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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Foglio-Il Giornale Rassegna Stampa
19.11.2011 Egitto, Siria: tra rivolte e guerra civile, l'analisi di Daniele Raineri
con una incredibile affermazione di Hillary Clinton

Testata:Il Foglio-Il Giornale
Autore: Daniele Raineri-Editoriale del Foglio-Redazionale del Giornale
Titolo: «Squadra anti Ankara-Cairo, prova di forza-Assad resiste. e la Clinton avverte: ' c'è il rischio di una guerra civile'»

Egitto, Turchia, Siria, il mondo arabo-musulmano sempre più davanti a nuove rivolte mentre avanza l'islam nelle istituzioni. Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 19/11/2011, a pag.3, l'editoriale. Da pag.1, l'analisi di Daniele Raineri dal Cairo. Dal GIORNALE una breve sulla Siria, con una incredibile dichiarazione di Hillary Clinton, che rivela il grado di sottovalutazione nel quale si dibatte la poltica estera americana.
Ecco gli articoli:

Il Foglio- " Squadra anti-Ankara "

Non c’è soltanto l’ampio fronte anti Assad guidato dalla Turchia – certo che come lo fanno loro quello che l’occidente vorrebbe fare – e che passa per Stati Uniti, Unione europea, stati arabi africani – ieri a piazza Tahrir al Cairo sventolavano bandiere siriane – e regni sunniti del Golfo capitanati da Arabia Saudita e Qatar. C’è anche il fronte contrapposto. L’asse anti Ankara e anti Erdogan. Oltre all’Iran, ci sono i sadristi guidati da Moqtada al Sadr in Iraq, che hanno annunciato il loro appoggio a Damasco (Baghdad al voto della Lega araba che ha sospeso la Siria si è astenuta, è stata l’unica) perché “è in guerra contro Israele”: in realtà, gli sciiti di al Sadr sono spaventatidalla marcia dei sunniti siriani verso il potere, sunniti che sono una cosa sola con i poco raccomandabili sunniti iracheni (eh sì, se Assad perde, sono loro a vincere: prima o poi ci si dovrà porre il problema). Della squadra anti Ankara fanno parte anche i russi: l’agenzia di stato di Damasco parla di navi russe in navigazione verso la costa siriana per scoraggiare “interventi armati stranieri”. Nel sabba delle notizie pro e anti Assad, circola persino questo pezzo clamoroso di intelligence: gli Stati Uniti pensano che l’Iran abbia già tre testate nucleari e stanno spostando armi atomiche in Arabia Saudita (una nuova Baia dei porci, Corano permettendo).

Il Foglio-Daniele Raineri: " Cairo, prova di forza "

 

