Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 22/08/2011, a pag. 16, l'articolo di Aldo Baquis dal titolo " Il Cairo lavora a una tregua ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 18, l'intervista di Francesco Battistini a Mordechai Kedar dal titolo " Il clima è cambiato. La pace con l'Egitto non potrà durare ". Da REPUBBLICA, a pag. 18, l'intervista di Fabio Scuto a Ahmad Yousef, portavoce di Hamas, dal titolo " Hamas non e 'entra con l'attentato ma se ci attaccano, ci difenderemo ". Pubblichiamo il lancio ANSA dal titolo " M.O. Israele. Pacifici, siamo sdegnati e preoccupati, nuova fase del terrorismo ".
Ecco gli articoli:
La STAMPA - Aldo Baquis : " Il Cairo lavora a una tregua "


Bibi Netanyahu
Dopo quattro giorni di violenze nel Neghev israeliano, nel Sinai egiziano e nella Striscia di Gaza - costate la vita a oltre 30 persone - la diplomazia del Cairo ieri si è impegnata per concordare una tregua, sia pure tacita, fra Israele e Hamas. Mentre al Cairo giungevano discretamente una delegazione da Israele e il leader della filo-iraniana Jihad islamica Ramadan Shallah, sul terreno sono andati via via diradandosi i lanci di razzi da Gaza verso Israele e i raid israeliani su Gaza. Al calar delle tenebre le ostilità sembravano essersi arrestate.
Nelle medesime ore un altro dramma si sviluppava in Cisgiordania, dopo che lo Shin Bet (il servizo segreto di Israele) aveva avuto sentore dell’imminenza di un nuovo attentato terroristico, dopo quelli che giovedì hanno seminato la morte a Nord di Eilat. In breve tempo oltre cento militanti di Hamas - fra cui diversi deputati - sono stati arrestati e interrogati nel frenetico tentativo di raccogliere informazioni sull’operazione ritenuta in fase avanzata di gestazione. In serata la polizia di Gerusalemme è stata costretta a decretare lo stato di massima allerta e erigere posti di blocco, nella sensazione che in città si aggirasse un kamikaze pronto a entrare in azione, o che fosse nell’aria il rapimento di un israeliano.
Nel frattempo però i dirigenti israeliani hanno assecondato il lavoro intrapreso dall’Egitto e dal mediatore europeo Robert Serry (Onu) - per calmare la regione. Ancora sabato fra Israele ed Egitto si era sviluppata una crisi diplomatica (per l’uccisione, in apparenza accidentale, di alcune guardie di frontiera egiziane durante gli scontri a Nord di Eilat) e il governo di Benyamin Netanyahu si è reso conto che la prosecuzione delle operazioni militari a Gaza rischia di pregiudicare ulteriormente le relazioni con l’Egitto, su cui da decenni si fonda la strategia dello Stato ebraico.
Hanno destato forte impressione in Israele le immagini delle manifestazioni di collera popolare attorno all’ambasciata israeliana al Cairo. Uno dei dimostranti, osannato dalla folla, si è arrampicato sul tetto dell'ambasciata, dopo aver scalato una quindicina di piani, e ha sostituto la bandiera di Israele con quella egiziana. Adesso è diventato un eroe popolare al Cairo: qualcuno già lo definisce «l’uomo-ragno egiziano». Parole di fuoco contro Israele sono state scagliate anche da un grande romanziere, Alaa elAswani (Palazzo Yacoubian).
In questa fase per Israele la priorità è allora difendere quello che resta degli accordi di pace con l’Egitto, che molte forze politiche del Cairo vorrebbero annullare o almeno congelare. Se i razzi da Gaza cesseranno davvero, dicono i responsabili militari di
Israele, la calma può tornare. Hamas, da parte sua, deve vedersela con i gruppi salafiti e filo-iraniani che predicano la lotta a oltranza. Ieri un esponente del braccio armato di Hamas ha criticato gli organizzatori degli attacchi condotti a Nord di Eilat: un’operazione «avventuristica», ha affermato, che aveva probabilità di successo molto scarse e che si è basata sul sostegno di tribù beduine «sempre inaffidabili, perché infiltrate da informatori dell’Egitto o di Israele». Hamas si considera la forza politica più responsabile e matura a Gaza. Un suo portavoce ha garantito che saprà far valere la propria volontà anche sulle formazioni ribelli e imporre loro il cessate il fuoco.
CORRIERE della SERA - Francesco Battistini : " Il clima è cambiato. La pace con l'Egitto non potrà durare "


Mordechai Kedar, Francesco Battistini
GERUSALEMME — Diceva Sadat che il villaggio di ogni uomo è la pace della sua mente. Dopo il turbolento sabato dei villaggi fra il Negev e il Sinai, le menti diplomatiche non hanno ancora ritrovato la pace condivisa per trent'anni. Ai marescialli egiziani non basta il «rammarico» israeliano per i poliziotti ammazzati. Il premier Bibi Netanyahu non crede di dover fare altro. L'incendio non è domato: crollano le borse del Cairo e di Tel Aviv; cala la (scontata) condanna della Lega Araba; scende in campo il vecchio Shimon Peres, il presidente che a 88 anni è sempre chiamato a fare il pompiere; atterra lungo il Nilo una delegazione incaricata di ricucire. La crisi è superabile? «Nel periodo immediato, sì — dice Mordechai Kedar, esperto di popoli arabi all'università Bar-Ilan di Tel Aviv — ma il futuro è già scritto: le relazioni fra i due Paesi non possono che peggiorare».
