Erdogan, il gradasso turco, continua a minacciare destra e manca. Riprendiamo dal FOGLIO l'opinione di Dimitri Deliolanes, dal CORRIERE della SERA la cronaca di Monica Ricci Sargentini e l'analisi di Guido Olimpio, da LIBERO il commento di Carlo Panella, preceduto da un nostro commento.
Ecco i pezzi:
Il Foglio-Dimitri Deliolanes: " Per capire l'ira turca con Israele e Cipro guardate sotto il mare "

Atene. Dalla dottrina “non vogliamo grane con i vicini”, Ankara sta passando a quella dei problemi con tutti i paesi attorno ai suoi confini. Dopo aver lanciato minacce verso Israele, è arrivato il momento di Cipro e della Grecia. In tutti i casi la voce grossa del premier turco, Recep Tayyip Erdogan, odora di gas naturale. Nei fondali del Mediterraneo orientale se ne sta scoprendo parecchio e Ankara rischia di rimanere esclusa, pagando amaramente il prezzo di un trentennio di mosse sbagliate e di sottovalutazione delle regole internazionali. Cipro ha annunciato che è già cominciata l’estrazione esplorativa dei fondali nel settore 12 (chiamato Afrodite) della zona che, secondo gli accordi raggiunti a dicembre con Israele, è di sua competenza esclusiva. Il responsabile per l’energia del governo cipriota, Solon Kassimis, prevede che sotto Afrodite ci siano tra gli otto e i 10 mila miliardi di metri cubi di gas naturale. Anche Israele sta accelerando i preparativi per le estrazioni esplorative nella sua zona, considerata forse la più ricca, soprattutto nel settore del giacimento Leviathan. La crescente aggressività di Ankara, dicono molti in Israele, non è tanto dovuta a Gaza, quanto a Leviathan. Il problema è che le Zone economiche esclusive (Zee) sono state sancite nel 1982 dalla nuova Convenzione sul diritto del mare dell’Onu. La Turchia, però, non l’ha mai ratificata, per una disputa sullo sfruttamento delle risorse sottomarine nell’Egeo. Dal 1973, quando si sono scoperti i primi giacimenti nel mare tra Grecia e Turchia, i due paesi interessati esigono un accordo bilaterale per delimitare le rispettive piattaforme continentali. Ma la Turchia non ha mai voluto accordarsi, perché ritiene di dover rivedere “tutto lo status dell’Egeo”: le acque territoriali, la zona di competenza dei controllori di volo e perfino la sovranità di alcune isole. Negli anni Novanta, mentre il Parlamento turco definiva “casus belli” l’eventuale estensione delle acque territoriali greche, Ankara ha inaugurato la prassi delle “zone grigie” nell’Egeo (isole la cui sovranità “non è ben definita”). Con il caso del Dodecanneso, la dottrina turca aveva messo in forte imbarazzo anche la Farnesina, dato che le frontiere marittime erano state concordate nel 1932 con l’Italia. Non contenti, per dare forza alla loro tesi, i generali turchi hanno portato avanti una politica di violazioni dello spazio aereo nell’Egeo. La politica revisionista sul fronte dell’Egeo non ha impedito alla Turchia di definire una propria Zona economica esclusiva nel mar Nero, d’intesa con Russia, Bulgaria e Romania. Con Cipro, la politica turca si scontra con un nodo molto delicato. Nicosia è entrata nell’Unione europea nel 2004, malgrado la Turchia occupi circa un terzo del suo territorio con un contingente di circa quarantamila uomini. Per l’Ue è tutta Cipro ad aver aderito all’Unione, ma nei territori occupati le regole comunitarie sono “sospese”. Una volta subodorata la ricchezza custodita sotto i fondali, il governo di Nicosia si è mosso con accortezza. Per assicurarsi la copertura di Washington, ha concesso la licenza d’esplorazione alla statunitense Noble Energy, per 500 milioni di euro l’anno. In