Il Cairo, dal nostro inviato. Ieri piazza Tahrir al Cairo s’è riempita di nuovo come non succedeva dai tempi della rivoluzione di gennaio. Non c’erano più le facce dei giovani, degli uomini dei sindacati dei lavoratori e dei progressisti, c’erano egiziani diversi. Per tutta la prima mattina, con organizzazione ferrea, autobus presi a noleggio hanno scaricato in piazza i membri dei partiti islamisti: soprattutto Fratelli musulmani, ma anche appartenenti ai sei gruppi politici in cui sono divisi i salafiti, i più duri. La Fratellanza aveva chiesto ai suoi di alzare i palchi e presidiare Tahrir fin dalla sera prima, con coperte e sacchi a pelo: ieri un doppio cordone umano ha circondato la zona e la folla in entrata era perquisita con metodo. Dopo la preghiera di mezzogiorno, è arrivato anche il corteo dei giovani, ma non è riuscito a diluire la presenza degli islamisti: “Le barbe vincono dieci a uno”, “è la Disneyland dei salafiti”, sono un paio di commenti al volo che rendono bene la composizione della protesta. L’album di famiglia dell’estremismo egiziano c’era tutto: i fratelli Tariq e Abdel el Zummor, menti dell’assassinio del presidente Anwar el Sadat; Abu Omar, l’imam sequestrato dalla Cia a Milano; il nipote del numero due di al Qaida, Ayman al Zawahiri, e il suo ex compagno di cella al Cairo, Adel Shehato, uno dei più aggressivi. Striscioni e bandiere chiedevano tra le altre cose anche la liberazione di Omar Abdul Rehman, lo sceicco egiziano detenuto in America per terrorismo. Anche se al Jazeera parla di “un milione di persone” e la piazza è stata definita colma, la cifra più verosimile è vicina alle 50 mila persone e a Tahrir c’era ancora spazio (al Jazeera è ancora innamorata della primavera araba, il suo “milione di persone” sta diventando un’unità astratta buona per ogni occasione, ora anche per le barzellette). Quel che più conta, però, è che il disastro politico si è compiuto: i generali che sono stati gli eroi di gennaio hanno tutti contro, dai copti agli amici di Bin Laden.Subito dopo il silenzio della preghiera di mezzogiorno, dai cinque palchi di piazza Tahrir si è scatenata una cacofonia indicibile di slogan e proteste – ma tutte con una stessa linea in comune: i generali devono accelerare il processo di transizione e consegnare il potere ai civili. In soli dieci mesi il Consiglio dei generali che governa l’Egitto dopo la cacciata di Mubarak e che godeva di un capitale politico quasi illimitato lo ha sperperato tutto aveva il sole in fronte come salvatore della patria – perché si era rifiutato di sparare sulla folla – e ora piazza Tahrir indirizza gli stessi canti che prima dedicava a Mubarak contro “al Mushir”, il feldmaresciallo, ossia il capo dell’esercito Mohamed Hussein Tantawi. Il caso che ha portato alla rottura tra islamisti (seguiti da buona parte delle fazioni politiche) e generali è l’annuncio la scorsa settimana dell’arrivo di leggi immodificabili che saranno superiori alla Costituzione ancora da scrivere. La battaglia su questi cosiddetti princìpi sovracostituzionali è ambigua. I generali che godono ancora dell’80 per cento dei consensi nel paese hanno inserito alcune norme che proteggono l’impianto laico della nazione, in modo da essere inattaccabili da fuori: ma come, stiamo implementando il modello turco, non vorrete la deriva verso una teocrazia? Ma tra le norme ne hanno messe alcune degne di una dittatura militare: avrebbero potere di veto su ogni singolo articolo della futura Costituzione e il loro budget deve restare opaco senza alcun controllo da parte del governo civile anche in futuro. Fratelli musulmani e salafiti sono altrettanto ambigui. Con il pretesto di combattere una battaglia di libertà, vorrebbero scardinare qualsiasi principio base, in modo da avere le mani libere per le riforme che hanno in mente quando vinceranno le elezioni. I protagonisti di gennaio sono ormai evenescenti.

Il Giornale- " Assad resiste. e la Clinton avverte: ' c'è il rischio di una guerra civile' "

Hillary Clinton teme una 'guerra civile' in Siria: c'è qualcuno di buona volentà disposto a informarla che la guerra civile c'è da diversi mesi, forse lei si era distratta...

Ancora morti, ancora pressio­ni internazionali e dai paesi arabi.
Ma Assad prende tempo e cerca di resistere: Damasco prova a chie­dere modifiche al memorandum della Lega Araba per l’invio di os­servatori, anche se l’organizzazio­ne­con sede al Cairo si prepara a re­spingere le richieste siriane. Se­condo attivisti, la repressione ieri è costata la vita ad altre 19 perso­ne. Ma soprattutto il segretario di Stato Usa Hillary Clinton ha evoca­to lo spettro della guerra civile: «Penso possa scoppiare una guer­ra civile, con una opposizione co­sì determinata, bene armata e fi­nanziata » ha detto, aggiungendo che l’America non approva l’uso delle armi: «Siamo in favore delle manifestazioni pacifiche e del­l’opposizione non-violenta».
Oggi scade l’ultimatum di tre giorni imposto dai ministri arabi alla Siria perché applichi sul terre­no il piano formalmente accetta­to «senza riserve» due settimane fa. In caso contrario, scatteranno non meglio definite sanzioni eco­nomiche. Fonti diplomatiche ara­be citate dalla stampa libanese ri­feriscono però che la Lega Araba avrebbe già respinto gli emenda­menti presentati in extremis dalla delegazione siriana. Secondo la Bbc , la Siria aveva accettato «in principio» il memorandum, chie­dendo alcune modifiche, in parti­colare riguardo l’esclusione di at­tivisti per i diritti umani dalla squa­dra di osservatori, che dovrebbe essere composta - stando alla ri­chiesta di Damasco - solo da rap­presentanti civili dei governi ara­bi. Riunitisi a Damasco su richie­sta del regime, gli imam e i predica­tori delle moschee in Siria hanno criticato fortemente il piano della Lega Araba definendolo un espe­diente per aprire le porte all’inter­vento straniero nel Paese.
Ieri, un ennesimo venerdì di protesta, con cortei e manifesta­zioni anti- regime in circa 200 loca­lità. E altri morti, almeno dician­nove, tutti civili. Che si aggiungo­no ai 22 dell’altro giorno, tra cui quattro militari unitisi agli abitan­ti. Mentre da parte sua l’agenzia uf­fi­ciale siriana Sana parla dell’arre­sto di dieci terroristi nella regione nord-occidentale di Idlib.

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