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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Giornale - Corriere della Sera - Libero - Il Foglio - L'Unità Rassegna Stampa
29.11.2011 Egitto alle urne: verso la sharia coi Fratelli Musulmani
Cronache e commenti di Fiamma Nirenstein, Cecilia Zecchinelli, Guido Olimpio, Carlo Panella, Daniele Raineri. Amr Moussa intervistato da Udg

Testata:Il Giornale - Corriere della Sera - Libero - Il Foglio - L'Unità
Autore: Fiamma Nirenstein - Cecilia Zecchinelli - Guido Olimpio - Carlo Panella - Daniele Raineri - Umberto De Giovannangeli
Titolo: «La paura dei copti: Una deriva saudita con divieti e veli - I dubbi sulla Fratellanza turbano le prime elezioni in Egitto - In Egitto le elezioni più pazze del mondo - Povere egiziane in fila per votare contro se stesse»

Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 29/11/2011, a pag. 14, l'articolo di Fiamma Nirenstein dal titolo " Povere egiziane in fila per votare contro se stesse ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 17, l'articolo di Cecilia Zecchinelli dal titolo " La paura dei copti: Una deriva saudita con divieti e veli ", a pag. 40, l'articolo di Guido Olimpio dal titolo " I dubbi sulla Fratellanza turbano le prime elezioni in Egitto ". Da LIBERO, a pag. 19, l'articolo di Carlo Panella dal titolo " In Egitto le elezioni più pazze del mondo ", preceduto dal nostro commento. Dal FOGLIO, a pag. 1-4, l'articolo di Daniele Raineri dal titolo "  Quant’è laica e moderna la Fratellanza il giorno delle elezioni in Egitto". Dall'UNITA', a pag. 20, l'intervista di Umberto De Giovannangeli ad Amr Moussa dal titolo " «In Egitto è il primo passo di una svolta democratica ", preceduto dal nostro commento.
Ecco i pezzi:

Il GIORNALE - Fiamma Nirenstein : " Povere egiziane in fila per votare contro se stesse "


Fiamma Nirenstein

Inquadrando ieri la massa di donne egiziane in fila per vo­­tare, con il capo coperto o scoperto, con i jeans o la gonna, allegre, speranzose in quello strumento meraviglioso di pote­re che sono le elezioni, tutte le te­levisioni del mondo occidenta­le­hanno espresso il consueto en­tusiasmo: la primavera araba porterà la democrazia, meno­male, si vede dalle donne. Inve­ce sarebbe stato meglio sentire un brivido e avvertire quella par­ticolare popolazione femminile sofferente, sfruttata e oggi spe­ranzosa: attenzione, potrebbe prepararsi un destino peggiore. Ci sono evidenti segni che la Fratellanza Musulmana, capofi­la di tutti i movimenti islamisti, la più organizzata fra le organiz­zazioni egiziane, sarà il vincito­re delle elezioni di ieri. Allora, donne egiziane, sapete questo cosa significa, certo vi viene da ri­dere quando i-Fratelli prometto­no che la loro fedeltà all'Islam sa­rà gestita con blandizia. La loro forza impositiva non tarderà a farsi sentire: tre persone su dieci sono illetterate e quattro vivono con meno di due dollari al gior­no. È un ambito ideale per il fana­tismo. Una pew poll di pochi me­si fa dimostra che il 60 per cento degli egiziani sceglie la sharia co­me legge da seguire strettamen­te, l’84 vuole la pena di morte per chi lascia l'Islam, il 77 dice che i ladri devono subire il taglio della mano, e, udite, l’82 che le adultere devono essere lapida­te. Un terreno che i Fratelli san­no arare e seminare. Donne, pre­parate i fazzoletti. Intendo i faz­zolettoni per coprire il capo.
www.fiammanirenstein.com

CORRIERE della SERA - Cecilia Zecchinelli : " La paura dei copti: Una deriva saudita con divieti e veli "

