Il volto brutale della cosidetta 'primavera araba' continua a manifestarsi in Egitto, in attesa delle imminenti elezioni. Non riprendiamo la cronaca della mattanza di Piazza Taharir, abbondantemente descritta dai giornali di oggi, 21/11/2011. Dal CORRIERE della SERA, a pag.3, il pezzo di Viviana Mazza, interessante per il ritratto di Bothaina Kamel, e dalla STAMPA, a pag.5, l'intervista di Ludina Barzini a Amr Moussa, preceduta da un nostro commento.
Ecco gli articoli:
Corriere della Sera-Viviana Mazza: " I generali peggio del rais, arrrestata Bothaina la ribelle "


Bothaina Kamel Piazza Taharir
Bothaina Kamel è l'unica candidata donna alle elezioni presidenziali in Egitto, che potrebbero non tenersi prima del 2013. Risponde al telefono ieri, poco dopo mezzogiorno, mentre si prepara ad unirsi ai manifestanti in piazza Tahrir. Lì ha trascorso diverse ore anche nella notte di sabato, portando medicinali ai manifestanti e tornando a casa alle 6 del mattino. «Indosso due paia di pantaloni, per proteggermi dai proiettili di gomma». Ride. «Ormai abbiamo anche un codice di abbigliamento».
I manifestanti sono stati definiti «nemici dell'Egitto» dai generali che guidano il Paese. «Macché, sono loro i criminali e i fuorilegge — dice Kamel, 49 anni, musulmana, madre, giornalista e attivista —. Il Consiglio supremo delle forze armate è come Mubarak, se non peggio di Mubarak». Poche ore dopo, verrà arrestata in piazza dalla polizia insieme ad alcuni giovani: l'allarme si diffonde subito su Twitter e Facebook. In breve tempo, viene rilasciata.
La data delle presidenziali non è stata fissata, ma si terranno solo dopo le elezioni parlamentari (che iniziano il 28 novembre e dureranno mesi) e dopo che verrà scritta la nuova Costituzione. E non è chiaro quando la Giunta militare cederà il controllo del Paese. Per questo, Kamel ha deciso che è tornato il momento di scendere di nuovo in piazza. «Crediamo che il Consiglio supremo delle forze armate non lascerà il potere se la rivoluzione non continua».
Ex presentatrice radiofonica e televisiva ma anche attivista dell'opposizione con impeccabili credenziali, Kamel prese una «pausa» dalla Tv di Stato nel 2005 perché non sopportava di appoggiare la propaganda di regime durante le elezioni. Alcuni anni prima, il suo popolare programma radio «Confessioni notturne», nel quale gli ascoltatori chiedevano consigli e si sfogavano su questioni come abusi sessuali e rapporti prematrimoniali, era stato cancellato dal «comitato governativo per la religione» perché «danneggiava la reputazione» dell'Egitto. Ora Kamel ride nel parlare dell'attacco hacker di ieri al sito ufficiale della Tv, accusata di «servire il regime militare» oggi proprio come prima «lavorava» per Mubarak. «Tutti i media — spiega la candidata — sono ormai dominati dalle forze armate. Non possiamo parlare, se non su giornali e tv stranieri o attraverso i social media, YouTube, Internet. E' peggio che sotto Mubarak! Eppure migliaia di persone sono accorse in piazza».
Sabato Kamel era a casa: da tre giorni aveva iniziato uno sciopero della fame in solidarietà con i genitori del blogger Alaa Abdel Fattah, arrestato il 30 ottobre (accusato di aver istigato la folla alla violenza durante le proteste del 9 ottobre, che finirono con la morte di 27 manifestanti, ha rifiutato di rispondere alle domande considerando il tribunale militare illegittimo). «Ma dopo aver visto i lacrimogeni in piazza — spiega Kamel —, ho interrotto lo sciopero della fame perché è questo il momento di agire. Non possiamo perdere adesso. L'esercito è al potere da 60 anni e se la rivoluzione viene sconfitta, il regime durerà altri 60 anni. Le nostre richieste sono tre: vogliamo la transizione del potere dall'esercito ai civili. E inoltre, chiediamo la fine dei processi militari e la liberazione dei rivoluzionari arrestati».
