Il voto dell'Unesco visto dagli Usa. Il commento di Piera Prister e Maurizio Molinari, oggi, 01/11/2011:
Informazione Corretta-ONU e UNESCO: la politica di Obama tutta inchini ed aperture mette a repentaglio la sicurezza di Israele
di Piera Prister

Oggi 31 ottobre 2011 la Palestina e’ entrata a far parte dell’Unesco, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura: favorevoli 107 paesi, contrari 14, astenuti 52. La Francia a sorpresa ha votato a favore, e cosi’ Spagna, Grecia, Austria, Belgio, Lussemburgo, Russia… L’Italia non ha votato contro, ma si e’ astenuta. Proprio ora le parole di Victoria Nuland, portavoce del Dipartimento di Stato americano risuonano alle radio e alle televisioni: REGRETTABLE, PREMATURE AND UNDERMINE OUR SHARED GOAL TO A COMPREHENSIVE JUST AND LASTING PEACE IN THE MIDDLE EAST. (l’ammissione della Palestina e’ deplorevole, prematura, e mina il nostro comune allargato obiettivo per una pace giusta e duratura nel Medio Oriente) E noi aggiungiamo che l’ UNESCO e’ un foro di propaganda anti-israeliana e che Abu Mazen, presidente portavoce della PA e degno erede di Arafat, non e’ credibile perche’ e’ un antisemita e un negazionista della Shoah. Cosi’ la Palestina, e’ entrata a far parte di un’agenzia dell’Onu proprio mentre quei terroristi palestinesi cosi’ amanti della pace, che vengono chiamati dal Corriere con la parola “combattenti”, il 29 ottobre 2011, hanno di nuovo lanciato da Gaza missili assassini contro civili in Israele, con un morto e molti feriti, in una guerra di terrore cui e’ sottoposta senza tregua la nazione ebraica, con la complicita’ della disinformazione e delle carte truccate dei media, a cui ricorre anche il nostro Corriere della Sera con i suoi giochetti linguistici, dietro cui c’e’ un uso distorto della semantica dell’eufemismo che serve per disinformare e ingannare i lettori. Quello che e’ avvenuto oggi all’UNESCO e’ il risultato della politica anti-israeliana del presidente Obama che ha intimato ad Israele di ritornare ai confini del ’67, con Gerusalemme divisa in due capitali, ignorando totalmente che Hamas ed Hezbollah bracci armati dell’Iran mirano alla sua distruzione e che ci sono due fazioni palestinesi nemiche, Fatah e Hamas. E’ notorio ormai, che sin dall’inizio della sua presidenza il presidente Obama e’ tutto inchini ed overtures verso i nemici di Israele, dimentico delle sue promesse -da marinaio- quando candidato presidenziale alla Casa Bianca ando’ in visita in Israele a raccattare voti, e dichiaro’ che si immedesimava negli Israeliani sottoposti al bombardamento di migliaia di missili e che egli stesso non avrebbe tollerato di far vivere le sue due figliole, Sacha e Malia in una casa esposta a tale rischio. Inoltre nel suo recente discorso commemorativo a Ground Zero, lo smemorato Obama non ha citato Israele fra le nazioni colpite dal terrorismo. Un’ omissione grave e voluta, “ma Israele non dimentica e non perdona”! (Shimon Peres). Se oggi la Palestina e’ entrata a far parte dell’Unesco lo dobbiamo anche alla irresponsabilita’ di Obama. Ma qui negli Stati Uniti c’e una grande maggioranza di cittadini a favore di Israele e c’e’ un Congresso filo-israeliano risoluto a far sentire la sua voce. Proprio nel passato mese di settembre, i candidati presidenziali repubblicani alla Casa Bianca come Rick Perry e Mitt Romney, intellettuali e uomini di cultura hanno fatto quadrato intorno allo stato ebraico per difenderlo; e John Bolton, ex ambasciatore americano all’ONU – che nell’anno corrente e’ stato insignito a N.Y. insieme a Fiamma Nirenstein e Jose’ Aznar del premio internazionale “Amici di Israele”- ha chiamato a raccolta nel Campus di Touro College, tutti i difensori d’Israele, dichiarando che bisognava tagliare i fondi all’ONU. Di conseguenza il Congresso Americano -la cui House of Representatives e’ solo da un anno a maggioranza repubblicana- in seguito ad una decisione dello scorso 5 ottobre 2011, ha congelato fondi per 200 milioni stanziati per lo sviluppo di infrastrutture a Gaza, per dissuadere il truffaldino Abu Mazen, alias Mahmoud Abbas dal cercare il riconoscimento di uno autoproclamato stato palestinese, da parte dei membri delle Nazioni Unite al Palazzo di Vetro. Anzi la Commissione per gli Affari Esteri della Camera dei Rappresentanti del Congresso oltre a bloccare 200 millioni di dollari nell’assistenza economica a Gaza ( the Republican-led Committee in the House, House of Foreign Affairs Committee, put a hold on $200 million in economic assistance) sta indagando anche sull’uso che le autorita’ palestinesi fanno del denaro assegnato loro. Ma cio’ non ha dissuaso il presidente Abu Mazen dall’indirizzare il suo discorso ai membri del Consiglio dell’ONU e a procedere nel sottoporre la sua richiesta