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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Giornale - Il Foglio Rassegna Stampa
11.11.2011 Iran, il dialogo con Ahmadinejad non serve a nulla
Cronache di Rolla Scolari, Mattia Ferraresi. intervista a Shirin Ebadi di Simonetta Caminiti

Testata:Il Giornale - Il Foglio
Autore: Rolla Scolari - Mattia Ferraresi - Simonetta Caminiti
Titolo: «Fuga di notizie sull’Iran: israeliani e britannici attaccheranno a Natale - Romney vuole la pace e prepara la guerra (a sfondo elettorale) con l’Iran - Il dialogo con Teheran non serve a nulla»

Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 11/11/2011, a pag. 17, l'articolo di Rolla Scolari dal titolo " Fuga di notizie sull’Iran: israeliani e britannici attaccheranno a Natale ", l'intervista di Simonetta Caminiti a Shirin Ebadi dal titolo " Il dialogo con Teheran non serve a nulla ". Dal FOGLIO, a pag. 2, l'articolo di Mattia Ferraresi dal titolo " Romney vuole la pace e prepara la guerra (a sfondo elettorale) con l’Iran ".


Efraim Inbar

Sull'Iran e il suo programma nucleare, invitiamo a leggere l'analisi di Efraim Inbar, pubblicata nella sezione INTERNATIONAL di IC
(http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=&sez=260&id=42244).
Ecco i pezzi:

Il GIORNALE - Rolla Scolari : " Fuga di notizie sull’Iran: israeliani e britannici attaccheranno a Natale "


Mahmoud Ahmadinejad

Continuano le 'anticipazioni' non verificabili dei quotidiani. prima quella del Guardian, ora quella del Daily Mail, che darebbe per certo un attacco di Israele ai siti nucleari iraniani entro un paio di mesi. La riportiamo per dovere di cronaca.

Gerusalemme Dopo la pubblicazione del rapporto dell'Agenzia internazionale per l'Energia atomica, che rivela come l'Iran avrebbe le tecnologie per la costruzione di un ordigno nucleare, il preoccupante contenuto del documento continua ad alimentare tensioni. La comunità internazionale dibatte sulla necessità di imporre sanzioni più dure, cercando di arginare l'opposizione di Russia e Cina. Ma a preoccupare sono ancora una volta i titoli di giornale su un possibile attacco israeliano contro le installazioni nucleari iraniane.

La stampa israeliana parla da giorni, con indiscrezioni in arrivo dalle stanze dei bottoni, di azioni preventive. Per molti analisti locali, le fughe di notizie mirano a rafforzare la deterrenza israeliana e a spingere la comunità a imporre sanzioni più pesanti così da evitare un'operazione militare.

«È come una celebre battuta del film di Sergio Leone "Il Buono, il Brutto, il Cattivo" - dice Gideon Doron, presidente dell'Associazione israeliana per le Scienze Politiche -: "Quando devi sparare, spara. Non parlare”. Le indiscrezioni servono a fare effetto sulla comunità internazionale», spiega al Giornale. Eppure, fughe di notizie arrivano anche dalla Gran Bretagna. Il quotidiano Guardian aveva già rivelato come anche l'esercito di Sua Maestà si starebbe preparando a un'azione contro l'Iran e ieri il tabloid Daily Mail ha scritto che secondo fonti del Foreign Office Israele colpirà l'Iran entro due mesi.

Di un possibile attacco israeliano all'Iran si parla da anni, da quando il programma nucleare iraniano - che per Teheran ha scopi civili - ha iniziato a preoccupare il mondo. Diversi analisti e think tank internazionali hanno studiato i dettagli di un'eventuale operazione militare, considerata incredibilmente complessa e difficile. Secondo uno studio del Council on Foreign Relations americano del 2009, un possibile attacco israeliano si concentrerebbe soltanto su alcuni siti atomici come quello di Natanz, dove l'uranio sarebbe arricchito; Arak, dove un reattore ad acqua pesante dovrebbe entrare in funzione nel 2012; Isfahan, che secondo fonti di intelligence sarebbe il cuore del programma di sviluppo di armi; Qom, dove si fabbricano centrifughe.