Kamel si augura che le manifestazioni continuino nei prossimi giorni. «C'è anche un hashtag, #TahrirNeeds, che serve per chiedere su Twitter cosa serve». «Tahrir ha bisogno di siringhe, anestetico, pillole di Voltaren, Betadine, Brufen, Cataflam da 50 mg, cotone, bende, guanti», recitava un tweet ieri pomeriggio. Ma Tahrir e l'Egitto non hanno anche bisogno di pace, per andare avanti, per condurre le prime elezioni dopo la caduta di Mubarak? «Siamo consapevoli che ci vuole tempo per la democrazia e per costruire il nuovo Egitto, anche perché la nostra società è stata distrutta sotto Mubarak — replica Kamel — e sappiamo che il nostro cammino è lungo, ma dobbiamo difendere la nostra dignità». Un cagnetto furioso abbaia di sottofondo, come trascinato dalla rabbia della padrona. Lei continua con voce più alta. «La folla è stata aggredita dalla polizia, tentano di spezzare la nostra dignità, ma questo ci dà maggiore forza, ci convince che è necessario liberare l'Egitto. Sabato la polizia mirava agli occhi dei manifestanti, soprattutto dei giovani. Uno di quei ragazzi ha scritto: "L'esercito vuole che la gioventù sia cieca"». Lei dice di aver visto, a terra, proiettili che portavano la scritta «made in Italy», e di esserne rimasta scioccata.
Kamel, che correrà come «indipendente», non è l'unica candidata alle presidenziali scesa in piazza. Ieri c'era anche l'islamista Hazem Salah Abou-Ismail, che si era rifugiato durante gli scontri nella moschea Omar Makram con i seguaci. «Ci sono forze politiche diverse, oggi come il 25 gennaio — dice lei —. Ma quel che conta è il messaggio: la rivoluzione è ancora viva». Dice pure che appoggerebbe la proposta di Mohammed ElBaradei, altro candidato presidenziale, di formare un consiglio civile di transizione pur di sottrarre il potere ai generali. E poi si scusa, ma spiega: «Devo andare. Devo tornare in piazza Tahrir».
La Stampa-Ludina Barzini: " Serve un presidente, basta perdere tempo "
Non basta portare un cognome illustre per continuarne la fama. L'intervista di Ludina Barzini è manchevole sotto molti aspetti.
Primo, le domande troppo benevole, di fronte a un personaggio che di cose da dire ne avrebbe, se solo gli fossero state chieste.
Secondo, molto più grave, l'aver inserito i Fratelli Musulmani nel blocco che ospita nel suo nome la parola magica 'democratico', come se fosse sufficiente fregiarsene per esserlo. In poche parole o Barzini non sapeva chi era l'intervistato, oppure ha preferito ascoltare la descrizione del libro dei sogni di Amr Moussa, credendoci. Di certo non ha fatto un buon servizio al lettori.


Amr Moussa Ludina Barzini
A Piazza Tahrir la gente si raduna e protesta contro il potere dei militari che non sembra diminuire, anche se le imminenti elezioni dovrebbero chiarire il quadro politico. I partiti registrati sono oltre cinquanta, 35 nuovi. Ma in realtà sono quattro i principali blocchi partitici. Il più importante è l’Alleanza Democratica che comprende vari partiti islamici tra cui il partito di Libertà e Giustizia nato dal movimento della Fratellanza Musulmana e alcune formazioni liberali e socialiste. Sono anche previste, in seguito, elezioni presidenziali. Amr Moussa è il candidato favorito alla presidenza: 75 anni, diplomatico di grande esperienza: già ministro degli Esteri dal 1981 al 1991, quando è stato eletto segretario generale della Lega Araba fino alla fine di giugno 2011. Lo incontriamo nell’ufficio al pianterreno di una villetta che è il suo quartiere generale a Giza. «Sì, sono candidato alla presidenza. La mia posizione all’origine prevedeva le elezioni presidenziali prima di quelle politiche e non viceversa come è stato deciso dal Consiglio supremo militare. La situazione non si stabilizzerà finché non ci sarà un presidente, un parlamento e una nuova costituzione».