anche al Consiglio di Sicurezza; e malgrado cio’, oggi, 31 ottobre a Parigi, l’infaticabile faccendiere ha appena chiesto ai 198 membri dell’Unesco la membership per la Palestina, che in base allo scrutinio dei voti, a maggioranza ne e’ entrata a far parte. Gli Stati Uniti hanno votato contro, ma troppo tardi, quando la politica filoaraba di Obama che non ha mai nascosto la sua mala disposizione verso Israele, sta producendo i suoi frutti avvelenati. Il congelamento corrente di 200 milioni di dollari da parte del Congresso e’ propedeutico ad un altro imminente di 358 milioni di dollari, destinati ai Palestinesi della West Bank e Gaza. Dal 1994 i Palestinesi hanno ricevuto 3.3 miliardi di dollari in aiuti dagli Stati Uniti per la loro crescita economica, istruzione, infrastrutture, strade scuole e acqua potabile. Il Congresso Americano aveva anche gia’minacciato l’UNESCO che avrebbe ritirato tutti gli aiuti che gli Stati Uniti devolvono ai paesi membri se si fossero fatti complici di Abu Mazen nel votare a maggioranza per l’ammissione della Palestina, come poi e’ avvenuto oggi. Correntemente l’Unesco riceve il 22% dei suoi fondi dagli Stati Uniti. E’ chiaro che il Congresso Americano sia ormai deciso con la sua determinazione, a tagliare tutti i fondi e aiuti alla Palestina –to cut off all funding- anche perche’ Abu Mazen, ringalluzzitosi per il suo successo odierno si ostinera’ a procedere in solitaria senza considerare le ragioni di Israele a cui non riconosce nemmeno il diritto all’esistenza.
Piera Prister Bracaglia Morante
La Stampa-Maurizio Molinari: " La risposta americana, stop ai finanziamenti"

CORRISPONDENTE DA NEW YORK
L’ amministrazione Obama condanna come «controproducente» la decisione dell’Unesco di accettare l’adesione a pieno titolo dei palestinesi e reagisce tagliandole da subito i finanziamenti. È Jay Carney, portavoce del presidente Barack Obama, a definire «riprovevole» e «prematuro» il voto con cui l’Unesco ha accettato fra i suoi membri lo «Stato di Palestina», spiegando che si tratta di una decisione che «indebolisce il raggiungimento dell’obiettivo condiviso dalla comunità internazionale di una pace giusta, lunga e duratura fra Israele e palestinesi» sulla base degli accordi di pace di Oslo del 1993.
Per scongiurare il via libera dell’Unesco la diplomazia Usa, assieme ad altri Paesi europei e ad Israele, aveva tentato di impedire il raggiungimento del quorum ma la doccia fredda del risultato è arrivata a Washington mentre il presidente Barack Obama stava ricevendo nello Studio Ovale l’ex premier britannico Tony Blair, inviato per il Medio Oriente del Quartetto (Usa, Onu, Russia e Ue). Il timore della Casa Bianca è che «adesso la ripresa del negoziato in Medio Oriente diventi assai più difficile» anche perché l’Autorità nazionale palestinese (Anp) appare ora intenzionata ad ottenere simili riconoscimenti da parte di altri organismi dell’Onu - dall’Agenzia atomica all’Organizzazione mondiale della Sanità fino alla Conferenza sul Commercio - in una sorta di campagnainternazionale destinata a spingere il Consiglio di Sicurezza ad accettare la richiesta di adesione entro fine anno.
La prima contromossa degli Stati Uniti è arrivata dal Dipartimento di Stato, dove la portavoce Victoria Nuland ha fatto sapere che «sulla base delle leggi approvate dal Congresso vengono bloccati da subito i fondi all’Unesco» a cominciare dal versamento di 60 milioni di dollari previsto in novembre. Finora gli Stati Uniti hanno garantito la copertura del 22 per cento del bilancio dell’Unesco e ciò significa che dovranno essere interrotti numerosi programmi ma si tratta di una «scelta inevitabile», come ha spiegato Nuland, in forza delle leggi approvate nel 1990 e nel 1994 promulgate dai presidenti George Bush padre e da Bill Clinton - che impediscono il finanziamento a organismi internazionali che assegnano un pieno riconoscimento ai palestinesi prima del raggiungimento di un accordo di pace con Israele. Gli Stati Uniti resteranno tuttavia dentro l’Unesco «per tutelare i propri interessi».
La repubblicana Ileana Ros-Lehtinen, presidente della commissione Esteri alla Camera, ha definito il voto dell’Unesco «contrario a Israele e contrario alla pace» lasciando intendere che il Congresso di Washington potrebbe reagire votando ulteriori tagli all’elargizione di fondi americani alle Nazioni Unite «visto che l’offensiva dei palestinesi è destinata a durare nel tempo». Fra le ipotesi prese in considerazione c’è il blocco totale dei fondi all’Autorità nazionale palestinese - che riceve 600 milioni di dollari l’anno e la diminuzione degli aiuti militari ai Paesi che all’Onu voteranno a favore della piena adesione dei palestinesi.
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