IL CAIRO — La croce tatuata sul polso, sul corpo le cicatrici del 9 ottobre quando con altri copti fu brutalmente attaccato dai militari («Ne hanno uccisi 30, tre erano miei amici»), Mina Sabit si è alzato all'alba per votare. Poi in giro per i seggi del quartiere copto di Shubra, a vigilare. È un giovane di piazza Tahrir, difende la rivoluzione. Ma come lui tantissimi cristiani sono in allerta, temono che le prime vere elezioni in Egitto diventino per loro una débâcle. «I Fratelli musulmani sono fortissimi e infidi. I salafiti violenti, bruciano chiese. Avranno molti voti e sono un pericolo per tutti ma per noi di più», dice. E Padre Flobater, gravemente ferito in ottobre e sotto processo per aver «istigato» quella protesta, aggiunge che «i cristiani non vogliono andarsene come in Iraq, hanno fiducia nel popolo egiziano. Ma i tanti errori della giunta hanno aperto spazi agli estremisti e noi pagheremo». La paura della comunità cristiana più grande del Medio Oriente ma minoranza in Egitto, stimata tra il 10 e il 18%, ha varie sfumature. Eissa Iskandar, ingegnere in pensione in coda a un seggio, è durissimo: «La rivoluzione è stata un disastro, le elezioni pure perché gli islamici vinceranno con i soldi sauditi, al popolo povero e ignorante basta dare due lire e ti votano. Certo, musulmani per bene ce ne sono ma senza un Stato forte come con Mubarak non c'è controllo sugli altri. E i militari non fanno niente. Finiremo come in Arabia, metteranno il velo sul viso anche alle nostre donne». Monica Hanna, archeologa copta a Berlino tornata a votare lo blocca: «Non ci fanno paura, li fermeremo», dichiara mentre l'amica Fatima dice che «prima devono mettere il velo a noi musulmane e voglio vederli».
Anche la Chiesa però teme l'avanzata islamica. In assenza di un vero partito cristiano (Liberi Egiziani, del magnate Nagib Sawiris, ha una forte componente copta ma non può dirsi tale), i vertici religiosi hanno fatto circolare una lista con nomi di candidati «favorevoli», cristiani e musulmani. Illegale e subito smentita dall'entourage di Papa Shenouda ma confermata da molti. «Certo che c'è, girava nelle chiese copte, cattoliche e anglicane — dice Ussama Shobri, guida turistica disoccupato da mesi — Ma perché no? Gli islamici spingono i loro candidati in ogni modo, per noi la sola speranza è che in Parlamento ci sia gente per bene. Sono furioso perché i moderati di ogni credo non si sono uniti compatti. Ma non temo l'avanzata degli islamici, credo che saranno più duri con i musulmani che con noi per non inimicarsi l'Occidente. Anche se non vorrei né chiesa né moschea, solo uno Stato di diritto».
Tra le tante complessità della politica egiziana c'è la scelta di Amin Iskandar. Copto, nasseriano, laico, è tra i cofondatori del partito Karama, che insieme al Ghad dell'ex candidato a raìs Ayman Nour, liberale amato dagli Usa, è nella coalizione della Fratellanza. «Perché l'ho fatto? — ci dice in un caffè popolare di Shubra, fumando il narghilè — Per costruire ponti. Fino alla rivoluzione puntavo all'unione tra forze laiche, ma poi ho capito che per cambiare e uscire dalla crisi dobbiamo stare con chi nell'Islam è moderato e rifiuta il passato. La paura dei copti è fondata su molti fatti concreti del passato e del presente, ma per vincere la spaccatura tra fedi dobbiamo unirci. Vinceremo e funzionerà».

CORRIERE della SERA - Guido Olimpio : " I dubbi sulla Fratellanza turbano le prime elezioni in Egitto "