Prima le elezioni presidenziali o prima la costituzione?
«Secondo i militari prima la costituzione perché sostengono che un parlamento non può esistere senza una nuova costituzione. Ma oggi esiste una carta costituzionale vergata dal Consiglio militare che viene continuamente modificata. Il sentimento generale che prevale fra i politici e i civili è che è necessarioeleggere il presidente appena possibile».
Lei, candidato presidente ha già un programma elettorale?
«Ho proposto un piano per ridisegnare il sistema della governance delle amministrazioni locali e anche la riorganizzazione dei distretti regionali. La mia opinione è che la democrazia deve venire dal basso con consigli comunali e sindaci eletti, le assemblee regionali e i governatori. Questa atomizzazione apre tre strade: i giovani non devono aspettare di avere 25 anni per essere eletti come per il Parlamento ma sono eleggibili a 21 anni. Le donne possono essere elette e si forma una nuova classe politica».
Esiste anche un programma che non ha ancora annunciato?
«Il problema della corruzione è grave perché è entrata a far parte di un sistema legalizzato. Non è una nuvola passeggera è stata scritta nelle pieghe di molte leggi sotto forma di eccezioni alla regola. Dovremmo eliminare i cavilli legali per abbatterla. È necessario creare programmi di educazione all’ambiente nei villaggi e nelle città dove le condizioni di vita si stanno deteriorando. La buona cosa è che ci sono molti specialisti di alto livello che non sono stati consultati e usati dal regime precedente che ha preferito ascoltare adulatori leali anziché esperti. Questo deve cambiare».
A cosa attribuisce il fenomeno domino della primavera araba?
«Ricordiamo quando in Europa dell’Est un Paese dietro all’altro rivendicava la democrazia è successo lo stesso nel mondo arabo. È cominciato quando Mohammed Bouazizi si è bruciato vivo a Sidi Bou Said in Tunisia e poi è successo altrove e anche qui e crescevano le proteste contro i dittatori, che avevano esagerato nel volere come successori i propri figli in Egitto, Tunisia, Yemen, Libia. In Siria era già successo. Si è visto che esiste una nazione araba e che i cittadini non accettavano i figli come leader dopo che i padri avevano dimostrato di aver governato male».
E negli altri Paesi cosa succede?
«La mia previsione è che tutti i Paesi arabi subiranno una trasformazione. E anche l’Iran non rimarrà com’è. Anche se non è un argomento convincente che il discorso nucleare sembra valido per Israele mentre non lo è per l’Iran. Penso che si dovrà creare una zona libera da armi nucleari. La Turchia si muove velocemente e anche Israele dovrà cambiare perché sarà circondatodaPaesi trasformati».
L’assalto all’ambasciata d’Israele al Cairo chi l’ha voluto?
Non so cosa sia successo ma spero che la questione venga gestita in modo serio. Il messaggio era chiaro: la gente non accetta il modo in cui i palestinesi vengono trattati».
Quali saranno i possibili risultati elettorali. Vincerà la Fratellanza
Musulmana?
«Il panorama politico egiziano non è ancora abbastanza maturo e quindi non ci sarà un partito con una maggioranza e sarà necessario trovare un accordo di coalizione».
Pensa che i militari si ritireranno dopo le varie elezioni?
«Sì, la democrazia non è un avvenimento. È un fatto che si costruisce giorno per giorno e che dovremmo proteggere, sostenere, nutrire e non sarà facile. Si capisce già e non c’è dubbio che ci saranno oppositori alla democrazia. Abbiamo perciò bisogno di persone autorevoli e forti che stiano dalla nostra parte e che possono mobilitare persone in difesa della democrazia».
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