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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Giornale - Corriere della Sera - Libero Rassegna Stampa
04.12.2011 La cecità occidentale
analisi di Fiamma Nirenstein, Roberto Tottoli. Cronache di Cecilia Zecchinelli, Simona Verrazzo, Gaia Cesare

Testata:Il Giornale - Corriere della Sera - Libero
Autore: Fiamma Nirenstein - Roberto Tottoli - Cecilia Zecchinelli - Simona Verrazzo - Gaia Cesare
Titolo: «Ora è chiaro a tutti: è la jihad che dominerà il 'nuovo' Egitto - L'islam rigido dei salafiti un pericolo per il futuro dell'Egitto - Anatema islamico contro Mahfuz - Femministe di Allah. Tutte in piazza, ma a invocare il velo - Londra come l’Iran, boom d»

Gli analisti italiani hanno iniziato a capire che cosa ha comportato la 'primavera araba', l'ascesa degli islamisti in Paesi che, prima, erano laici.
C'è chi, come Fiamma Nirenstein, lo ha compreso immediatamente e chi, come Roberto Tottoli, continua a nascondere la testa sotto la sabbia e crede che il vero pericolo siano solo i salafiti, che i Fratelli Musulmani non siano così pericolosi. Non c'è alcuna differenza, invece, se non nelle modalità. I Fratelli Musulmani non sono meno pericolosi dei salafiti. E ora che hanno conquistato il Maghreb, il prossimo obiettivo quale potrà essere? L'articolo di Gaia Cesare che riportiamo in questa pagina chiarisce la situazione. In Gran Bretagna sono in aumento i delitti d'onore islamici contro le donne che rifiutano l'autorità del maschio in famiglia. Eurabia avanza.

Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 04/12/2011, a pag. 17, l'articolo di Fiamma Nirenstein dal titolo "Ora è chiaro a tutti: è la jihad che dominerà il 'nuovo' Egitto  " e l'articolo di Gaia Cesare dal titolo " Londra come l’Iran, boom di delitti d’onore ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 19, l'articolo di Cecilia Zecchinelli dal titolo "Anatema islamico contro Mahfuz  ", a pag. 37, l'articolo di Roberto Tottoli dal titolo "L'islam rigido dei salafiti un pericolo per il futuro dell'Egitto  ". Da LIBERO, a pag. 16, l'articolo di Simona Verrazzo dal titolo "Femministe di Allah. Tutte in piazza, ma a invocare il velo  ".
Ecco i pezzi:

Il GIORNALE - Fiamma Nirenstein : " Ora è chiaro a tutti: è la jihad che dominerà il 'nuovo' Egitto "