agosto Ankara ha fatto pressioni sul governo americano, incassando però un netto rifiuto. I turchi sono andati incontro alla stessa risposta anche a Mosca e a Bruxelles: lo sfruttamento della Zee cipriota è per tutti “pienamente legittimo” e la Turchia deve “abbassare i toni”. Erdogan invece ha continuato a fare la voce grossa. Da luglio è un continuo di minacce contro tutti i paesi dell’area. Venerdì Ankara ha annunciato l’invio di una propria nave esplorativa nella zona a sud di Kastellorizo (l’isola greca dove è stato girato “Mediterraneo” di Gabriele Salvatores), scortata da undici navi da guerra. Per dare una parvenza di legalità all’operazione, Erdogan sta preparando un accordo di delimitazione della piattaforma continentale con lo stato fantoccio turco-cipriota creato nel 1983 a nord di Cipro (senza informare la Grecia, perché, dicono i turchi, isole come Kastellorizo “non dispongono di piattaforma”). Una mossa debole, visto che si tratta di uno stato riconosciuto solo da Ankara. Cipro pone un grosso problema anche nel processo di adesione della Turchia all’Ue, visto che Ankara si rifiuta di riconoscere il governo di Nicosia. Quando, nel secondo semestre del 2012, Cipro assumerà la presidenza di turno dell’Ue, l’imbarazzo di Ankara sarà massimo – e infatti ha già iniziato con le minacce. Come se non bastasse, la comunità minoritaria turco-cipriota (18 per cento della popolazione) mostra un’insofferenza crescente verso la “protezione” turca. Le forze speciali turche respingono grandi manifestazioni dall’inizio dell’anno e i giornali meno allineati hanno subìto attentati terroristici. I turco-ciprioti protestano soprattutto contro il trasferimento selvaggio di turchi anatolici sull’isola e contro la condizione di “apartheid” in cui sono costretti a vivere. Da anni, decine di migliaia di turco-ciprioti hanno preso il passaporto della Repubblica di Cipro per emigrare, di preferenza in Gran Bretagna Al momento sia Nicosia sia Atene ostentano sangue freddo. Venerdì, ad Atene, il ministro della Difesa cipriota Dimitris Eliades ha incontrato il collega greco Panos Beglitis: “Siamo corazzati dal diritto internazionale”, hanno concluso. Ma, per maggiore sicurezza, sembra che un certo numero di caccia israeliani siano stati trasferiti nelle basi aeree greche. Non è un caso che, ad agosto, sia Beglitis sia la ministra degli Esteri cipriota, Erato Kozakou Markoullis, abbiano visitato Israele. I tre paesi lavorano anche ad altri progetti comuni: un centro di stoccaggio e smistamento del gas israeliano a Cipro e un gasdotto sottomarino verso la Grecia. Sener Levent, un coraggioso giornalista turco-cipriota che dirige il giornale Afrika – prima si chiamava Avrupa, Europa, ma dopo l’uccisione di alcuni colleghi e tanti attentati terroristici ha optato per una testata più aderente alla realtà locale –, si è chiesto: “Di cosa si impiccia Erdogan? Non ha già fatto abbastanza danni alla nostra isola? Si comporta come se fosse il padrone. Cipro non è di sua proprietà, ci lasci liberi e troveremo il modo di spartirci i proventi del gas con i greco-ciprioti”. Le dimensioni dello scontro stanno assumendo dimensioni epocali: “Nel 1973 e nella tragica estate del ’74 la Grecia aveva voltato le spalle all’occidente. Prima, quando il regime dei colonnelli vietò l’uso delle basi americane per sostenere Israele nella guerra dello Yom Kippur. Poi l’anno seguente, quando si era ritirata dalla Nato dopo l’invasione turca di Cipro. Ora, a 37 anni di distanza, la Grecia rientra nell’occidente e la Turchia va incontro all’Iran”, ha commentato il giornale ateniese Ta Nea.
