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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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La Stampa-Il Giornale Rassegna Stampa
24.09.2011 Stato di Palestina: Ramallah e Gaza
Articoli di Aldo Baquis, Rolla Scolari

Testata:La Stampa-Il Giornale
Autore: Aldo Baquis-Rolla Scolari
Titolo: «Festa a Ramallah, silenzio a Gaza-Ma neanche Ramallah crede al suo presidente»

Come è statavissuta la giornata di ieri a Ramallah e a Gaza ? Sulla STAMPA il pezzo di Aldo Baquis, a pag.14, a metà tra cronaca e analisi, sul GIORNALE il servizio di Rolla Scolari, che mette in evidenza la delusione palestinese per il risultato.
Mentre il pezzo di Aldo Baquis è equilibrato e accurato, non possiamo dire altrettanto delle immagini che lo illustrano. Sono ben altri i problemi che impediscono la nasita dello Stato palestinese. Le immagini scelte, semmai evidenziano i risultati del terrorismo palestinese, senza il quale non esisterebbero nè check point nè muri. Ma occorreva scriverlo.

Ma la cosa più grave è nella striscia sopra il pezzo di Baquis, nella quale, accanto al titolo "La Storia in Quattro Tappe" si legge:

1948 - il 15 maggio 1948 inizia la fuga degli abitanti arabi della Palestina
1967 - Israele si prende la Cisgiordania, Gerusalemme Est e la Striscia di Gaza
1993 - Si chiude la prima intifada e, dopo lunghi negoziati segreti a Oslo, nasce l'Anp
2000-2011 - Fallisce il vertice di Camp David. La Road Map nel 2005 rilancia un difficile negoziato

Tutti sappiamo che i riassunti, posta accanto agli articoli, sono letti dalla maggior parte dei lettori, per questo la disinformazione contenuta in quelle date è gravissima.
Invitiamo i nostri lettori a chiederne ragione al direttore, Mario Calabresi, se condivide l' impostazione della pagina. direttore@lastampa.it

Ecco il pezzo di Aldo Baquis

La Stampa-Aldo Baquis: " Festa a Ramallah, silenzio a Gaza"

 

Calma nelle città palestinesi della Cisgiordania, tensione e violenze nei punti di attrito fra contadini palestinesi e coloni. Feste popolari di massa nelle zone autonome palestinesi, allerta elevata in Israele, a Gerusalemme e nelle colonie nei Territori. A Gaza, per volere di Hamas, strade deserte e divieto assoluto di manifestazioni. E al termine della critica giornata in cui la Palestina ha chiesto la piena adesione alle Nazioni Unite, sul terreno si è avuta ancora una vittima palestinese. Il futuro intanto resta incerto: l’esercito israeliano e la sicurezza palestinese continuano per il momento a coordinarsi, per contenere possibili violenze. E al confine fra Israele ed Egitto viene elevato lo stato di allerta nel timore di un nuovo attentato terroristico organizzato dal Sinai da integralisti palestinesi.

L’incidente più grave della giornata è avvenuto nel villaggio cisgiordano di Kusra, dove un mese fa ignoti (probabilmente estremisti ebrei) avevano profanato una moschea. Ieri di nuovo nei campi di Kusra è stata ingaggiata battaglia: da un lato centinaia di agricoltori palestinesi, dall’altro decine di coloni dell’avamposto di Esh Kodesh. Quando si è avuta notizia che una parte di quei campi erano in fiamme, l’esercito è intervenuto per separare i contendenti, ma è stato attaccato a sua volta. I militari hanno allora fatto ricorso a gas lacrimogeni e a proiettili di gomma. Poi hanno sparato munizioni vere. E un giovane - Issam Kamal, 35 anni - è stato colpito al collo. Sarebbe deceduto poco dopo il ricovero in ospedale.

In precedenza ore di massima tensione si sono avute a Hebron, in seguito a due incidenti stradali. In mattinata un bambino palestinese di otto anni è stato travolto e ferito in modo grave da un’automobile israeliana. La popolazione locale ha avuto l’impressione che si fosse trattato di un incidente intenzionale ed è subito esplosa la violenza.

Alcune ore dopo, nello stesso tratto di strada, un’automobile israeliana si è ribaltata e al suo interno sono stati trovati i cadaveri di un uomo e di un bebè. I coloni della zona hanno avuto la sensazione che fossero stati vittime di lanci di pietre di facinorosi palestinesi. Anche in questo caso l’esercito israeliani è dovuto intervenire - celermente e con grande determinazione - per placare gli animi e per convincere tutti che si era trattato di un incidente stradale doloroso, ma fortuito.