Fiamma Nirenstein

 L'aria della vittoria degli islamisti della Fratellanza musulmana e del partito Al Nour, ancora più islamico, si respira già in Egitto. E puzza di bruciato. Il sessanta per cento sembra confermato, forse di più, e alla seconda tornata si prevede un'ulteriore baldanzosa crescita. L'allarme è grande: una fonte del Consiglio militare supremo ha detto al giornale Al Hayat, e certo non gli ha raccomandato di tenere il segreto, che un'eccessiva vittoria islamista «renderebbe arduo il ruolo di garanzia dell'esercito», e che più di due terzi di islamisti in parlamento abolirebbero gli articoli della Costituzione che salvaguardano la laicità del Paese. Le forze sfibrate della parte laica che per ora non vanno oltre il venti per cento; i giovani bloggers che si battono sui social network per rispondere all'aria che spira da dichiarazioni come quella trionfante e minacciosa di Abdel Monem al Shahhat, un leader salafita che ha dichiarato che lo scrittore premio Nobel Naguib Mahfuz era un corruttore della gioventù, cantore di bordelli e di droga. Di tono analogo, stavolta sul futuro dell'Egitto, che deve abolire ogni occasione di incontro fra i due sessi se non sono sposati, cancellare l'alcool, la musica e quant'altro, le esternazioni di un altro leader Hazem Abu Ismail, cui hanno risposto una quantità di pigolii scandalizzati da twitter. Vedremo se tali sono destinati a restare. O se l'esercito sceglierà lo scontro. Ma all'orizzonte baluginano grandi tuoni con cui noi occidentali dovremo fare i conti: il Medio Oriente è oggi un oggetto misterioso, incandescente, completamente diverso da quello che abbiamo conosciuto.
Bene, abbiamo capito che ovunque l'eruzione si presenti, alla fine la lava somiglia molto alla jihad. Ce n'è voluta, ma ci siamo arrivati. Ancora però non abbiamo capito che tutto è cambiato dentro la sfera islamica. Prima sono andati giù i tiranni più amichevoli verso l'Occidente, Ben Alì e Mubarak. Durante la Guerra Fredda contro di loro si ergeva il famoso «asse della Muqawama», della Resistenza. Questo gruppo, capitanato dall'Iran, con a fianco la Siria, gli Hezbollah che controllavano il Libano, Hamas che pensava allo scontro duro con Israele, collateralmente la Libia, è stato molto contento, e ha pensato che l'egemonia sulle rivoluzioni fosse assicurata. Ne ha dati molti segni, basta leggere i discorsi di Ahmadinejad, di sostegno peloso al popolo arabo dopo che lui aveva massacrato il suo in piazza; o di Assad, quando disse che la Siria non avrebbe avuto una rivolta perch´ i suoi interessi erano gli stessi del suo popolo, combattere Israele e l'Occidente. La Turchia, non possiamo ignorarlo, pure in una posizione da zio nobile, ha fatto parecchi passi verso l'asse per poi recederne. Intanto l'Iran costruiva la bomba, sicuro della sua impunità.
Poi, le cose sono cambiate: l'anello debole è la Siria, ma anche le rivelazione dell'Aiea sul nucleare iraniano costruito per la guerra, hanno creato la svolta. Il blocco si è sfasciata. Assad ha fatto in 8 mesi 4.800 morti; Ahmadinejad manda aiuti militari ad Assad, cosa poco onorevole, mentre a casa sua le strutture nucleari vengono attaccate variamente; Hamas sta cambiando padrone, perch´ i suoi padroni sciiti aiutano Assad contro la Fratellanza musulmana di cui Hamas fa parte; Hezbollah che sta perdendo in Siria è nei guai. Qualche giorno fa a Tripoli del Libano si è svolto un rally sunnita capeggiato da Said Hariri, ex primo ministro.  Il blocco della resistenza ha il suo daffare, è spezzettato e debole. Incerti e fragili anche tutti i paesi che non sanno altro che mostrarci il loro versante islamico, non sanno come gestirlo con l'Occidente, fanno i moderati e chiedono aiuto per lo sviluppo. Quanta politica si può fare oggi, da parte nostra, per spingere verso un mondo migliore. Ora, o mai più.
www.fiammanirenstein.com

CORRIERE della SERA - Roberto Tottoli : " L'islam rigido dei salafiti un pericolo per il futuro dell'Egitto "

Roberto Tottoli

Dopo aver passato mesi a misurare dichiarazioni e passi politici dei Fratelli Musulmani, l'Europa e il mondo hanno scoperto i salafiti. Dai raid tunisini contro le rivendite di alcolici alle parole di fuoco del candidato egiziano al-Shahat contro i romanzi di Nagib Mahfuz, i rigidi tradizionalisti salafiti parevano però dare voce a una forza minoritaria, eccentrica, e in fondo inefficace dal punto di vista politico. I numeri del primo turno elettorale egiziano, se confermati, parlano tutt'altra lingua: il partito salafita al-Nour è una delle principali forze politiche del Paese.
Emanazione diretta del wahhabismo saudita, il salafismo contemporaneo proclama una rigida adesione ai dettati coranici e soprattutto a ciò che fece e disse il Profeta Muhammad. La loro è un'imitazione fedele, che vuole evidenziare un netto confine identitario con il resto del mondo. La paranoia di una rigida e intangibile purità personale si riflette nell'intransigenza sinistra dei principi: avversione contro le altre interpretazioni dell'islam, disprezzo per gli sciiti e ostilità irriducibile verso appartenenti alle altre religioni, come ebrei e cristiani. Finanziamenti sauditi e dal Golfo ne hanno garantito una rapida ascesa fin dagli anni Novanta. Slogan facili e riconoscibilità immediata offrono quella sorta di nuova iniziazione che fa di un credente un «nuovo musulmano», con un successo crescente ovunque e anche all'interno delle comunità musulmane in Occidente.
Le elezioni dopo le primavere arabe hanno mostrato quale sia il frutto amaro di decenni di diritti politici negati e di moschee e associazioni islamiche largamente tollerate e finanziate. Le macchine elettorali dei partiti islamici hanno avuto gioco facile, perché ovunque più radicate e più efficaci nel rapporto con gli elettori al di fuori delle piazze. Ma che questo abbia riguardato anche i partiti salafiti e il loro islam rigido e fuori dal tempo apre sinistre prospettive per il futuro di un Paese come l'Egitto, che si scopre sempre meno laico.

