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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Giornale - Il Foglio Rassegna Stampa
30.09.2011 Siria: attacco all'ambasciata Usa. I cristiani difendono il regime per paura degli islamisti
Commento di Fiamma Nirenstein, cronaca di Redazione del Foglio

Testata:Il Giornale - Il Foglio
Autore: Fiamma Nirenstein - Redazione del Foglio
Titolo: «Arabi sempre più antiamericani: attaccato l’ambasciatore in Siria - Tiranno Assad, ego te absolvo»

Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 30/09/2011, a pag. 16, l'articolo di Fiamma Nirenstein dal titolo " Arabi sempre più antiamericani: attaccato l’ambasciatore in Siria ". Dal FOGLIO, in prima pagina, l'articolo dal titolo " Tiranno Assad, ego te absolvo ".
Ecco i due articoli:

Il GIORNALE - Fiamma Nirenstein : " Arabi sempre più antiamericani: attaccato l’ambasciatore in Siria "


Fiamma Nirenstein

Mentre Assad si avvia alla sua vittima numero 2800, nel suo nome (proprio al grido di “Abu Hafez”, padre di Hafez, soprannome per Assad) una folla di sostenitori del dittatore ha assalito a Damasco l’ambasciatore americano Robert Ford con pietre e pomodori. Ford era andato in visita con altri diplomatici a un leader dell’opposizione. Anche la sua ambasciata era stata messa sotto assedio l’undici luglio dopo una visita di Ford nella città ribelle di Hama, quasi che attaccare gli americani sia una funzione della repressione del dittatore siriano. Assad, invece di scusarsi, ha dichiarato che «prese di posizioni recenti dell’amministrazione americana ci dimostrano che gli Stati Uniti sono coinvolti nell’incoraggiare gruppi armati a praticare la violenza contro l’esercito siriano».
Assad sa invece benissimo che, anche se adesso è difficile chiedere benevolenza verso la sua traballante e crudele gestione del potere, pure gli americani hanno fino all’ultimo sperato che il raìs si emendasse dalle sue simpatie terroristiche e dal rapporto con l’Iran, fino appunto all’invio da parte di Obama in gennaio di un nuovo ambasciatore dopo che il precedente era stato richiamato in seguito l’assassinio di Rafik Hariri nel 2005. La baldanza antiamericana di Assad trova uno sfondo nell’incontro coll’ex primo ministro libanese Salim al Hoss. A lui Assad, ringalluzzito dalla incapacità del Consiglio di Sicurezza dell’Onu di comminargli finalmente adeguate sanzioni, ha dichiarato che ormai è fatta: «È una questione di settimane».
Il fuoco antiamericano di Assad non è isolato, è ormai parte di un incendio che certo non faceva parte delle aspettative di Obama, e che invece arde in varie parti del mondo arabo. A Ramallah, dopo il discorso del presidente americano all’Onu, molti degli entusiasti sostenitori di Abu Mazen portavano cartelli in cui il presidente americano ha le fattezze di una scimmia con la scritta: «Il primo presidente ebreo degli Usa». Un bel cartellone razzista, che però non è una novità: anche Condoleezza Rice ai tempi di Bush era rappresenta come una scimmia nei media palestinesi e arabi in genere. E in Egitto, dopo che l’ex presidente Mubarak era stato accusato di essere un servo degli americani, adesso si delinea uno scontro politico con gli Usa, dato che il Dipartimento di Stato ha chiesto alla nuova giunta al potere di cancellare lo stato di emergenza adesso restaurato. Non è ancora uno scontro aperto, ma se il governo militare vuol tenere duro, cos’è meglio di quell’antiamericanismo cui già i bambini vengono avvezzati dai banchi di scuola? Ah già, dimenticavo: l’antisemitismo.
www.fiammanirenstein.com

Il FOGLIO - " Tiranno Assad, ego te absolvo "


Bashar al Assad

Roma. “Se la situazione peggiora in Siria e un regime più duro di quello attuale dovesse emergere, come i Fratelli musulmani, i cristiani ne pagheranno il prezzo, in termini di massacri o di esodo”, ha scandito il patriarca cattolico maronita del Libano, Bechara Rai, che ha benedetto il presidente siriano Bashar Assad in quanto “riformatore”. Come ha scritto il New York Times mercoledì, da settimane i capi delle chiese cristiane sono i più accesi sostenitori del regime di Assad, anche nell’ora più dura della repressione. Il vescovo greco ortodosso Louqa al Khoury, organizzatore di un recente show ecumenico a favore del regime, ha definito i manifestanti “criminali che uccidono poliziotti”. Le Figaro riferisce di omelie in cui si invitano i fedeli a non protestare e a sostenere il Baath. Secondo l’Onu, sono 2.700 i siriani uccisi. Se è vero che personalità cristiane di spicco sono passate all’opposizione (dallo scrittore Michel Kilo al giornalista Fayez Sara), la maggioranza dei cristiani, di ogni confessione, teme di diventare la vittima sacrificale di una “imminente guerra civile” tra gli alawiti, setta sincretica a cui appartengono i clan al potere a Damasco, e i sunniti, maggioranza della popolazione in rivolta da oltre sei mesi. La Siria è una culla della cristianità, qui vennero a predicare Paolo e Barnaba da Gerusalemme. Sin dallo scoppio delle proteste, le chiese di rito latino e ortodosse hanno a più riprese espresso il loro sostegno ad Assad. I cristiani rappresentano poco meno del dieci per cento, tanto quanto gli alawiti, mentre i tre quarti dei siriani sono sunniti. Insieme al Libano, la Siria è ancora oggi l’unico paese arabo dove l’islam non è formalmente definito religione di stato né la fedde religios è riportata sulle carte d’identità. Quando nel 2000 morì Hafez al Assad, padre di Bashar, il patriarca ortodosso Ignatius Hazim ordinò alle chiese di piangere il presidente e di far suonare a lutto le campane. Assad aveva assunto molti cristiani come consiglieri, da Gebran Kuriye per la politica interna ad Assad Elias per quella estera. Ora, per la prima volta, anche il ministro della Difesa è cristiano. E’ il generale Dawud Rajha, che ha preso il posto dell’alawita Ali Habib, che pare si fosse opposto all’impiego dei soldati nell’uccisione di civili (l’ultimo capo di stato maggiore cristiano fu Youssef Chakkour nel ’73). Il generale Rajha è addirittura il terzo cristiano nell’attuale governo di Assad: ci sono anche due ministri cattolici. “I cristiani stanno con Bashar al Assad”, ha detto Yohana Ibrahim, arcivescovo di Aleppo. Samer Lahham, direttore dell’ufficio ecumenico del patriarcato ortodosso di Damasco, dice che “i cristiani temono che ci sia un piano per trasformare la Siria in un sistema religioso”. Intanto Homs, la città dove la repressione è più dura, si sta trasformando in una Beirut divisa per confessioni, con strade in cui è pericoloso passare se non sei della religione giusta. Gli alawiti hanno reso sicure le strade che portano alle loro aree residenziali con check-point “confessionali” perché temono il massacro, in una Siria del dopo Assad. Adnan al Aroor, sceicco siriano esiliato in Arabia Saudita e leader della rivolta contro Assad, ha incitato i seguaci, attraverso appelli e sermoni televisivi, a “fare a pezzi, a tritare e a dare in pasto ai cani” la carne dei cristiani, bollati come “collaborazionisti”. Le chiese intanto ripetono all’unisono: “Possiamo essere governati dall’esercito o dal turbante”.

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