Nelle stesse ore i servizi di sicurezza del leader palestinese Abu Mazen erano impegnati a garantire che si svolgessero senza incidenti le grandi adunate popolari convocate nelle maggiori città cisgiordane per seguire su maxischermi l’intervento all’Onu del presidente palestinese. E a Gaza anche i miliziani di Hamas erano schierati in forze: per impedire che nelle strade sciamassero sostenitori di Fatah. Il regime di Ismail Haniyeh ha concesso loro di celebrare solo all’interno dei caffè del centro: ma ha vietato alla stampa diimmortalare i loro applausi entusiasti al discorso di Abu Mazen.

Per il momento, dunque, la parola d’ordine sembra essere per tutti: prudenza. I 20 mila agenti di polizia israeliani e i rinforzi dell’esercito dislocati in Cisgiordania resteranno in stato di massima allerta almeno fino alla fine di questo mese, quando sarà celebrato il Capodanno ebraico.

In Cisgiordania i servizi di sicurezza palestinesi si preparano invece al ritorno di Abu Mazen in patria. Dovrà arrivare all’inizio della settimana prossima alla periferia di Ramallah, per poi fare un ingresso trionfale in città, a piedi. Sarà un bagno di folla memorabile, prevedono i dirigenti palestinesi. Nelle colonie ebraiche vicine la marea umana palestinese sarà seguita con grande attenzione, nel timore che possa sfuggire al controllo.

A Gaza intanto Hamas guarda con disdegno alla iniziativa del raiss, che è andato alle Nazioni Unite «a mendicare» uno Stato e che - secondo gli integralisti - rischia di essere costretto a dolorose rinunce agli interessi nazionali dei palestinesi.

Sul terreno si è adesso creato un equilibrio molto delicato, che può essere messo a dura prova, in ogni momento, da episodi imprevisti di violenza.

Il Giornale-Rolla Scolari: " Ma neanche Ramallah crede al suo presidente "

Quando Abu Mazen ha smesso di parlare, mettendo fine al suo discorso davan­ti ai 193 rappresentanti degli stati membri delle Nazioni unite, la piazza di Ramallah ha urlato, scandendo forte il suo nome. Nei Ter­ritori palestinesi il rais non ha sempre solle­vato lo stesso entusiasmo. Il leader, successo­re dell’icona del nazionalismo palestinese, Yasser Arafat, è considerato infatti da molti un uomo grigio, debole, con un fragile soste­gno popolare. Eppure, come raccontano i manifesti della campagna per l’adesione al­l’Onu, Abu Mazen è il vero protagonista del­la mossa diplomatica palestinese. I sondaggi più aggiornati dicono che la sua insistenza per l’adesione palestinese alle Nazioni unite ha aumentato la sua popolarità, proprio ora che il rais aveva deciso di sparire dalla scena politica. Eppure, ieri a Ramallah la maggior parte della popolazione ha preferito ascolta­re il presidente seduta sul divano di casa, nel­le botteghe - le serrande mezze abbassate. C’era un’atmosfera di festa,giovani,macchi­ne, bandiere, migliaia di persone, ma non certo una folla enorme. Un maxi schermo è stato posizionato a pochi metri dalla centra­le piazza Manara, dove un’enorme sedia blu con il simbolo delle Nazioni unite è circonda­ta dalle bandiere nazionali. «Palestina194» è lo slogan della campagna. Se le Nazioni uni­te votassero in favore dell’adesione, la Pale­stina diventerebbe il 194˚ Stato all’Onu. Pri­ma del discorso di Abu Mazen, sul palco mon­tato in centro a Ramallah, sono andati in sce­na canti e balli popolari. Gruppi di ragazzi so­no arrivati scandendo il nome del rais, con le sue fotografie, tutte uguali, alla mano.
Anche nei giorni scorsi ci sono state mani­festazioni e anche nei giorni scorsi i numeri non sono stati alti, nonostante l’Anp abbia permesso a scuole e uffici di chiudere prima per partecipare alle proteste. Eppure, secon­do i sondaggi la maggior parte della popola­zione è in favore della richiesta di adesione e sostiene il rais: se oggi si andasse alle urne, in Cisgiordania e anche a Gaza, dove governa Hamas, vincerebbe Abu Mazen.
«Il riconoscimento dell’Onu cambiereb­b­e l’equilibrio diplomatico e politico per i pa­lestinesi », spiega da piazza Manara, sotto la grande sedia blu, Mustafa Barghouti, politi­co e attivista palestinese. Per molti, però, le Nazioni unite sono troppo lontane dalla quo­­tidianità: «Sono giovane, certo sono palesti­nese, ma non capisco quello che succede al­l’Onu », dice una ragazzina adolescente da­vanti al maxi schermo. Non ascolta il discor­so, ma parla con un gruppo di amiche. Intor­no, la folla urla e applaude quando il rais menziona uno Stato indipendente, una vita normale per i palestinesi, quando pronun­cia il nome di Yasser Arafat.


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