Israele colpirebbe con i suoi aerei da guerra F-15 e F-16, capaci di fare rifornimento in volo, visto che tra Israele e l'Iran ci sono più di 1.500 chilometri. In alcuni casi, come a Natanz, dove le installazioni sono 23 metri sotto il livello del suolo, gli aerei dovrebbero colpire più volte con bombe capaci di penetrare strati di cemento. Per coprire quei 1.500 chilometri, l'aeronautica israeliana ha la scelta tra tre rotte: sorvolare al Nord il confine tra Siria e Turchia; al centro Giordania e Irak; al Sud Giordania e Arabia Saudita. Nel tragitto, userebbe tecnologie che mirano a bloccare la percezione delle contraeree di questi Paesi, non tutti alleati o pronti ad aprire il loro spazio aereo.

La Turchia, antico alleato, ha da mesi congelato i propri rapporti con Israele; i governi del Golfo, pur spaventati dall'espansionismo iraniano, non riconoscono neppure l'esistenza di Israele; lo spazio aereo iracheno, fino a ottobre controllato dagli Stati Uniti, ora è gestito da Bagdad. Se l'aviazione israeliana riuscisse ad arrivare in Iran e a colpire gli obiettivi, gli analisti militari prevedono una veloce risposta dell'Iran, pronto ad attaccare la città di Tel Aviv con i suoi missili Shahab 3, che hanno una gittata di quasi 2.000 chilometri. Un'operazione contro l'Iran scatenerebbe la reazione di gruppi armati alleati a Teheran: Israele dovrebbe far fronte anche al lancio di razzi sul suo territorio dalla Striscia di Gaza controllata da Hamas e alla reazione delle milizie sciite libanesi di Hezbollah.

Il FOGLIO - Mattia Ferraresi : " Romney vuole la pace e prepara la guerra (a sfondo elettorale) con l’Iran "


Mitt Romney                     Mattia Ferraresi

New York. “Si vis pacem, para bellum. E’ un’espressione latina, ma gli ayatollah non avranno problemi a capirne il significato sotto un’Amministrazione Romney: se vuoi la pace, prepara la guerra”. Che Mitt Romney fosse il candidato più rapace fra i repubblicani lo si era capito dal suo gran discorso di politica estera all’accademia militare The Citadel, in South Carolina, un inno intriso di azione e ideali rafforzato dalla presentazione di una squadra “ombra” di esperti internazionali ricalcata su quella di Bush. “Questo secolo – aveva detto l’ex governatore del Massachusetts – deve essere un secolo americano. In un secolo americano, l’America ha l’economia e l’esercito più forti del mondo. In un secolo americano, l’America guida il mondo libero e il mondo libero guida il mondo intero”. Romney ha capitalizzato lo spazio politico creato dal duro report dell’Aiea sulle avanzatissime brame nucleari dell’Iran per ribadire, sul Wall Street Journal, la sua linea aggressiva sull’Iran e smontare l’attendismo multilaterale di Barack Obama, il presidente che ha “distrutto la propria credibilità sull’Iran, ha contribuito all’immagine di un’America debole, e ha alimentato le prospettive di una proliferazione nucleare nel quadro instabile del medio oriente”. Il candidato repubblicano compila l’elenco impietoso dei dossier di politica estera in cui il presidente ha sacrificato il ruolo dell’America nel mondo sull’altare del multilateralismo e di un impraticabile “new world order”: parte dal 2007, quando il candidato Obama proponeva, “per ingenuità o perché davvero ci credeva” all’Iran di sedersi al tavolo delle trattative “senza precondizioni”. E il sospetto di Romney è che alla redice ci fosse l’ingenuità. Si arriva poi al “reset” nucleare con la Russia, un accordo da cui l’America non ha tratto “nessun beneficio”, fino ad arrivare al mancato sostegno delle rivolte iraniane nel 2009. “Gli Stati Uniti hanno bisogno di una politica ben diversa”. Quale? Nel suo editoriale sull’Iran Romney ricopia i passaggi del discorso tenuto a inizio di ottobre aggiungendo un inserto decisivo nelle settimane in cui Israele minaccia uno strike alle installazioni nucleari iraniane: “Rafforzerò la diplomazia con un’opzione militare credibile”. Questo si aggiunge alle sanzioni “unilaterali” e alla cooperazione militare verso Israele che Obama ha fatto scivolare, secondo Romney, in cavalleria. Dietro al Romney ondivago sul piano sociale, quello contestato da destra per la riforma sanitaria del Massachusetts – ispirazione locale del progetto obamiano – e per la debolezza sulle questioni etiche, c’è il candidato arcigno in politica estera, fautore del regime change, difensore dell’eccezionalismo americano e oppositore, con argomenti di taglio idealista, dei regimi illiberali. Primo fra tutti quello fanatico di Teheran. Nel ciclo della popolarità dei candidati repubblicani, Romney ha l’attributo che manca a tutti gli altri: l’inevitabilità. E’ inevitabile perché non è troppo rigido sulle questioni sociali e non deflette sulla politica estera, perché è presentabile e ha una certa capacità oratoria. E’ inevitabile perché durante un dibattito elettorale non dimentica i nomi dei dipartimenti che vuole smantellare, come ha fatto il suo avversario, Rick Perry, nel confronto di mercoledì sera. Quei drammatici 53 secondi in cui Perry ha fatto agli occhi della nazione la figura del ginnasiale all’interrogazione sui verbi greci sono il tocco che Romney aveva pazientemente atteso. Uniti allo spirito da falco sulla politica internazionale, non fanno di lui il candidato repubblicano perfetto, ma almeno quello accettabile.

