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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
27.10.2011 Egitto, islam ' moderato' quello dei Fratelli Musulmani ?
Commento di Cecilia Zecchinelli

Testata: Corriere della Sera
Data: 27 ottobre 2011
Pagina: 44
Autore: Cecilia Zecchinelli
Titolo: «Islam moderato e democrazia, in Egitto la scommessa più difficile»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 27/10/2011, a pag. 44, l'articolo di Cecilia Zecchinelli dal titolo " Islam moderato e democrazia, in Egitto la scommessa più difficile ".


Fratelli Musulmani

La travolgente vittoria di Ennahda in Tunisia ha creato un allarme diffuso: il più laico ed «europeo» dei Paesi arabi ha riscoperto le sue radici musulmane, deludendo (in Occidente e non solo) chi lo pensava già «come noi». I leader del partito assicurano: democrazia e religione convivranno, gran parte degli analisti internazionali dà loro credito. La Turchia è l'esempio e anche nel Nord del mondo, per altro, Stato e Chiesa non sono davvero divisi.
Ma la vera scommessa si gioca in Egitto: tra un mese parte la maratona per eleggere il parlamento, poi il nuovo raìs. E mentre la grande potenza arranca tra semiparalisi economica, tensioni confessionali e dubbi sui generali al potere «pro tempore», la galassia islamica si sta rafforzando. Vari sondaggi indicano le forze ispirate ad Allah al 40-45%, almeno per il parlamento che stilerà la Costituzione. Anche qui molti capi dichiarano: «Guardiamo ad Ankara, non a Teheran», come il candidato islamico alle presidenziali Abu Al Futuh, ex leader della Fratellanza, ci ha detto giorni fa. Ma l'Egitto non è la Tunisia né la Turchia: un passato prossimo di salafismo violento (Sadat ne fu vittima), un presente dove la questione copta è riesplosa, una crisi economica non solo nel turismo come a Tunisi. E 82 milioni di persone che rivendicano diritti finora negati o almeno una vita decente, rompendo la storica «sabr», la pazienza della gente del Nilo.
In sintesi, una situazione esplosiva: miseria e frustrazioni aumentano l'attrazione per scelte estreme. Come il ritorno al passato, o il mantenere al potere l'esercito, o soprattutto una forte unione Stato-Islam. Quanto forte? Tra i tanti partiti islamici ci sono equivalenti di Ennahda o dell'Akp turco, almeno a parole. Ma anche il Nur (luce) di Sayyed Al Affany nonostante il nome invoca il divieto di ogni «legge umana», l'imposizione della sola sharia. Nur e gli altri gruppi salafiti non vinceranno, ma in assenza di un grande partito islamico moderato e nella divisione di quelli laici peseranno. Il voto che inizia il 28 novembre è davvero la prova del nove: per l'Egitto e non solo.

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