E il dilemma che ha tormentato in questi anni le diplomazie occidentali, a cominciare da quella statunitense. Se in Medio Oriente si dovessero tenere libere elezioni — era l'analisi —vincerebbero i movimenti di ispirazione islamista. E quanto avvenuto in Tunisia, quindi in Marocco e ora, come molti prevedono, in Egitto. La Fratellanza musulmana costituisce, da sempre, una grande forza, ben organizzata e. con una presenza capillare sul terreno. E dunque inevitabile che lasci il segno sul parlamento. La probabile affermazione però suscita reazioni contrastanti. Intanto perché il partito non appare più così compatto. In questi giorni di violenze sono emersi contrasti sulla linea da seguire. Inoltre sono cresciuti i sospetti da parte delle altre forze d'opposizione che il movimento cerchi un'intesa sotterranea con i generali cercando di consolidare il terreno in vista di appuntamenti politici futuri. Una linea pragmatica che, secondo gli ottimisti, dovrebbe invece rassicurare: perché conferma che la Fratellanza non rincorre la rivoluzione — semmai la cavalca — e alla fine punta al compromesso. Insomma, i «barbuti» non dovrebbero portare a sconvolgimenti maggiori — è il corollario — in quanto sono consapevoli delle ripercussioni dei loro gesti. La profezia benevola è tuttavia contrastata da quanti ritengono che sia il classico esempio dei lupi travestiti da agnelli. Rimasti a lungo mansueti perché consapevoli che non c'erano le condizioni per fare altro. Ma se investiti da un robusto mandato elettorale i Fratelli possono finalmente rivelare le loro ambizioni giocando anche sulla rabbia di una popolazione a lungo repressa. Un Egitto sotto lo stendardo della Fratellanza inquieta le minoranze, a cominciare dai copti duramente perseguitati. I progressisti invece temono le derive integraliste e l'abilità degli islamisti di giocare con il potere. Per carità, non sono dei mullah ma neppure dei liberai. Timori interni che si sommano a quelli internazionali. È naturale che i Fratelli appoggino i palestinesi di Hamas e — aggiungono i critici — è lecito attendersi nuove tempeste nei rapporti, già difficili, tra il Cairo e Israele. Così come nelle relazioni con gli Stati Uniti. E se prima si poteva biasimare un raìs-dittatore, domani non sarà più possibile perché sono le decisioni di una democrazia.

LIBERO - Carlo Panella : " In Egitto le elezioni più pazze del mondo "


Carlo Panella      Recep Erdogan

Non comprendiamo l'ottimismo di Carlo Panella per quanto riguarda il ruolo di Erdogan in Medio Oriente. Panella scrive : " l’unica vera incognita per il futuro dell’Egitto, riguarda la capacità di presa sui Fratelli Musulmani oggi messa in atto dal turco Tayyp Edrogan, impegnato allo spasimo per sottrarli alla tradizionale sintonia con l’Arabia Saudita (che li finanzia), nel tentativo di convertirli a una visione laica dello Stato. Con forza, durante la sua recente visita al Cairo, il premier turco li ha invitati a battersi per una visione laica e non shariatica dello Stato.". Sul fatto che Erdogan punti alla laicità dello Stato, è impossibile essere d'accordo. Il suo piano di islamizzazione ha reso la Turchia laica solo un pallido ricordo. Difficile credere che sia interessato alla laicità di qualche altro Stato. Molto più plausibile che, fedele al suo schema di conquista di un ruolo di primo piano per la Turchia in Medio Oriente, stia semplicemente tentando di limitare il potere di altri Stati limitandone l'influenza.
Ecco il pezzo:

