Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Rachel Lichtenstein, Iain Sinclair, La stanza di Rodinsky 05/12/2011
La stanza di Rodinsky Rachel Lichtenstein, Iain Sinclair Nutrimenti Euro 19,50
Al centro di questo libro c'è un vuoto. O meglio, c'è una stanza piena di oggetti, lasciata abbandonata da qualcuno che un bel giorno è scappato e non è più tornato indietro. La stanza è a Londra, nel ghetto ebraico del quartiere di Spitalfields, al n. 19 di Princelet Street, in una soffitta sopra a una vecchia sinagoga. Il suo inquilino l'ha abbandonata un giorno del 1969. Quando è stata riaperta, nel 1980, si è scoperto che era appartenuta a un certo Rodinsky. Di lui rimanevano i vestiti appesi ancora nel guardaroba, coperti da un dito di polvere, una custodia per gli occhiali, pile di giornali accatastati vicino al caminetto, vecchi 78 giri, bottiglie vuote, volumi sparsi, dal Talmud allo studio dei geroglifici, una riproduzione dell' Angelus di Millet. Ma chi era l'ebreo Rodinsky? Forse era il custode della sinagoga, forse un erudito, forse un semplice barbone. In quella stessa stanza, qualche anno dopo, capita una giovane artista ebrea alla ricerca delle sue radici familiari. Rachel Lichtenstein vi entra e non saprà più distaccarsene. Da quel momento accumula tracce, insegue piste: la sua vita diventa la vita di Rodinsky. La stanza di Rodinsky (Nutrimenti, pagg. 430, euro 19,50) è un libro-cantiere. Leggiamo e ci sembra sempre di stare dietro le quinte, di muoverci tra gli attrezzi di lavoro, mai sulla scena. È un testo fatto di oggetti, scatoloni, fotografie. Tra le immagini, c'è un diagramma cabalistico rinvenuto nella camera abbandonata, c'è il signor Katz, proprietario di una bottega nel ghetto, c'è anche il padre di Rodinsky, che indossa un vestito nero molto elegante e ha un'aria seria e baffi neri pettinati. Non è un romanzo e non è un saggio classico, è un libro sfuggente, anzi imprendibile.È scritto a quattro mani, da Rachel Lichtenstein, di professione artista, in genere alle prese con installazioni, e Iain Sinclair, scrittore inglese che sull'onda sperimentale degli anni Settanta aveva prodotto testi all'incrocio tra narrativa, saggistica e poesia. La strana coppia dà vita a un volume ibrido, negli stili e anche negli intenti. Rachel Lichtenstein inseguendo un'ossessione cerca di riafferrare la sua memoria familiare: in quel quartiere, proprio doveva stava Rodinsky, avevano abitato anche i suoi nonni. Sinclair invece vaga per le strade di Spitalfields e più che informazioni concrete accumula depistaggi. L'installazione è precaria, a volte si avrebbe voglia di abbandonarla. Ma la fascinazione delle immagini, insegna Roland Barthes, è anche questa: le fotografie sono spettri che spariscono e ci lasciano a mani vuote.