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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Foglio - L'Unità Rassegna Stampa
12.11.2011 Agenzie Onu a rischio bancarotta dopo i tagli dei fondi Usa
Cronaca del Foglio, lamenti di Udg pro Unesco

Testata:Il Foglio - L'Unità
Autore: Redazione del Foglio - Umberto De Giovannangeli
Titolo: «Agenzie dell’Onu a rischio bancarotta dopo il voto sui palestinesi»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 12/11/2011, a pag. 3, l'articolo dal titolo "  Agenzie dell’Onu a rischio bancarotta dopo il voto sui palestinesi". Dall'UNITA', a pag. 33, l'articolo di Umberto De Giovannangeli dal titolo "  Unesco e Israele ai ferri corti. Ma Berlino sblocca i fondi", preceduto dal nostro commento.
Ecco i pezzi:

Il FOGLIO - "  Agenzie dell’Onu a rischio bancarotta dopo il voto sui palestinesi"


Onu

Roma. L’Unesco rischia la bancarotta. L’agenzia dell’Onu per la cultura e la scienza ha sospeso tutte le nuove attività per il 2011. Una decisione drammatica e senza precedenti per far fronte a un grave deficit di bilancio. Un collasso economico che deriva dalla decisione degli Stati Uniti e di Israele di bloccare i fondi all’organizzazione dopo che la Palestina vi è stata ammessa come membro, lo scorso 31 ottobre. Lo ha annunciato il direttore generale Irina Bokova. L’Unesco è stata la prima agenzia dell’Onu a riconoscere a pieno titolo Abu Mazen. L’Autorità nazionale palestinese appare intenzionata a ottenere simili riconoscimenti da parte di altri organismi dell’Onu in una sorta di campagna internazionale destinata a spingere la massima istanza mondiale ad accettare la richiesta di adesione entro un anno. Tempi difficile si prospettano per molti organismi delle Nazioni Unite, specie se dovesse fallire (come pare) il percorso palestinese in seno al Consiglio di sicurezza per ottenere il riconoscimento di stato membro. In questo caso, la delegazione palestinese potrebbe decidere di avviare un riconoscimento “de facto”, chiedendo cioè l’ammissione in altre agenzie chiave del Palazzo di Vetro. Sedici in tutto, come ha spiegato l’ambasciatore palestinese a Ginevra, Ibrahim Khreisheh. Per l’Unesco è la peggiore crisi dagli anni Ottanta, quando l’agenzia fu al centro di incredibili e grotteschi scandali per lo spreco di denaro, la corruzione, il nepotismo dei suoi dirigenti e l’inefficienza della sua azione. Nel 1984 gli Stati Uniti di Ronald Reagan ne uscirono, dopo una serie di scontri con il capo dell’organizzazione, il senegalese Amadou-Mahtar M’Bow. Washington lasciò l’Unesco soprattutto per i suoi toni anti occidentali e per “le minacce alla libera stampa e al libero mercato”. Il segretario dell’Unesco, consapevole che senza i fondi americani non sarebbe andato da nessuna parte, si affidò, al prezzo di quindicimila dollari al mese (più le spese), a una società di lobbying statunitense che avrebbe dovuto tentare di convincere i senatori e i deputati di Washington a cambiare idea. Purtroppo quei quindicimila dollari furono sottratti da un conto Unesco destinato a finanziare la ricerca sul cancro. Lo scandalo gettò nel disonore l’agenzia. Una legge americana del 1994, che il deputato Kay Granger ha appena proposto di rafforzare, impedisce a Washington di finanziare gli enti dell’Onu che accettano i palestinesi. Quindi queste agenzie andrebbero incontro a un impoverimento economico qualora accettassero la richiesta palestinese. Per l’ingresso nell’Organizzazione mondiale della sanità ai palestinesi basta una semplice maggioranza. E’ un obiettivo facile. Ma a rischio dei 387 milioni di dollari americani, che l’agenzia ha già definito “vitali”. Stessa sorte per l’Agenzia atomica di Vienna, che rischia di perdere 187 milioni. Quattro quinti dei voti sono richiesti per entrare nell’Organizzazione internazionale dell’aviazione, mentre due terzi per l’Organizzazione del lavoro. I palestinesi, avendo già vinto all’Unesco, possono chiedere l’ingresso nell’Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale, così come nell’Organizzazione per lo sviluppo industriale. I palestinesi hanno in programma di chiedere l’accesso anche alla Fao, che ha sede a Roma. Ma è soprattutto alla Corte penale dell’Aia che Abu Mazen adesso guarda. Non c’è rischio sui fondi, perché né Israele né gli Stati Uniti la finanziano. Una volta dentro, i palestinesi potrebbero chiedere di incriminare lo stato ebraico per “crimini di guerra e contro l’umanità”.