Corriere della Sera-Monica Ricci Sargentini: " Minaccia di Erdogan 'manderò la flotta nelle acque cipriote"

La diplomazia lascia il passo alle navi da guerra al largo di Cipro, dove cresce il rischio che si confrontino le marine militari di Israele e Grecia da una parte e quella della Turchia dall'altra. Ieri il premier Recep Tayyip Erdogan ha annunciato che aerei, fregate e torpediniere saranno inviati nel Mediterraneo orientale per monitorare e garantire le esplorazioni alla ricerca di gas naturale nelle acque davanti alla zona turco-cipriota: «Cominceremo molto presto — ha detto il primo ministro — può darsi già questa settimana, questi lavori nella nostra zona economica esclusiva (Zee)». La mossa è stata decisa in risposta alle prospezioni sottomarine avviate dal governo greco-cipriota in collaborazione con quello israeliano nella sua Zee, dove è stato localizzato un promettente giacimento. L'altro ieri sera la squadra della società statunitense Noble Energy (tre americani e un israeliano), cui è stata affidata l'operazione, è arrivata sulla piattaforma «Homer Ferrington» che si trova sulla perpendicolare del giacimento denominato «Blocco 12», proprio al confine con le acque israeliane. Il tutto è avvenuto sotto gli occhi vigili della marina turca che da due giorni sorveglia la situazione rimanendo però in acque internazionali.
Ankara, che appoggia la Repubblica turca di Cipro del Nord e mantiene una presenza militare nella zona dall'invasione del 74, sostiene che ogni risorsa naturale trovata offshore appartiene a entrambe le comunità: «La trivellazione nel Mediterraneo orientale è una provocazione — aveva avvisato due giorni fa il ministro per l'Energia Taner Yildiz —. Vogliamo che i greco-ciprioti fermino immediatamente il lavoro con la Noble». Ma il presidente cipriota Demetris Christofias ha risposto picche e ha avviato lo stesso le esplorazioni. Spalleggiato, naturalmente, da Atene. Il ministro degli Esteri greco Stavros Lambrinides ha subito ribadito che il suo Paese sarà a fianco della Repubblica di Cipro nel caso Ankara decidesse di attaccare l'isola: «Il Mediterraneo orientale non ha bisogno di un gendarme — ha detto — tantomeno di uno che, invece di rispettare la legalità internazionale, è il primo a violarla».
Il clima di tensione, accresciuto dalla crisi diplomatica turco-israeliana, si riflette anche sull'Unione Europea di cui Cipro è membro dal 2004. Domenica scorsa il vicepremier turco Besir Atalay ha minacciato di congelare i rapporti con la Ue se dovesse andare avanti col proposito di assegnare alla Repubblica la presidenza di turno nel secondo semestre del 2012. Ieri un portavoce dell'Alto rappresentante per la politica estera dell'Ue Catherine Ashton ha invitato entrambi i Paesi alla moderazione e a compiere «ogni sforzo per trovare una soluzione al più presto possibile» sullo status di Cipro Nord. I negoziati sull'unificazione dell'isola sotto egida Onu, iniziati nel 2008, proseguono lentamente. Per i turchi le trivellazioni greco-cipriote sono un sabotaggio del processo di pace. «Se loro hanno un'area dove possono fare quello che vogliono — ha detto il ministro degli Esteri Davutoglu — allora accettano di conseguenza anche Cipro Nord. C'è uno spostamento dall'unificazione alla visione di due Stati».
Nei prossimi giorni Davutoglu incontrerà a New York il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon e cercherà di evitare una crisi diplomatica. Ma di certo la Turchia, forte anche del consenso raccolto da Erdogan nel suo recente tour nordafricano, persegue l'obiettivo di rafforzare il suo peso nel Mediterraneo. «Vogliamo un asse della democrazia con l'Egitto», ha dichiarato ieri il ministro degli Esteri turco al New York Times. «Che non è un asse contro qualsiasi altro Paese», ha aggiunto. Eppure la rottura con Israele c'è stata e quella con la Ue potrebbe non essere così lontana.
Corriere della Sera-Guido Olimpio: " E il re dei trafficanti fa affari dall'isola divisa"

Husam Siba'i, a destra
WASHINGTON — Husam Siba'i, siriano dagli occhi di ghiaccio, è il re dei trafficanti. Lavora con chi paga bene: servizi segreti, Hezbollah libanesi e chiunque voglia trasportare armi, droga, uomini in modo clandestino verso l'Europa. Per questo le sue attività sono finite in un rapporto — non ancora completo — redatto dalle intelligence occidentali. Preoccupati, gli 007 hanno tenuto alcuni meeting in una capitale europea ed hanno creato un team che si è messo sulle tracce del contrabbandiere.