CORRIERE della SERA - Cecilia Zecchinelli : " Anatema islamico contro Mahfuz"


Nagib Mahfuz

Il padre delle letteratura araba, l'unico Nobel tra gli scrittori del Medio Oriente, il maestro Nagib Mahfuz veneratissimo già prima della sua morte nel 2006, è tornato nel mirino dei fondamentalisti egiziani.
Nel pieno delle elezioni che a sorpresa stanno trasformandosi in una vittoria massiccia non solo per i Fratelli Musulmani (al 40% nei risultati parziali) ma per gli integralisti salafiti (al 20%), un leader di questi ultimi ha lanciato un anatema contro il grande scrittore che già nel 1994 fu quasi ucciso da un estremista. «Le opere di Mahfuz incitano alla promiscuità, all'ateismo e alla prostituzione. I suoi romanzi sono ambientati tra droga e bordelli», lo ha liquidato in un'intervista in tv Abdel Moneim Al Shahat, candidato qualificatosi per il secondo turno ad Alessandria per il partito Al Nur, il più importante tra quelli d'ispirazione wahhabita. E ancora: «Il suo libro Awlad Harretna (uscito nel 1991 in Italia come Il rione dei ragazzi) è propaganda per l'ateismo». Se Al Nur andasse al potere, è il messaggio, le opere del grande scrittore sarebbero bandite in Egitto, insieme a chissà quante altre a partire dalle Mille e una notte.
Shahat non è nuovo a proclami del genere, è autore tra l'altro di una campagna per coprire le statue dell'Antico Egitto perché «di una civiltà corrotta e infedele», cosa che ha suscitato i timori degli archeologi e di un Paese che vive sul turismo, seppur non adesso. E il suo attacco a Mahfuz è stato accolto con sdegno, nonostante il dibattito sui media e nell'élite abbia ora ben altre priorità.
Sui social network, le reazioni sono di allarme: «Finiremo come a Kandahar», qualcuno ha scritto, riferendosi non solo al caso Mahfuz. Dagli scrittori che hanno sempre difeso a amato il maestro, anche se qualcuno in passato notava con benevolenza che fosse «il solo tra noi ad aver evitato il carcere, per la sua cautela o forse perché lavorava all'ufficio censura», è emersa una generale condanna. Qualcuno come Ibrahim Abdel Megid su Al Ahram sostiene che «non vale nemmeno la pena di reagire a gente rimasta nel Medio Evo».
«È vero che nella Trilogia del Cairo e in molti altri libri di Mahfuz ci sono prostitute, drogati, perfino gay perché non è stato Alaa Al Aswany con Palazzo Yacoubian a rompere questi tabù — dice Isabella Camera d'Afflitto, professoressa di letteratura araba a Roma e la più nota traduttrice di autori in questa lingua —. Mahfuz parlava della vera umanità dell'Egitto, il suo messaggio era di tolleranza universale per il diverso. È pazzesco che il nuovo attacco avvenga alla vigilia del centenario della sua nascita, l'11 dicembre 1911, celebrato ovunque, dal nostro convegno domani e martedì alla Sapienza di Roma alla Fiera del libro di Algeri dedicata proprio a lui, riconosciuto da tutti gli autori arabi come il più grande e a cui tutti ancora oggi in qualche modo si ispirano».

