non scommettete sui Fratelli Musulmani che sono i terroristi islamici taglia-lingua per liberarvi di Al Qaeda che sono i terroristi islamici taglia-lingua; non date in pasto alla Turchia di Erdogan e a un nuovo califfato ottomano le sorti dei popoli sulle sponde meridionale e orientale del Mediterraneo, sostenendo che Erdogan che nel 1998 fu arrestato e in-carceratoperincitamentoall'odioreligio-so dopo aver letto in pubblico una poesia che recita «i minareti sono le nostre baionette, le cupole sono i nostri elmetti, le moschee sono le nostre caserme», sarebbe laico, democratico e amico dell'Occidente. Ora basta! Evidentemente la storia non ci ha insegnato nulla, ci siamo rapidamente dimenticati che anche Hitler, Mussolini, Khomeini e i despoti della nostra era contemporanea sono arrivati al potere attraverso il rito delle elezioni, imponendo subito dopo la loro dittatura. Non abbiamo compreso chele elezioni non sostanziano e non esauriscono la democrazia ma sono soltanto uno strumento della democrazia che si prestano ad essere strumentalizzate dai nemici della democrazia per legittimare la dittatura. Ora basta! Rendiamoci conto che ovunque attorno a noi gli integralisti egli estremisti islamici islamici stanno conquistando il potere: Siria e Yemen stanno per capitolare, la Giordania è a rischio, il Libano è nella morsa del Hezbollah, i Territori palestinesi vivono sotto la scacco di Hamas, l'Arabia Saudita è una teocrazia islamica, l'Iraq è in balia di Al Qaeda, l'Afghanistan assiste al ritorno del potere dei Taliban, il Pakistan nucleare è preda dei fanatici di Allah e l'Iran nazi-islamico è a un passo dal possesso dell'atomica. Ma soprattutto rendiamoci conto che nel nostro mondo globalizzato quest'islam integralista ed estremista è già dentro casa nostra. Ora basta! Se proprio a causa della nostra sottomissione al dio denaro e all'ideologia del relativismo non riusciamo a percepire cosa significhi ridursi a schiavi degliadoratorideldioislamicoAllah, consideriamo attentamente le conseguenze deleterie che stanno subendo la popolazione cristiana autoctona, Israele e le donne musulmane. La subordinazione della donna come essere inferiore all'uomo è prescritta dal Corano, al pari della discriminazione degli ebrei e dei cristiani di cui si legittima l'uccisione unitamente agli apostati e agli infedeli. Ecco perché I'islamessendodogmaticamentemaschilista, misogino, intollerante e violento, viola i valori non negoziabili della sacralità della vita di tutti, della pari dignità delle persone e della libertà di scelta, risultando incompatibile con la democrazia. Ed ecco perché i musulmani che credono nei valori non negoziabili e anelano alla democrazia si trovano costretti ad affrancarsi dalla prescrizione del Corano e dall'esempio di Maometto. Ora basta, basta, basta!

LIBERO - Carlo Panella : " Spiagge separate e legge del taglione. In Egitto gli islamisti sono al 65% e si sente"


Carlo Panella

Peggio di così non poteva andare: non solo e non tanto per la prevista vittoria dei Fratelli Musulmani di Libertà e Giustizia che totalizzano il 36,62% dei voti, ma soprattutto per un inaspettato 24,36% agli integralisti salafiti di AlNurdel partito della Costruzione e dello Sviluppo (che vuole spiagge separate, tagliare le mani ai ladri e pure la distruzionedei monumenti dei faraoni), più una serie di partiti minori che portano il totale degli islamisti addirittura al 65%. Questo, solo nelle grandi città del nord, Cairo, Alessandria e Delta del Nilo, in cui maggiore è l’influenza dei partiti laici. Quando si voterà nelle regioni del sud, èdunque certoche ilquadro saràancorapiù grave. Il secondo dato, indicache la coalizione dei partiti laici, assemblata dal Partito degli Egiziani Liberi del tycoon copto Neguib Sawaris (proprietario in Italia del portale Libero.it) totalizza solo il 13,5% dei suffragi. Disastroso il risultato di al Adl, il partito che segna la continuità col disciolto Pnd di Mubarak, a dimostrazione che i generali egiziani, che continuano a detenere tutto il potere, in continuità sostanziale col regime di cui erano l’asse portante, non hanno nessuna capacità di attirare consensi. Il farraginoso processo elettorale egiziano con tre turni elettorali distanziati, permetterà di comprendere solo tra mesi quale coalizione governerà il paese, ma alcuni elementi balzano già agli occhi. Il primo è che è bastato un finanziamento di poche decine di milioni di dollari da parte dei settori più retrivi dell’Arabia Saudita e dell’onnipresente emiro del Qatar per permettere agli islamisti oltranzisti di al Nur di conquistarsi un quarto dei suffragi. Voti che non permetteranno ad al Nur di giocare il suo peso nella coalizione di governo, perché la Fratellanza Musulmana ha tutto l’interesse di emarginarlo all’opposizione, ma che comunque avranno un peso specifico enorme. Il secondo elemento è che il pur scarso risultato dei partiti laici dimostra che comunque un leader illuminato quale è Sawiris, è in grado di costruire nel paese arabo più importante un presidio tutt’altro che disprezzabile di democrazia e di liberalismo, ma che pesa su questo progetto il totale, assoluto disinteresse dell’Europa e degli Usa. A fronte dei milioni di dollari provenienti dai paesi arabi andati agli islamisti (che spesso hanno letteralmente comprato il voto con pane e carne distribuita nei quartieri più miseri), assolutamente nulla, né in termini di finanziamento, né di legittimazione politica è venuto ai liberali egiziani dall’Occidente. Peggio ancora: da quando è presidente, Barack Obama ha decimato gli aiuti che George W. Bush versava alle organizzazioni politiche liberali egiziane. Il risultato è sconfortante ed è molto più grave in Egitto di quanto non lo sia stato in Tunisia, dove Ennhada, il partito dei Fratelli Musulmani, ha sì conquistato un quarto dei seggi, ma è stata contenuta dall’insie - me dei partiti laici che, pur divisi, hanno comunque conquistato nell’insieme la maggioranza assoluta dei seggi. Un quadrocommentatocon sconforto dal presidente di Israele Shimon Peres: «Religiosi esaltati, fanatici e violenti cercano di bloccare la primavera araba, e di sventare la realizzazione delle speranze dei giovani; come al solito essi ricorrono all’odio verso Israele come scusa per le loromanchevolezze, come se quanto è accaduto in Tunisia, in Siria, in Libia o nelle Yemen avesse un legame qualsiasi con Israele». L’unica speranza residua è che i trionfatori di questo voto, i Fratelli musulmani, subiscano - come è possibile - l’egemonia del premier turcoTayyp Erdogan che li ha fortemente esortati nel suo viaggio al Cairo “a costruire unostato laicoe nonconfessionale”. In caso contrario, la sponda sud del Mediterraneo sarà fonte di tensioni - e guerredi portata difficilmente immaginabile.

