9/11, dieci anni dopo. Pubblichiamo dalla STAMPA di oggi la cronaca di Maurizio Molinari e dal GIORNALE il commento di Fiamma Niresntein.
Leggiamo con preoccupazione il titolo di prima pagina di AVVENIRE, il quotidiano della Cei, " 11 settembre, ingiustificabile il terrorismo nel nome di Dio", la frase pronunciata dal Papa. Lungi da noi l'idea che Benedetto XVI intendesse dire che il terrorismo attuato non nel nome di Dio lo sia, ma letto così lascia sconcertati, soprattutto tenendo conto della sottovalutazione che la Santa Sede esprime quando deve affrontare il problema del terrorismo islamico.
Ecco i due articoli:
La Stampa-Maurizio Molinari: " Obama e Busch uniti nel giorno del ricordo "

Maurizio Molinari



La celebrazione del decimo anniversario dell’11 settembre coincide con una imponente caccia all’uomo in atto su tutto il territorio americano per trovare i tre jihadisti che sarebbero parte del piano di Al Qaeda per vendicare Bin Laden, facendo esplodere delle autobombe. Non sono giunti dall’estero ma risiedono in America, due sono cittadini, tutti sono di origine araba e due di loro parlano arabo correntemente. Si tratta di una cellula dormiente che sarebbe stata attivata in agosto da un ordine di colpire arrivato dall’area afghanopachistana.
I piloti si confessano Cade uno dei segreti più impenetrabili dell’11 settembre. I nomi dei piloti che avevano ricevuto l’ordine di abbattere gli aerei civili dirottati. Il colonnello Heather Penney era ai comandi di un F-16 sulla pista della base di Andrews, le ordinarono di decollare per fermare in qualsiasi modo il volo UA93 diretto verso Washington. Non aveva munizioni né missili ed ora confessa: «Ero pronta a gettarmi in un attacco kamikaze contro il Boeing pur di fermarlo». Non servì, per la rivolta di bordo dei passeggeri contro i terroristi. Lo stesso ordine era arrivato al tenente colonnello Tim Duffy, in volo sopra Cape Cod. Doveva intercettare il volo AA11 ed era armato di missili. Viaggiò a velocità supersonica ma arrivò troppo tardi sopra Manhattan. Vide la North Tower che già fumava.
Air Force One senza difese Mark Tillman pilotava l’Air Force One con a bordo George W. Bush. Era la sua missione 3480. Quando decollò da Sarasota, in Florida, non aveva idea di cosa sarebbe successo. «Ero stato addestrato a difendere il presidente da un attacco nucleare, non da un attacco interno. Non sapevo cosa fare, chiesi la scorta dei jet militari. Ci dissero di chiudere i cellulari per impedire ai terroristi di sapere dove eravamo in cielo».
In fila per le reliquie Al Preview Memorial su Vesey Street sono in mostra alcune delle reliquie destinate al Museo del Memorial dell’11 settembre, che si svilupperà su sette piani sotterranei. La gente è in fila per vedere le scarpe insanguinate, i caschi ammaccati, le carte di credito consumate dal fuoco e i distintivi di agenti e pompieri uccisi. Sono gli oggetti delle vittime e degli eroi, tasselli unici di una memoria immanente.
La bandiera di Billy Billy Eisengrein è uno dei tre pompieri che issarono la bandiera americana sulle rovine di Ground Zero in un’immagine simbolo della capacità nazionale di «resilience», di resistere al nemico. Con le Torri Gemelle tatuate sulle braccia racconta che «quel giorno avevo perso oltre cento compagni e mi sembrò la cosa più naturale da fare per rendere loro omaggio».
Le foto di Joel
Dal momento del crollo la fotografa Joel Meyerowitz rimase a Ground Zero per 8 mesi e gli 8000 scatti ricavati descrivono coraggio, compassione e solidarietà della città che si strinse attorno a vittime e soccorritori incarnando il valore di «United We Stand». Sono in mostra al Centro Y sulla 92˚ Strada.
Il canto di Times Square
Per celebrare l’amore per la vita e la forza del riscatto che distinguono la Grande Mela i più noti artisti di Broadway si sono dati appuntamento al centro di Times Square per intonare assieme «New York, New York».
55 milioni di dollari
Tanto costerà il mantenimento annuale del Memorial. In tempi di crisi la città è a corto di fondi e il sindaco Michael Bloomberg chiede al governo federale di garantirli, trasformando il luogo in Museo nazionale. Se ciò non avverrà, la contromossa è già pronta: farà pagare 25 dollari a ogni visitatore. Se ne prevedono a un ritmo di circa 1.500 l’ora, 365 giorni l’anno.
Il Giornale-Fiamma Nirenstein: " Osama è stato eliminato ma la sua follia deve farci ancora paura "