Camp David diventerà un camposanto lastricato di buone intenzioni: «Nessuno vuole che i jihadisti prendano il controllo del Sinai. E quindi ora si farà pace. Ma che succederà, quando i Fratelli musulmani arriveranno — perché ci arriveranno — al governo? Nel dopo Mubarak, già si vedono i risultati d'una certa anarchia. La politica egiziana sta uscendo dai suoi binari tradizionali. E prima o poi la Fratellanza porrà la questione: che fare dei trattati con Israele? O si stracciano o si congelano: non c'è altra opzione». Ospite frequente dei talk di Al Jazeera, consulente per 25 anni dell'intelligence militare israeliana, Kedar conosce bene il carissimo (ex?) nemico egiziano. E ne diffida: «Non ci sarà mai una guerra con noi. Gli islamici sanno di non essere pronti e che la manutenzione dell'arsenale egiziano dipende dai dollari, dagli euro, dai rubli. Piuttosto, punteranno a rifornire d'armi Gaza». Lo dice perché anche il governo del nuovo Egitto, in questi mesi, ha mostrato più interesse a Hamas che a Israele? «La giunta militare sostiene chi la piazza vuole che si sostenga. Ha visto le foto delle bandiere con la stella di David bruciate al Cairo? Su una c'era scritto, in arabo, "maiali". Nella società egiziana, l'odio per Israele è una cosa profondissima, che sconfina spesso nell'antisemitismo. La piazza vuole che Israele sia incenerito, nient'altro. E sarà la piazza a dettare l'agenda politica».
C'era una volta la diplomazia, però. E la possibilità di placare la piazza: magari, dicendo sì al nuovo Stato palestinese... «Non vedo come. Anche se il 20 settembre l'Onu votasse il nuovo Stato, e Israele lo riconoscesse, che vuole che importi ai Fratelli musulmani? Per loro, il problema non è un chilometro in più di terra: il punto è che Israele non deve esistere. Il messaggio viene ripetuto ogni settimana, nelle moschee egiziane. E nessuno lo contesta».
Siamo solo all'inizio, insomma... «Esatto. Il fronte Sud riguarda tutto il Medio Oriente. C'è un collegamento fra la strage di Eilat e il voto all'Onu: a Hamas, pagata dai Fratelli egiziani, non interessa che i palestinesi di Abu Mazen abbiano uno Stato, perché tanto non sarebbero loro a governarlo. Però c'è un collegamento anche con la crisi siriana: Teheran vuole alzare la tensione nel Sinai, così Assad può massacrare senza troppo disturbo. L'Egitto è una scacchiera, ora aspettiamoci un'altra mossa. Dopo il cessate il fuoco, arriverà altro fuoco».
ANSA - " M.O. Israele. Pacifici, siamo sdegnati e preoccupati, nuova fase del terrorismo "

Riccardo Pacifici
ROMA, 19 AGO - La comunità ebraica romana è «sdegnata e preoccupata» per gli attentati terroristici in Israele. «La notizia - dice il presidente Riccardo Pacifici che è in Trentino in un campeggio organizzato dalla comunità - ci ha sconvolto anche perché segna una nuova fase del terrorismo». Per questo Pacifici - che ha ringraziato il sindaco Alemanno per le sue parole di solidarietà - invita l'Italia e la Ue a «far sentire la propria voce e con forza». «C'è una grande rabbia in tutti noi - osserva Pacifici - anche perché quanto successo sembra indicare una nuova direzione del terrorismo dopo l'efficacia mostrata dalla barriera difensiva eretta da Israele. Tutto sembra testimoniare l'abbandono degli attentati suicidi e il ritorno alla pratica degli anni '70 quando commando di terroristi entravano in Israele e sparavano sulla folla a caso. Ricordo che gli autobus sui quali ieri è stato fatto fuoco erano bus turistici nella tratta tra Beersheva e Eilat e quindi 'civili', così come le macchine prese di mira. Il fatto che i soldati in licenza a bordo dei bus abbiano poi risposto al fuoco testimonia il loro eroismo, come ha detto il presidente Netanyhau». Ma l'interrogativo che pone Pacifici, vista la vicinanza di Eilat con il confine egiziano, è anche un altro: quello che può sorgere dalle «cosiddette primavere arabe». «Tutti noi abbiamo gioito per la richiesta di democrazia e di libertà delle piazze di Egitto, Tunisia, Libia e Siria, dove peraltro né l'Europa né l'America hanno mosso un dito. Però abbiamo anche assistito in quelle stesse piazze ad una dichiarata e gridata ostilità contro Israele e questo ci preoccupa e ci mette in sospetto». «La situazione è inquietante: Israele - aggiunge - è un paese accerchiato dal Libano dove gli hezbollah attendono solo l'ordine dell'Iran, dalla Siria con l'enigma di chi verrà quando cadrà Assad, dall'Egitto con la debolezza dell'attuale regime e dalla Giordania dove l'80% della popolazione è palestinese. Vogli anche ricordare che a Gaza è stata repressa con brutalità una manifestazione contro Assad'». «Per questo - conclude - è bene che l'Italia e la Ue intervengano al più presto».