Sfruttando la situazione di grande tensione in Medio Oriente, il siriano ha aumentato il volume dei suoi affari illegali. Ed ha stabilito una importante testa di ponte nello scalo di Famagosta, città nella zona di Cipro occupata dai turchi nel 1974. La località è lo snodo per la rotta marittima creata da Siba'i. Le armi (ma anche gli stupefacenti) provengono dalla Siria (Latakia, Tartus) quindi raggiungono Famagosta e poi sono spedite verso l'Europa o altre destinazioni. I carichi sono trasportati su alcuni mercantili noleggiati dal contrabbandiere e con marinai che sanno tacere. Navi ombra che cambiano nome di frequente. Una di queste — la «Miya» — è già stata segnalato più volte in Mediterraneo.
La seconda rotta è quella terrestre e dalla Siria si insinua in Libano attraverso una serie di strade poco controllate che sbucano nella valle della Bekaa. Una zona dove agiscono gruppi guerriglieri di diversa ispirazione (palestinesi, estremisti sunniti, miliziani sciiti) e bande criminali. Per Siba'i è l'ambiente ideale. C'è una grande richiesta di fucili Kalashnikov ed esplosivo da usare nella regione. Il «re» è pronto a fornirli e anche a farli arrivare dove serve. Al tempo stesso, il siriano può muovere qualsiasi cosa in senso inverso: dall'Europa verso il Medio Oriente. Un'abilità che amplia il numero di clienti esigenti quanto riservati.
Seguendo le mosse del siriano, i servizi occidentali hanno accertato che spesso ha collaborato con un operativo dell'Hezbollah, il movimento filo-iraniano presente in Libano. Il suo nome è Muhammad Shweikani ed è ritenuto una figura importante nel settore logistico del gruppo. Conosce Siba'i e ne apprezza le doti professionali ed è pronto a pagare le tariffe — molto alte — imposte per contrabbandare la «merce». Una fedeltà ricambiata dall'intraprendenza del trafficante. Se si blocca una via, lui riesce a trovarne un'altra. Gli 007 occidentali ritengono che Siba'i si sia preparato alla possibile chiusura dei porti siriani a causa della rivolta interna. E dunque Famagosta è diventata vitale nei traffici di verso l'Europa. Ma lo è anche il tratto di mare che separa Cipro dalla Siria. Vi sono punti dove i cargo contrabbandieri restano in attesa. Sono chiamati in gergo «boschi», perché celano la presenza di navi. I capitani spengono il trasponder navale che ne segnala la posizione, poi aspettano l'ordine di «avanti tutta».
Gli equipaggi ingaggiati da Siba'i fanno questo da una vita. Lupi di mare consapevoli dei rischi che li aspettano quando cercano di aggirare i controlli. Qualcuno è finito nella rete dall'intelligence. E' il caso della «Santorini». Nel maggio del 2001, gli israeliani l'hanno intercettata: a bordo c'erano armi per 10 milioni di dollari destinate a Gaza. Un'operazione di Husam per conto dei suoi clienti preferiti, gli Hezbollah e il gruppo Jibril.
Libero-Carlo Panella: " Cipro trova gas e petrolio e va allo scontro coi turchi "

Il gas sottomarino è stato scoperto da Israele con le trivellazioni nel mar mediterraneo davanti a Haifa. I giacimenti, molto vasti, raggiungono anche il mar egeo, ed è per questo che Israele, correttamente, ha sigliato gli accordi con Cipro. Per cui il gas è un affare che riguarda i due paesi e non altri, nè il Libano nè la Turchia, che occupa illegalmente una piccola parte di Cipro. E che ora vorrebbe mettere le mani sul giacimento. Non capiamo come Carlo Panella possa vedere, come scrive, un alfiere che porta la democrazia nella 'primavera araba'. Stupisce anche il giudizio sul referendum cipriota, giustamente respinto dalla parte greca, che aderì invece all'Unione Europea. Erdogan può fare una cosa soltanto, levare le tende dalla parte di Cipro che occupa, e starsene tranquillo in Turchia. Panella non è d'accordo ? Ci auguriamo che non vorrà prendere un abbaglio con il gradasso turco come gli accadde con Khomeini, che scambiò con un liberatore.