La ressa nei seggi elettorali che ha obbligato a posticipare di due ore la chiusura delle urne ci consegnerà di qui a 4 mesi, quando il farraginoso meccanismo di voto sarà terminato, un Egitto che ben poco avrà a che fare con la piazza Tharir di questi ultimi giorni. È partito il primo di ben 12 turni che si terranno fino a marzo per determinare le due Camere; in lizza 42 partiti, molti raggruppati nelle 4 principali alleanze. Fatti salvi i brogli – che sono enfatizzati, non a caso, da questo lunghissimo calendario elettorale - è largamente prevedibile che andrà a finire come in Tunisia e in Marocco. Il partito Libertà e Giustizia – proiezione dei Fratelli Musulmani –sarà con ogni probabilità il primo partito del Paese,macon un risultato contenuto, che i sondaggi indicano tra il 25% e il 30%. Se si volesse vedere la cosa con ottimismo, si potrà dire che in verità –at - tribuito un 10% – 15% ai partiti salafiti –unbuon 60%-65%dei voti – e forse anche più –sarà a favore dei partiti laici. Ma nessuno di loro sarà in grado di contrastare la maggioranza relativa dei Fratelli Musulmani (come già è successo in Tunisia e in Marocco) per la drammatica ragione che sono divisi da piccole rivalità e diatribe e che non sanno elaborare una proposta convincente, che attiri consensi. Questo, nonostante che l’Egitto dal 1920 e sino al golpe di Neguib e Nasser del 1952, abbia visto l’ege - monia indiscussa del grande partito laico e nazionalista Wafd. Una tradizione stritolata da 50 anni di regime di Nasser e di Mubarak che oggi vede i laici–eancor più i liberali – privi di solidi legami con il complesso della società egiziana. In questo contesto, sarà importante verificare quale sarà il risultato di «Almasrien Alahrar», «Egiziani liberali», il partito laico fondato dal tycoon copto Naquib Sawiris (ex proprietario di Wind e oggi di www.libero.it, il primo portale in Italia), che dovrebbe raccogliere i voti della minoranza copta (10% degli elettori) e anche di ceti medi e agiati. Già da oggi però, si può prevedere che i veri vincitori delle elezioni. saranno i generali della Giuntaal potere. La totaleincapacità del movimento di febbraio di piazza Tharir di gestire politicamente la forza del movimento che si era esteso a tutto l’Egitto, ha infatti permesso ai generali di Mubarak di scaricare solo su di lui tutte le colpe, restando saldamente agganciati al potere, per di più col controllo del 30% dell’economia del Paese, in aziende che contano centinaia di migliaia di dipendenti anche nel settore turistico e agricolo. L’estremismo delle manifestazioni degli ultimi 10 giorni di piazza Tharir, è la controprova di quella incapacità di «fare politica», da parte di un movimento («Le Monde » l’ha definito «anarchico-islamista ») capace solo di occupare quella piazza-scenario, con parole d’ordine massimaliste contro la Giunta, senza più la capacità di avere dalla propria parte tutto il Paese, come avvenne a febbraio. Solo il decadere della professionalitàdi buonaparte degli inviatioccidentali, infatti, ha potuto legittimare il movimento recente di quella piazza come continuità di quello del febbraio scorso. Basti pensare alla panzana sul ruolo «centrale» che allora e oggi avrebbe Internet, accreditata da tanti inviati che non si sono resi ancora conto che in Egitto il 40% degli abitanti è di fatto analfabeta e che i computer sono in mano a non più del 5% degli abitanti. Solo i Fratelli Musulmani, purtroppo, hanno capitoche ilpotere della Giunta militare guidata dal feldmarsciallo Hussein Tantawi, la continuità inerziale del regime che essa rappresenta, non possono oggi essere incrinati, e sono scesi a patti con i generali. In realtà, l’unica vera incognita per il futuro dell’Egitto, riguarda la capacità di presa sui Fratelli Musulmani oggi messa in atto dal turco Tayyp Edrogan, impegnato allo spasimo per sottrarli alla tradizionale sintonia con l’Arabia Saudita (che li finanzia), nel tentativo di convertirli a una visione laica dello Stato. Con forza, durante la sua recente visita al Cairo, il premier turco li ha invitati a battersi per una visione laicae nonshariatica dello Stato. Uno scontro dentro l’Islam politico che è cruciale, non solo per l’Egitto.

Il FOGLIO - Daniele Raineri : "  Quant’è laica e moderna la Fratellanza il giorno delle elezioni in Egitto"


