Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 30/09/2011, a pag. 23, l'articolo di Guido Olimpio dal titolo " Al Qaeda sgrida Ahmadinejad: Ma quale complotto ". Dal FOGLIO, a pag. 3, l'articolo dal titolo " Il futuro della piazza araba visto dal consiglio più segreto d’Iran ".
Dedichiamo questa precisazione di Al Zawahiri a Giulietto Chiesa, a Vattimo, al MANIFESTO, e a tutta quella compagnia cantante che continua a predicare l'esistenza del complotto Usa-Isreale. Al loro compagno di merende anti-occidentali Al Zawahiri vorranno credere ?
Ecco i due pezzi:
CORRIERE della SERA - Guido Olimpio : " Al Qaeda sgrida Ahmadinejad: Ma quale complotto "

Ayman Al Zawahiri
WASHINGTON — Il primo a irritarsi è stato Ayman Al Zawahiri. E molto tempo fa. Per l'esattezza nell'aprile del 2008. In un audio postato su Internet, l'uomo più vicino a Bin Laden prendeva di petto l'Iran: «Volete screditare Al Qaeda e Osama sostenendo che l'attacco dell'11 settembre è stato organizzato dal Mossad. Basta bugie. Siamo stati noi». I jihadisti non volevano essere scippati del loro grande successo e ci tenevano a ribadirlo. Ma la precisazione del «Dottore» egiziano non ha certo spinto Teheran a desistere. E in occasione del recente discorso all'Onu, il presidente iraniano Ahmadinejad ha rilanciato il sospetto sul «misterioso 11 settembre» e l'uccisione di Bin Laden, eliminato — ha spiegato — per coprire i veri responsabili della strage.
La tesi ha mandato su tutte le furie i propagandisti di Al Qaeda. Che hanno replicato a tono con un articolo su Inspire, magazine pubblicato su Internet dal braccio yemenita del movimento. Teheran — è l'analisi della rivista — è in realtà «gelosa». Per gli iraniani, scrive l'autore, «Al Qaeda è una concorrente... Una organizzazione, che sotto il fuoco e senza Stato, è riuscita a fare quello che l'Iran non ha potuto fare…Dunque era necessario screditare l'11 settembre e non c'è strumento migliore delle teorie cospirative». Agli occhi dei seguaci di Bin Laden la linea antiamericana di Teheran è solo «un gioco politico» che nasconde, nei fatti, la collaborazione con il Grande Satana. Un'accusa estesa ai guerriglieri libanesi Hezbollah, buoni alleati dei mullah: «Fingono di combattere Israele e invece con la loro presenza fanno da scudo allo Stato ebraico».
La polemica nasconde in realtà rapporti più complessi e pragmatici. Dopo l'11 settembre molti esponenti di Al Qaeda e familiari di Bin Laden hanno trovato rifugio in Iran dove sono stati messi in residenze sorvegliate. I pasdaran li volevano tenere d'occhio e usare come moneta di scambio (specie con i sauditi). Di recente alcuni dirigenti, compreso il temuto Seif al Adel, sono stati lasciati partire in direzione dell'area tribale pachistana. Gli ayatollah guardano con sospetto Al Qaeda per tre ragioni: c'è un dissidio religioso visto che il movimento è sunnita mentre loro sono sciiti; in Iraq i terroristi di Osama hanno colpito senza pietà proprio la comunità sciita; i capi dell'organizzazione non hanno mai nascosto la loro avversione verso Teheran. Ma tutto questo non ha impedito che i pasdaran — in chiave anti-Usa — abbiano favorito alcune iniziative dei militanti. Un approccio puramente tattico e non ideologico.
Inspire, dedicando l'ultimo numero all'11 settembre, non poteva perdere l'occasione per sbeffeggiare l'Iran e esaltare il ruolo di unico vero nemico degli Stati Uniti. Il messaggio, sottolineato con forza, è: «Voi parlate, noi agiamo». Dietro il magazine c'è la mano di due personaggi. Il primo è Samir Khan, un saudita cresciuto nel Queens (New York), che si è trasferito da un paio d'anni nello Yemen dove si è unito ad Al Qaeda. La sua missione è gestire la propaganda del gruppo. Ed è così che ha creato la rivista, pubblicazione piena di consigli pratici su come fare la Jihad. In alcuni casi si è mostrato intraprendente, in altri si è arrangiato: il lay-out grafico di un numero era copiato da una rivista di mobili. Il secondo personaggio è l'imam Anwar Al Awklaki. D'origine yemenita, è nato però in New Mexico e si è fatto un nome grazie a Internet: predica in perfetto inglese ed è un punto di riferimento per i simpatizzanti che vivono in Occidente.