L'UNITA' - Umberto De Giovannangeli : "  Unesco e Israele ai ferri corti . Ma Berlino sblocca i fondi"


La vignetta che ha suscitato le ire dell'Unesco

Contrariamente a quanto sostengono Udg e Hanan Ashrawi, il taglio dei fondi all'Unesco non ha nulla a che vedere con la cancellazione della presunta memoria palestinese. Non ha nulla a che vedere perchè non c'è nessuna storia palestinese da ricordare. Il popolo palestinese non esiste, è un'invenzione frutto della propaganda araba contro Israele. Chi cerca di cancellare la storia ebraica sono gli arabi, da sempre aiutati dall'Unesco
Udg descrive la vignetta su Haaretz e le reazioni ddi sdegno provocate all'Unesco "
Con un occhio anche alle tensioni militari fra Israele ed Iran, il caricaturista Eran Wolkowski aveva disegnato il premier Benyamin Netanyahu e il ministro della difesa Ehud Barak, in posa militarista, mentre davano le ultime istruzioni ad alcuni piloti dell’aviazione, presumibilmente in partenza per colpire gli stabilimenti nucleari in Iran. «E sulla via del ritorno - diceva Netanyahu - bombardate anche gli uffici dell’Unesco a Ramallah». ". E' evidente che la vignetta era contro Netanyahu, bastava guardare la testata sulla quale è stata pubblicata, per altro. Ma Unesco e Udg l'hanno presa molto sul serio, dimostrando, oltre a scarsa conoscenza della storia, anche scarso senso dell'umorismo.
Ecco il pezzo:

«Non gli basta espropriarci delle nostre terre. Ora mirano anche ad espropriarci della nostra memoria storica. Una memoria che si rispecchia in quei monumenti e luoghi di culto che gli “esprpriatori di memoria” vorrebbero ridurre a ruderi. E il taglio dei finanziamenti dal’Unesco è parte di questo progetto». A denunciarlo a l’Unità è una delle personalità più autorevoli della dirigenza palestinese:Hanan Ashrawi, paladina dei diritti umani nei Territori, la prima donna portavoce della Lega Araba. Siti palestinesi dienorme importanza culturale e religiosa per tutte e tre le fedi monoteiste, come la Chiesa della Natività a Betlemme, e la Moschea di Abramo e la Tomba dei Patriarchi a Hebron (al-Khalil per i palestinesi), e luoghi di alto valore naturalistico come il Mar Morto, che attualmente versano in condizioni di profondo degrado, potranno essere meglio protetti grazie all’ingresso della Palestina nell’Unesco. Protetti ma non sottratti all’incuria del tempo. Perché i finanziamenti tagliati all’agenzia dell’Onu.
MONUMENTI E MEMORIA
Attacco alla memoria collettiva significa, in questo caso, che Betlemme sarebbe stato uno dei siti tutelati, dopo l’ingresso della Palestina nell’Unesco. Ora la decisione degli Usa di tagliare i fondi, mette a serio rischio questa tutela. Il popolo palestinese, come ogni altro popolo del mondo, ha il diritto di preservare la propria storia e il proprio patrimonio culturale, senza discriminazioni odiose o esclusioni dettate da ragioni politiche. Ed è proprio questa la funzione dell’Unesco: proteggere e salvaguardare la dignità di tutte le culture. Per gli anni 2012-2013 l’Unesco dovrà far fronte ad un deficit di 143 milioni di dollari. Il rischio è quello di un effetto a catena: dopo Usa e Israele, altri Paesi potrebbero venir meno al loro impegno verso l’Unesco. Un segnale di speranza è venuto da Berlino: al contrario di quanto si era ventilato, il governo tedesco continuerà a pagare il proprio contributo all’Unesco anche dopo il riconoscimento della Palestina come membro dell’organizzazione delle Nazioni Unite. La maggioranza di centrodestra che sostiene la cancelliera Angela Merkel ha deciso di ritirare la disposizione che avrebbe bloccato il finanziamento previsto per il prossimo anno. Lo ha comunicato ieri alla Dpa Herbert Frankenhauser, politico responsabile del bilancio presso il ministero degli Esteri.
SARCASMO
Dai fondi negati alle vignette pesanti. La pubblicazione di una vignetta umoristica sul quotidiano Haaretz ha destato nei vertici dell’Unesco un allarme tale che un suo dirigente ha convocato con urgenza l’ambasciatore di Israele per consegnargli una protesta formale a nome della direttrice generale, Irina Bokova. La vignetta è stata pubblicata il 4 novembre, dopo che Israele aveva approvato una serie di misure di protesta per la inclusione della Palestina nell’Unesco. Con un occhio anche alle tensioni militari fra Israele ed Iran, il caricaturista Eran Wolkowski aveva disegnato il premier Benyamin Netanyahu e il ministro della difesa Ehud Barak, in posa militarista, mentre davano le ultime istruzioni ad alcuni piloti dell’aviazione, presumibilmente in partenza per colpire gli stabilimenti nucleari in Iran. «E sulla via del ritorno - diceva Netanyahu - bombardate anche gli uffici dell’Unesco a Ramallah». Ai vertici dell’Unesco - scrive ieri Haaretz - il disegno non ha provocato la minima ilarità. «Quella vignetta - è stato detto all’ambasciatore di Israele, Nimrod Barkan - mette in pericolo le vite del nostro personale, che sono diplomatici disarmati. È vostro preciso dovere proteggere la loro incolumità ».

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