Scomparso, ucciso Fiamma Nirenstein
Non c'è chi non sappia dove si trovava quando le TwinTowers furonocolpite. Io ero a Gerusalemme, appena tornata da Durban; avevogiàvisto, scrittosulmuro, quello che sarebbe accaduto. So esattamente dove mi trovato subito prima e durante l'attacco. Al centro dell' odio. A Durban, la conferenza dell' ONU sul razzismo che avevo coperto, si era senza vergogna trasformata in una conferenza razzista contro ebrei e americani. L'odio antioccidentale era al picco: Mughabe, Fidel Castro, Arafat, applauditi a scena aperta, predicavanolanuovareligione globale delle sale del Centro CongressiedelloStadiodoveeranoriunite le ONG: i giovani rincorrevano quelliidentificaticomeebreieamericani, maledicevano l'occidente, schiavista, oppressore, imperialista. L'Occidente doveva pagare. Le marcesisvolgevanosottomanifestiestriscionicheritraevano Bin Laden, che certo anche allora non era uno sconosciuto. Al Qaida aveva già compiuto, nel '93, l'attacco del World Trade Center, poi la Somalia, quindi Ryiad, nel '96 l'attacco alle Khobar Towers che uccise 19 americani, nel '98 le ambasciate USA in Kenia e Tanzania, 224 morti,nel2000lanave Cole…. Israele intanto esplodeva ovunque, eralafestadellecinture suicide.
Durban fu una specie di sabbaperl'avventodell'anticristo, e lui venne.Nel ’96 Bin Laden aveva giurato guerra «ai crociati e agli ebrei», nel ’98 una fatwa ne confermò la validità e crebbe la religione del terrorismo suicida: morire uccidendo, e non la vita, fu dichiarata l'aspirazione più sacrosanta, ogni giovane doveva essere desideroso di morire contro l'Occidente per la fede nazionalista araba e per quella religiosa islamista. Nel mondo islamico le scuole,le mamme,la tv,le canzoni della strada, le moschee, tutto il contesto sociale era un alito di fuoco che prometteva la conquista del mondo per il califfato universale. Le bande sunnite e sciite che si odiano divenneropronteaunirsiperlaguerrasanta. Ahmadinejad oltre alla sua banda sciita degli hezbollah, prescelse anche quella sunnita di Hamas per la guerra terrorista.
Il senatore americano Joseph Lieberman, dopochesonostatiresipubblici i termini della strategia antiterrorista obamiana, ha protestato perché Obama non capisce che la dimensione culturale e religiosa della guerralarendeancoramoltopericolosa. Il senatore critica i termini usati perilnemico:«gliestremisti»o«imilitanti ». Non di questo si tratta, ma di terroristi islamisti, e non abbiamo nemmeno il coraggio di chiamarli con l loro nome, dice.
NelcorsodeglianniAlQaidahacoperto il mondo di circa diecimila attacchi( Londra,Madrid,Algeria,Turchia, Bali,Karachi,Baghdad,leFilippine…). Eliminare Bin Laden e altri terroristi non elimina un'agenda, un modo di vita: l'uccisione dello sceicco Yassin non ha fermato Hamas, ne quello di Imad Mughniyeh gli hezbollah. Al Qaida, come oggi si vede per esempio nella mobilitazione del Sinai, si muove ormai per gruppi autonomi e non coordinati sfruttandoleopportunità, spessoinaggressiva concorrenza l'uno con l'altro, autentichefranchisingdelterrorecapaci di audaci alleanze. Anche Bin Laden stesso capì, così sostengono in molti, che, benché sciita, l'Iran era per lui sunnita un ottimo nascondiglio temporaneo.
Hezbollah, ormai molto presenti specieinSudAmerica, Hamas, organizzazioni palestinesi svariate della Jihad Islamica si aggregano e si distanziano da Al Qaida in base a progetti che diventano tanto più effettivi quanto più la confusione legata alle cosiddette primavere arabe permette nuovi movimenti, nuovi rapporti. Questa è l'altra grande variabile che ci indica che la guerra può oggi godere di segreti o aperti appoggi di chi in passato la osteggiava.
Per esempio, un nuovo governo egiziano potrebbe trovare conveniente aiutare una Fratellanza Islamicaamicasuamaapertamenteosegretamentebelligerantecontrol'Occidente.
Sotto Mubarak l'Egitto non avrebbe mai lasciato che le organizzazioni terroriste sia locali, come la Fratellanza, sia di fuori, come Al QaidaeHamas, avesserotantapossibilità di organizzazione e movimento sulsuoterritorioquantonehannooggi.
Noi non abbiamo, letteralmente, lacapacitàculturaleditenereilterrorismo nella dovuta considerazione. La guerra ideologica dopo il secolo delle ideologie sanguinose ci suscita repulsioneeciinduceacercarelapace anche dove non ce n'è la possibilità.
Invece della guerra per il territorio, per le risorse, per odio nazionale, il terrore conduce una guerra contro l'idea stessa della civiltà occidentale equestociportaapensarecheilcedimento, lamanotesapossanoottenere un qualche accordo. La confusione nasce anche dalla dimensione teologica e confusa di una guerra che dovrebbeconcludersi,unavoltaconquistatoilmondo, conlafinedeitempi. La jihad non ci spiega bene i suoi progetti. Per gli sciiti, è previsto l'avvento del Mahdi in cui Ahmadinejad credetantodaaverecostruitolestrutture fisiche per il suo avvento. Per Al Qaeda e i talibani c'è un grande centro nell'accerchiamento del nemico in Afghanistan e in Pakistan, e azioni di disturbo e copertura in altre aree geografiche anche lontane, a Londra, a Madrid, a Mumbai, chissà dove ancora. E poi, il califfato e la fine dei tempi. È una promessa di cui il mondoislamicosoffreperprimo, dato che è molto maggiore il numero dei morti musulmani in attentati dei nostri. Ma il terrorismo è un albero nero dalle mille foglie scosse ancora dal vento, che nessuno osiamo guardare mentre estende la sua ombra.
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