Il GIORNALE - Gaia Cesare :  " Londra come l’Iran, boom di delitti d’onore "

«Una donna deve accettare la propria condizione, altrimenti è una donnaccia». Jasvinder ha 15 anni quando sua mamma le mostra la foto di un uomo che non conosce ma che dovrà sposare perchè non ha scelta, perchè la sua famiglia ha deciso così. Lei fugge di casa per scampare al suo destino: non vuole abbandonare il Regno Unito, dove è nata, e non vuole cominciare una vita in India. Quando si decide a fare una telefonata per sentire la voce dei suoi, per lei non c'è nessuna clemenza: «Ci hai disonorato, per noi è come se fossi morta». Jasvinder non è morta ed è oggi la fondatrice dell'associazione Karma Nirvana. Difende le vittime di «crimini d'onore»: ragazzine promesse in spose a uomini che non hanno mai visto, anche a nove anni o poco più. Rinchiuse in casa, da mattina a sera, se si rifiutano di accettare il matrimonio combinato. Minacciate, sequestrate, malmenate, sfregiate con l'acido, mutilate o uccise. A volte solo per aver indossato un paio di jeans, per un filo di rimmel di troppo, per un ombelico scoperto e più spesso per aver detto di no a un marito imposto dalla famiglia. Eppure questo non è il Pakistan, qui non siamo in Iran n´ nella Sicilia del secolo scorso. Questa è l'avanzata, multietnica e tollerante Gran Bretagna. Ed è per questo che i numeri forniti dall'Organizzazione per i diritti delle donne iraniane e curde (Ikwro) fanno ancora più impressione: i crimini d'onore sono in rapido aumento, addirittura cresciuti del 47% in un solo anno, tra il 2009 e il 2010 in molte aree del Paese. Almeno 2.823 «incidenti» nel 2010, registrati nelle 39 stazioni di polizia che hanno partecipato alla statistica e che sommati ai 500 in cui sono intervenuti agenti di altre aree porta a oltre 3.300 il totale. A Londra sono passati da 235 a 495, a Manchester da 105 a 189. Dati agghiaccianti frutto anche del coraggio di molte ragazzine che hanno cominciato a rompere il muro e denunciare di più. Ma Jasvinder Sanghera, oggi felicemente sposata con un uomo che si è scelta da sola e madre di tre figlie, è convinta che le cifre reali, quelle che includono le denunce mai arrivate per paura di ritorsioni, potrebbero essere quattro volte più alte.
«Tradizione», «onore»: sono queste le parole che rimbombano nelle vite di migliaia di giovani donne britanniche di origini turche, curde, iraniane o pakistane. Parole che spesso si trasformano in prigione, percosse, violenza estrema. Banaz Mahmod è la Hina d'Inghilterra. Come la giovane di origini pakistane uccisa nel Bresciano per il suo stile di vita troppo «occidentale», Banaz è stata malmenata, violentata e strangolata nel 2006 - aveva appena 20 anni - da due cugini per ordine del padre e dello zio che non approvavano il suo fidanzamento d'amore e volevano che la ragazza rispettasse l'accordo siglato per lei dalla famiglia da quando aveva sedici anni: un matrimonio combinato e il ruolo di moglie e madre sottomessa.
Il supposto «onore» di alcune famiglie vale più della vita. Ma se è vero che i crimini di questo genere sono frutto della «tradizione» più che della religione, è anche vero che la crescita dell'estremismo in Gran Bretagna ha alimentato un fenomeno capace di raggiungere lo scopo dei fondamentalisti: relegare le donne all'unico ruolo di mogli accondiscendenti e silenti. Non è un caso che, oltre a indù e sikh, gli aguzzini peggiori siano soprattutto islamici, spesso iraniani, la seconda comunità più numerosa del Regno Unito dopo gli indiani. Il dilagare della sharia fai-da-te a Londra e dintorni sembra aver creato un humus ideale per questi delitti.
La scorsa estate decine di sobborghi della capitale sono stati riempiti di volantini che più espliciti non si può: «State entrando in una zona sotto il controllo della sharia».  Poi tanto di simboli ben evidenti sulle «regole islamiche imposte»: niente alcol, niente fumo o droga, niente musica o concerti, niente scommesse, niente pornografia o prostituzione. L'estremista Anjem Choudary, predicatore d'odio nella tollerante Gran Bretagna, ha rivendicato la campagna, annunciando che è solo il primo passo per la «creazione di un Emirato islamico». Prima che diventasse uno strenuo difensore della legge islamica, pare che Choudary fumasse regolarmente cannabis e abbia provato l'Lsd, oltre che aver sperimentato relazioni fugaci con molte donne. Ma le sue parole bastano a condannare le giovani donne islamiche d'Inghilterra a un destino peggiore di un burka.