Il FOGLIO - " Il futuro della piazza araba visto dal consiglio più segreto d’Iran"

Mahmoud Ahmadinejad
I report d’intelligence
Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha parlato davanti a un’aula semivuota, all’Assemblea generale dell’Onu. Ma a Foggy Bottom seguono la politica iraniana con molta attenzione. L’Iran è una delle manie del segretario di stato americano, Hillary Clinton. E anche alla Cia e al Pentagono la Repubblica islamica è costantemente sotto osservazione. Gli americani, così come gli israeliani, hanno ottime fonti a Teheran. Riferiscono su economia, società, politica, intelligence, situazione interna al regime. Molta cura è dedicata alle informazioni provenienti dall’Iranian Supreme National Security Council (Isnsc), il massimo organo politico e strategico, presieduto da Ahmadinejad e che ha come segretario generale Saeed Jalili, il principale negoziatore a Vienna sul nucleare. Tutti i grandi del regime sono nell’Isnsc, dallo speaker del Parlamento Ali Larijani, al ministro dell’Intelligence Heydar Moslehi, al capo dei pasdaran Mohammad Ali Jafari.
Tutti i risvolti della primavera araba
Dopo le rivolte arabe, le riunioni dell’Isnsc si sono intensificate, anche perché nelle sollevazioni è stato coinvolto l’alleato siriano. Secondo le ultime notizie d’intelligence, gli iraniani, nei loro vertici, hanno dimostrato molta cautela. Sanno che in Tunisia la loro influenza è zero. In Libia hanno sostenuto fino all’ultimo Gheddafi, per contrastare gli Stati Uniti, e per questo, ora, il nuovo potere a Tripoli gli è ostile. Almeno in Egitto la diplomazia iraniana ha avuto qualche soddisfazione: le navi di Teheran, cariche di armi per la Siria e Hezbollah, possono ora attraversare il Canale di Suez; lo staff d’intelligence iraniano al Cairo è triplicato e c’è un consistente numero di agenti che va e viene da Gaza. Se ai tempi di Mubarak l’Iran aveva le mani legate, ora le ha più libere. Secondo gli analisti occidentali, gli iraniani al Cairo praticano una doppia politica: ufficialmente sostengono le novità post Mubarak, ma temono che il Cairo possa diventare una nuova potenza sunnita. L’Iran diffida dei Fratelli musulmani, con cui comunque mantieneottime relazioni, dopo essersi offerto di finanziare la campagna elettorale. Nel Bahrein sciita la Repubblica islamica ha perso, visto il forte impegno militare dei sauditi a favore del regime. E in Siria la caduta di Bashar el Assad potrebbe portare all’ennesimo trionfo sunnita. Per questo il potere islamico sta sostenendo Damasco con ogni mezzo: per la Siria sono stati stanziati ben cinque miliardi di dollari; nelle basi aeree attorno a Damasco atterrano ogni giorno velivoli della Yas Air iraniana carichi di apparecchiature per la Sscr, la società degli armamenti e delle tecnologie militari siriana che si occupa anche dei sistemi per reprimere le rivolte di piazza. Le analisi dell’Isnsc mettono in risalto il ruolo importantissimo che la Siria ha nell’area, visto il sostegno e il supporto logistico che, via Damasco, arrivano a Hezbollah. L’estate scorsa Hezbollah, per ordine di Teheran, ha riportato in Libano i missili iraniani Zelzal 2, gittata 210 chilometri, capaci di colpire, dal sud del Libano, Gerusalemme e Bersheba. Teheran attende con preoccupazione il 15 novembre, quando scatterà l’embargo per il petrolio siriano e verrà a mancare una buona fonte di introiti per gli Assad.
L’unica soddisfazione
L’Iran, all’inizio, aveva temuto che le rivolte d’inverno potessero contagiare la Repubblica islamica, devastata da una crisi economica insopportabile (inflazione al 17,2 per cento). Poi, su consiglio di Khamenei, le analisi di giornali e tv, influenzate dall’Isnsc, hanno cominciato a benedire la sollevazione popolare “ispirata dall’islam”, contro i regimi filoamericani e filoisraeliani (Egitto e Tunisia). Poi la cautela è tornata a prevalere. L’unica soddisfazione per l’Iran sono i problemi di Israele con Egitto e palestinesi, così come il calo dell’influenza americana al Cairo e a Ramallah. L’Iran punta su Hamas e Hezbollah per tenere sotto pressione i confini dello stato ebraico. Ed è contro Israele che il regime islamico, all’unanimità, continua la costruzione dell’arma atomica. Nell’Isnsc siedono tutti i supporter dell’opzione nucleare e della distruzione di Israele. I servizi occidentali non hanno mai rilevato voci contrarie a tale opzione, nel supremo consesso della sicurezza e dell’intelligence dell’Iran.
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