Daniele Raineri   Fratelli Musulmani

Il Cairo, dal nostro inviato. Gli sceicchi sono piazzati sui marciapiedi dirimpetto all’ingresso dei seggi, per convincere gli indecisi con la loro presenza carismatica e per soffiare un refolo di senso di colpa decisivo dentro chi pensasse, con la matita in mano e all’ultimo minuto, di votare un partito del blocco laico. Fuori sono fasci di volantini gettati nei finestrini delle auto, santini patinati piantati in mano, nuovi striscioni e pasti distribuiti con generosità in cambio della promessa di voto. Mai, da quando la campagna elettorale si è chiusa ufficialmente – rendendo qualsiasi attività politica fuorilegge – la propaganda ha raggiunto questa intensità al Cairo. L’affluenza è alta: davanti al seggio di Shubra, quartiere popolare misto, mezzo copto mezzo islamico, ci sono almeno 400 elettori in una coda che continua dietro l’angolo. Sull’isola dei ricchi di Zamalek le donne attendono con i tacchi alti, i camerieri di un caffè percorrono la fila prendendo ordinazioni. A Moqattam, che è nella cinta della metropoli resa fangosa dalla pioggia, va peggio, anche se lì i seggi sono due e separati, uno per gli uomini e un altro per le donne. “Servono almeno cinque ore per votare”, dicono al Foglio. Tanto da convincere la commissione elettorale a spostare la chiusura dalle sette alle nove di sera, come se non fosse bastato, venerdì, aver allungato di un giorno le operazioni di voto. Si tratta di una decisione obbligata, considerando che i militari hanno imposto una legge elettorale cervellotica e ieri in alcuni seggi le schede avevano 122 candidati tra cui scegliere i due nomi o perdersi. La sensazione al Cairo è che i Fratelli musulmani con il partito della Giustizia e libertà – lo stesso nome del partito al governo nella Turchia dell’ammirato primo ministro Erdogan – e i sei partiti salafiti guidati da Hizb an Nour – il partito della Luce – abbiano investito il massimo dei loro sforzi e delle loro risorse per stravincere a questa tornata. Secondo indiscrezioni che già circolano sui dati del voto degli egiziani residenti all’estero, e che servono da prime indicazioni, la Fratellanza è in vantaggio. I residenti in Arabia Saudita avrebbero votato il Partito giustizia e libertà al 75 per cento. E venerdì scorso all’elezione interna nel sindacato degli ingegneri, abbastanza rappresentativa con i suoi 400 mila membri, l’organizzazione ha di nuovo prevalso. Per il voto che conta, quello nazionale, è lo stesso. I Fratelli sono ubiqui e occhiuti laddove i partiti liberali non hanno abbastanza uomini per sorvegliare tutti i seggi. Fuori dalla scuola di Moqattam, a un paio di passi dal solito sceicco di guardia, c’è, con giaccone, occhiali, voce bassa e timida, un osservatore di al Kutla al Misriya, il Blocco egiziano laico guidato dal magnate Naguib Sawiris. Accanto ecco l’agente di zona dei Fratelli musulmani: spilletta brillante con le due sciabole incrociate in campo verde, camicia fresca, in completo elegante come se stesse per sposarsi, in mezzo a un gruppo di elettori appena usciti dal seggio. La capacità dei Fratelli musulmani di sferrare il loro colpo migliore a queste elezioni non sta soltanto in questa rete di agenti che fa assistenza ai poveri, incoraggia, spaventa, tiene fisicamente il territorio. E’ anche, in generale, nella duttilità politica dimostrata. In questa campagna il partito ha aderito con disciplina a un programma moderno – o alla sua dissimulazione – e senza sbandamenti contro cui i critici avrebbero potuto aprire il fuoco. Venerdì c’è stata una manifestazione violentemente antisemita da cui però la Fratellanza s’è dissociata più tardi. Ripetono che non ci saranno discriminazioni religiose o di sesso, che non ci saranno restrizioni sull’apertura di chiese – al momento è necessaria un’autorizzazione del presidente – che non modificheranno gli accordi di Camp David sulla pace con Israele. Ma fuori dai seggi s’incontrano anche i loro critici, che raccontano il loro voto contrario con parole identiche: “Questo è l’Egitto, non vogliamo che diventi un secondo Iran”.

L'UNITA' - Umberto De Giovannangeli : " «In Egitto è il primo passo di una svolta democratica "


Amr Moussa

Amr Moussa, ex segretario della Lega Araba e candidato alla presidenza dell'Egitto, sostiene che queste elezioni siano il primo passo verso la democrazia e che un altro passo significativo sia l'inclusione dei partiti islamisti. L'inclusione e l'ipotetica vittoria dei Fratelli Musulmani e dei salafiti sarebbe portatore di democrazia? La Sharia è compatibile con la democrazia? Udg non batte ciglio, troppo occupato a stendere il tappeto rosso per Amr Moussa per contraddirlo?
Ecco l'intervista:

È considerato il favorito alla Presidenza dell’Egitto: già ministro degli esteri dal 1981 al 1991, Amr Moussa, lasciò l’incarico quando fu eletto segretario generale della Lega Araba, incarico che ha ricoperto fino al giugno 2011. Nei giorni della «Rivoluzione dei Loto », Moussa si schierò con i ragazzi di Piazza Tahrir, condividendone le apirazioni al cambiamento e la loro battaglia di libertà.Unabattaglia che ora prosegue anche attraverso lo sviluppo del percorso elettorale.
«Queste elezioni - dice Moussa a l’Unità - rappresentano un primo passo verso la democrazia. E le file ai seggi ne sono una testimonianza straordinaria, incoraggiante ».
E a chi paventa, o teme, che dalle urne possa scaturire una vittoria schiacciante dei Fratelli Musulmani, l’ex segretario generale della Lega Araba, replica: «Il panorama politico risulta molto frastagliato. Attendiamo di conoscere i risultati, ma credo che dalle urne non uscirà un vincitore assoluto. La prospettiva più probabile è quella di un governo di coesione nazionale».
E aggiunge: «Ritengo che inserire le formazioni “islamiste” nel processo elettorale rafforzi la democrazia egiziana».
Mentre parliamo i seggi sono ancora aperti...
«Lo sono per permettere a tutti di poter esercitare il diritto di voto. Ho visitato numerosi seggi elettorali. Unacosa che miha particolarmente colpito è al presenza di giovani. Di giovani e delle donne. È un fatto di grande rilevanza, perché i giovani e le donne sono stati tra i protagonisti della Primavera egiziana. Una “Primavera” che sta continuando».
Non tutti sono di questo avviso. Piazza Tahrir non ha smobilitato e continua a chiedere una uscita di scena dei militari.
«Nessuno deve criminalizzare quelle posizioni né demonizzare la Piazza, perchè Piazza Tahrir resta un luogo di democrazia che va preservato. Con la stessa nettezza dico che aver scelto la via delle urne non significa affatto aver tradito lo spirito della rivoluzione.Semmai è vero il contrario. Abbiamo combattuto per una svolta democratica. Siamo all’inizio, ma è un buon inizio. Considero queste elezioni non come il compimento ma comeil primo passo verso la democrazia ».
Equali dovrebbero essere a suo avviso i passi successivi?
«Eleggere il Presidente il prima possibile. Sono sempre stato convinto che la situazione non si stabilizzerà finchénon ci sarà unPresidente nella pienezza delle sue funzioni, un Parlamento euna nuova Costituzione ».
C’è chi teme che dalle urne possa uscire trionfatrice la Fratellanza Musulmana. «Attendiamo lo scrutinio dei voti. Ma ritengo poco probabile questo “trionfo”. Il panorama politico è molto frastagliato e non credo che dalle urne uscira un vincitore assoluto. Ritengo più probabile che si vada verso un governo di coesione nazionale. C’è una cosa, però, che andrebbe sottolineata a seggi ancora aperti...».
Quale?
«Per quanto mi riguarda, ma non credo che di essere il solo a pensarlo, l’inclusione di partiti “islamisti” nel processo elettorale rafforzi la democrazia e non la metta in pericolo. Questo vale per l’Egitto ma ritengo anche per gli altri Paesi che sono andati al voto, come al Tunisia e il Marocco ».
Qualè l’idea di democrazia di cui lei si fa portatore?
«L’idea di una democrazia diffusa, che nasce dal basso, con consigli comunali e sindaci eletti,comei governatori e le assemblee regionali. C’è bisogno di una rapporto diretto, costante tra elettori ed eletti. È questo, credo, ilmodomigliore per selezionare una nuova classe dirigente ».
La domanda che in molti si pongono, dentro e fuori l’Egitto, e se i militari si ritireranno nellecasermedopole elezioni.
«Su questo sento mi dichiaro ottista. Un ottimismo vigile... E questo ottimismo è cresciuto constatando la partecipazione al voto di oggi (ieri, ndr). Indietro non si torna. Quel voto è un investimento sul futuro. La democrazia non è un esercizio formale, comunque non lo è più per l’Egitto del dopo-Mubarak».
Nel dopo-Mubarak, molti analisti vedono Amr Moussa come Presidente...
«Troppo buoni, ma mi lasci essere scaramantico...».
Scaramanzia a parte, se fosse lei il futuro Presidente dell’Egitto, c’è una battaglia particolare in cui si impegnerebbe nei primi cento giorni?
«Ve ne sarebbero più d’una. L’impegno a rilanciare l’economia, certamente, e questo rilancia passa anche attraverso la lotta alla corruzione ovunque essa si annidi».

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