LIBERO - Simona Verrazzo : "Femministe di Allah. Tutte in piazza, ma a invocare il velo "

Era stata un anno fa la Tunisia a dare il via alla «primavera araba» e propri qui ora tocca assistere a scene inquietanti in un Paese dalla decennale tradizione laica, unico arabo ad aver proibito la poligamia. Nel pieno centro della capitale Tunisi ha sfilato un corteo di donne che chiedono di essere libere di indossare il niqab, il velo integrale che lascia scoperta soltanto la fessura per gli occhi. Si è trattata in assoluto della prima marcia del genere nel Paese, dove ai tempi del presidente Zine el Abidine Ben Ali nelle fototessere per i documenti era proibito persino l’hijab (il velo che copre soltanto capelli e collo), figurarsi il niqab. Il divieto è stato prontamente tolto dopo la rivoluzione e ora sui documenti le donne possono velarsi. È questa la nuova Tunisia, guidata dal partito islamista Ennahda, dove le donne sfilano per poter andare in giro completamente velate e di poter assistere – vestite in questo modo – alle lezioni università (dove già circola la voce di istituire mense divise per sessi). Ma gli occhi del mondo sono tutti per l’Egitto, capofila di quello che è il movimento femminile di matrice islamica e su come le islamiste si muoveranno per imporre la loro idea di donna: ultraconservatrice, ovviamente velata, tanto più libera quanto più è legata alla religione. È la cosiddetta «sorellanza», le Sorelle musulmane, quella fetta di militanti del gentil sesso all’interno dei Fratelli musulmani. Se sono loro i vincitori certi delle elezioni di ieri, bisognerà vedere quante delle «loro» donne andranno nel primo Parlamento del post- Mubarak. Fin dalla nascita della fratellanza, nel 1928, era prevista una «sezione» femminile. Come si legge in un lungo reportage del settimanale tedesco «Der Spiegel», la loro costituzione si fa risalire a qualche anno più tardi, al 1932. Oggi, secondo gli ultimi calcoli, sono circa il 25 per cento del movimento, che vuole dire che un fratello su quattro in realtà è una sorella. Ma persino per loro la vita potrebbe essere difficile, visto che al secondo posto nelle elezioni di questa settimana si sono piazzati i salafiti, ultraconservatori, roba che al confronto i Fratelli musulmani sembrano moderati. Tra i loro slogan c’è quello che «nessun popolo è di successo se guidato da donne». Obbligati dalla Commissione elettorale a includerle nelle loro liste, hanno pensato bene di mettere al poste delle foto delle candidate quelle dei fiori. Abdel-Monem Shahat, leader salafita candidato al Parlamento del Cairo, ha detto che i romanzi di Naguib Mahfouz (Nobel per la Letteratura nel 1988) «incitano alla prostituzione, alla droga e all’ateismo». Il clima è pesantissimo in Egitto, motivo per cui tardano così tanto ad arrivare i risultanti del voto, che comincia a preoccupare i militari al governo, garanti della laicità dello Stato. Secondo quanto riferito dalla tv del Qatar Al Jazeera, Fratelli musulmani (Partito della libertà e della giustizia) e salafiti (Partito Nour) dovrebbero aver ottenuto insieme il 60 per cento dei voti. I presupposti per trasformare Il Cairo in una nuova Kandahar talebana ci sono tutti.

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