Ecco l'articolo:
Il premier turco Tayyp Erdogan ha minacciato domenica di rompere le relazioni con l’Unione Europea se nel luglio 2012, nel momento in cui la presidenza europea dovrebbe andare alla repubblica greco-cipriota, non si sarà risolta la trattativa tra le due repubbliche che oggi governano su Cipro. In apparenza anche qui, troviamo un groviglio di ragioni e di torti (e va detto che Erdogan e i turco ciprioti hanno più ragioni che torti), ma quello che è più importante è comprendere il filo che collega tutte le esplosive azioni del premier turco nelle ultime settimane: la rottura delle relazioni diplomatiche e commerciali con Israele, il viaggio trionfale al Cairo e a Tripoli, l’invio di una flotta di tre fregate e sette corvette nell’Egeo e ora la quasi rottura con Bruxelles. Questo filo è semplice ed è costituito non solo dalla volontà – e va detto, anche dalla capacità – di costruire un asse tra Turchia ed Egitto per garantire l’evoluzione democratica della primavera araba e assumere la partnership dei palestinesi. La grossa spinta all’at - tivismo di Erdogan va ricercata, più banalmente, nel gas. Una quantità enorme, i più grandi giacimenti di gas metano a grande profondità trovati negli ultimi 10 anni. Questi giacimenti, il Leviathan scoperto nel 2009 e il Tamar scoperto a dicembre 2010, si trovano nell’Egeo a 130 chilometri da Israele, alla stessa distanza da Cipro e la loro estremità si avvicina al Libano. Fuori dunque dalle acque territoriali e quindi sottoposti – quanto a diritti di sfruttamento –a una complessissima serie di regole – e diatribe – basate sulla estensione delle piattaforme continentali. Sta di fatto che Israele in raccordo con la repubblica greco-cipriota ha già iniziato la perforazione di Leviathan e quando inizierà lo sfruttamento anche di Tamar non solo sarà pienamente autosufficiente dalpunto divista energetico, ma potrà anche esportare gas. Una novità determinante per uno Stato circondato da nazioni avverse, se non nemiche. E ieri il direttore dei servizi per l'Energia di Nicosia, Solon Kassinis, ha annunciato l’inizio delle trivellazioni a sud di Cipro. Il Libano, intanto, già protesta, denuncia la violazione dei propri diritti territoriali e si avvia a fare anche di questo momento di attrito con Gerusalemme. La volontà di partecipare allo sfruttamento di una immensa quantità di gas sottomarino spiega dunque non solo l’attivismo e le minacce di Erdogan, ma anche la rapidità con cui si muove. Agitando la questione della Freedom Flottilla del 2010, mandandola flotta nell’Egeo adistanza pericolosamente ravvicinata con la flotta di Israele, denunciando il blocco di Gaza e ora minacciando l’Europa su Cipro, Erdoganin realtà tenta di posizionarsi al meglio perunainevitabile trattativa in sede internazionale con l’obbiettivo evidente di far riconoscere i diritti di estrazione anche alla repubblica turco cipriota, legata da mille rapporti con la Turchia come dimostra l’invio di una trivella turca offshore della Turkish Petroleum Corporation al largo delle sue coste. Va detto peraltro che anche su questa partita giocano un ruolo negativo i ritardi della Ue. Il 24 aprile del 2004, infatti, la proposta di risoluzione della crisi di Cipro elaborata dall’allora segretario dell’Onu Kofi Annan fu sottoposta a referendum nelle due parti dell’isola. I turco ciprioti l’appro - varono a schiacciante maggioranza, ma la nascita di uno Statoconfederale tra le due repubbliche – proposta salomonica e saggia – saltò, perché invece i greco ciprioti la bocciarono. Nonostante questo schiaffo all’Onu, la Ue decise di associare lo stesso la Cipro greca, con l’impegno solenne che avrebbe risolto rapidamente il contenzioso con la controparte turca. Naturalmente non è stato così e ora l’Ue deve fare i conti con l’en - nesima crisi che non ha saputo e voluto risolvere
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