Il GIORNALE - Simonetta Caminiti : " Il dialogo con Teheran non serve a nulla"


Shirin Ebadi

Ha il viso disteso, sorride spesso: lineamenti che paiono subito persiani purosangue. Shirin Ebadi (Premio Nobel per la Pace 2003, 64 anni) è ospite dell'Asiatica Film Festival di Roma. Iraniana e musulmana, nel 2009 ha subito il sequestro del Premio Nobel, oltre alla confisca del suo appartamento e della sua pensione: quella che riceveva per il lavoro svolto presso il Ministero della Giustizia, costellato di battaglie per i diritti civili del suo Paese.
È cronaca di questi giorni: sei anni di reclusione per il regista iraniano più conosciuto al mondo. Censure che suscitano clamore perch´ riguardano la categoria degli artisti, cioè la minoranza più esposta.
«Nel nostro Paese, gli spazi stanno diventando sempre più chiusi. Ho incontrato proprio in questo festival un cineasta iraniano, Mohammad Rasoulof. È stato condannato a un anno di carcere anche lui, e in appello: il tempo di tornare in Iran e sarà arrestato.
Gli ho chiesto: "Tornerai a casa, in Iran?" e mi ha risposto, nonostante tutto, "Assolutamente sì!". Per non parlare dei tre documentaristi per la BBC che si erano occupati di Panahi...»
L'Iran di Ahmadinejiad. Quali sono i sentimenti dei suoi cittadini, oggi?
«Ahmadinejad non ha mai - e dico mai! - goduto di un ampio consenso nel nostro Paese. Ha vinto due volte le elezioni con la frode, falsificando i risultati. Avete dimenticato le manifestazioni di milioni di persone nel giugno 2009?»
Due anni fa, a proposito dell'Amministrazione Obama, Lei parlò di un possibile "nuovo corso" rispetto alle scelte che aveva fatto Bush nei rapporti col suo Paese. Cosa pensa oggi?
«Io speravo tanto che i problemi tra l'Iran e l'America potessero risolversi col dialogo. Condizione che non è stata assolutamente realizzata, per adesso. Continuare su una linea simile non è a favore dell'Iran: poco ma sicuro».
I premi Nobel per la Pace, quest'anno, sono stati assegnati a tre donne. Le donne hanno una marcia in più nella lotta per i diritti civili?
«Certo. E sono così felice della loro elezione, faccio loro i miei auguri più grandi. È un messaggio fondamentale per tutto il mondo. Nessuna società può realizzarsi sotto il profilo democratico senza l'affermazione dei diritti delle donne».
Un regime tende ad accanirsi e ad arginare quello che teme di più. Perch´ il fondamentalismo islamico si ostina a limitare così tanto la libertà delle donne?
«Lo ha osservato lei stessa. Gli islamici hanno paura del mondo femminile. Le donne che svolgono attività per i diritti umani sono trattate come sovversive, e sono sbattute in carcere perch´ vogliono una cosa: la democrazia. Penso di essermi spiegata abbastanza».

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