CORRIERE della SERA - Cecilia Zecchinelli : " Noi donne egiziane adesso temiamo una deriva iraniana "

L'onda islamica travolge l'Egitto: sommati fra loro, islamici moderati e radicali ottengono il 65% dei voti. Il partito Libertà e Giustizia della Fratellanza Musulmana ha preso il 36,6%, i salafiti di Al Nour il 24,3%, gli islamici moderati di Al Wasat il 4%. Sono i risultati del primo turno delle legislative (in 9 su 27 province). Seguono, a grande distanza, due gruppi liberali, il Blocco egiziano con il 13% e il partito Wafd con il 7%. Gli altri due turni sono previsti il 14 dicembre e il 3 gennaio. «Il successo dei salafiti mi sorprende ma neanche tanto, molta gente che conosco qui in provincia li ha votati perché conosce i candidati e li considera persone per bene, timorati di Dio e rispettosi delle tradizioni, vicini alla gente comune e ai suoi problemi soprattutto economici, che non parlano difficile come i partiti laici o i rivoluzionari di Tahrir», dice Ghada Abdel Aal, commentando dalla città operaia di Mehalla dove vive i dati della prima fase elettorale che danno agli integralisti il 25% dei voti. «Questa affermazione mi fa molta paura, hanno una mentalità chiusa e ancorata al passato, vogliono cancellare le leggi a favore delle donne approvate sotto Mubarak con la scusa che le ha volute sua moglie Suzanne, anche per i copti sono pericolosi, per i diritti umani in generale. Ed è per questo che io come molti amici, compresi tanti cristiani, sosteniamo i Fratelli Musulmani che nelle elezioni stanno trionfando con il 40% dei voti. Se dobbiamo scegliere tra Iran e Turchia non abbiamo dubbi».
Trentadue anni e single, farmacista e blogger, poi autrice a sorpresa di un bestseller internazionale da cui l'anno scorso è stata tratta una sitcom trasmessa con grande successo nei Paesi arabi, Ghada si definisce una «normale egiziana della classe media, né liberale né conservatrice, che ama il suo Paese». In realtà da quando ha scritto Aiza Atgawez («voglio sposarmi»), pubblicato in Italia per Epoché come «Che il velo sia da sposa», la sua vita è uscita dalla normalità. Il racconto satirico, ma lei dice «molto veritiero» della vita delle trentenni egiziane che «puntano solo al matrimonio per pressione sociale e sono nel panico perché non trovano il marito giusto», le ha portato il soprannome di Bridget Jones (che non conosceva) del Medio Oriente, viaggi e interviste anche in Occidente. Poi è arrivata la rivoluzione che lei ha appoggiato «per cambiare finalmente le cose», insieme a tante ragazze che come lei portano il velo. Ma in una cosa Ghada è «normale» ovvero in linea con la maggioranza dell'Egitto «che non è solo il Cairo come credono i politici laici». Come almeno metà del Paese alle urne preferisce un partito islamico, non salafita ma quello della Fratellanza.
«Mi rendo conto che anche i Fratelli Musulmani sono un possibile rischio — spiega infatti —. Ma io amo troppo il mio Paese, più ancora dei miei diritti di donna, e loro sono gli unici che adesso possono farlo uscire dal caos in cui siamo». Ghada, che sta scrivendo un secondo libro dal titolo «Buona a niente» ovvero un «Dalla parte delle bambine» in chiave satirica, sostiene che l'obiettivo è sicuramente uno Stato secolare. «Ma le forze laiche litigano tra loro, non sono organizzate. E intanto la crisi è assoluta, tutti siamo convinti che se va avanti così l'Egitto andrà in bancarotta. Non voglio protestare tutta la vita, nessun giovane deve più morire. Tahrir è stato uno strumento fondamentale per mandar via quel vampiro immortale di Mubarak, ma ora è lontana dal Paese con i suoi 82 milioni di abitanti». E ancora: «Voglio un Paese normale, senza lutti e tanta tristezza a cui il mio popolo non è abituato. E soprattutto ora che i salafiti stanno avanzando, l'unica alternativa sono i Fratelli. In futuro vedremo».

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