La REPUBBLICA - Fabio Scuto : " Hamas non e 'entra con l'attentato ma se ci attaccano, ci difenderemo "
Yousef nega che Hamas sia implicato nell'attentato a Eilat e che non sia interessato a un aumento della violenza. Come sia possibile conciliare questa versione con i lanci dei razzi e i complimenti fatti agli attentatori è un mistero, ma Scuto non insiste troppo su questo punto.
Sul fatto che Hamas abbia nel proprio statuto come punto centrale la cancellazione di Israele, silenzio sia da parte del giornalista, sia da parte dell'intervistato. Come dice Yousef, si sta cercando di risolvere la crisi fra Egitto e Israele, raggiungere una tregua. Ma Hamas la tregua l'ha mai rispettata? Yousef, con arroganza, chiede che Israele la smetta coi raid nella Striscia, solo allora cesserà il lancio di razzi. Sembra quasi che sia stato Israele ad attaccare per primo, quando è il contrario. E comunque il lancio di razzi si è semplicemente intensificato, ma non è mai cessato del tutto. Perchè Scuto non l'ha fatto notare? Per via della suscettibilità dell'intervistato che, quando gli è stata posta la domanda spinosa delle relazioni con Iran e Siria ha preferito interrompere l'intervista?
Ecco il pezzo:

Ahmad Yousef
Dopo tre giorni di raid aerei e bombardamenti anche dal mare, cento missili sparati contro le città israeliane circostanti la Striscia, Hamas continua a negare di essere dietro il massacro di giovedì scorso a Eilat. «Stiamo pagando un alto prezzo per quell'azione che non abbiamo compiuto. Quali prove ci sono che gli attaccanti siano da venuti da Gaza? Non c'è nessuna prova che siano venuti dalla Striscia. Eilat è a 2 km dal confine giordano e a 1 km da quello egiziano, e allora perché danno la colpa alla gente di Gaza che dista oltre 200 km?». Uscito da uno dei bunker sottoterra dove tutta la leadership di Hamas si è rifugiata per scampare al diluvio di bombe israeliane,Ahmad Yousef — alto dirigente del gruppo integralista e portavoce del governo di Ismail Ilaniyeh — risponde al telefonino. «Non possiamo parlare per molto... lei sa come funziona vero?», dice prima di tutto. La paura di essere intercettato e fulminato da un missile sparato da uno dei droni israeliani che volano come calabroni nel cielo di Gaza ha una sua concretezza. Yousef ci dica perché questa tregua che era in qualche modo in vigore da due anni è saltata.
"Noi la rispettiamo fintanto che Israele la rispetta, ma abbiamo il diritto di difenderci».
Tutto è cominciato con l'attacco a Eilat dove gruppi armati hanno colpito un bus pieno di soldati, ucciso dei civili innocenti. Perché?
«Lo dovrebbe chiedere a chi ha condotto quell'attacco, ripeto ancora: Hamas non ha nulla a che vedere con quell'azione».
E allora perché quei "complimenti" a chi ha organizzato quell'attacco?
«E' stato un errore marchiano, quella frase è stata subito rimossa dal nostro sito ufficiale»
Perché è stata colpita Ellat? E' una città-vacanza, non è nel Territori occupati, su quelle spiagge ci vanno le famiglie...
«Normalmente chi vuole compiere azioni di quel tipo cerca luoghi dove è più facile infiltrarsi e Eilat una zona "debole" per gli standard di sicurezza israeliani. Visto come si è svolto l'attacco l'obiettivo era un'imboscata contro il bus che trasportava i soldati».
Israele è deciso a farvi pagare cara la violazione della tregua, per la Striscia si prevedo-no giorni duri.
"Stiamo pagando un alto prezzo —giorno e notte— nella rappresaglia israeliana per quell'attacco, con cui ripeto non abbiamo nulla a che vedere. In tre giorni di raid e bombardamenti sono stati uccisi venti palestinesi e decine sono stati feriti. Questo ha innescato la reazione di tinte le fazioni presenti nella Striscia che hanno risposto all'attacco».
Che previsioni fa per i prossimi giorni?
«Hamas non è interessato a una escalation della violenza. Mentre ci parliamo ci sono mediatori al Cairo — di Hamas e del governo israeliano — che stanno trattando per un cessate il fuoco che entri in vigore stanotte. Molti sforzi sono in corso, speriamo che Israele risponda positivamente. Loro fermino gli aerei che ci bombardano, noi fermeremo i missili».
Che garanzie può dare che tutti i gruppi armati di Gaza accettino questo cessate il fuoco e smettano di lanciare missili sulle cittadine Israeliane? I l vostro controllo sulla Striscia sembra "allentato", una volta quando llamas dava un ordine tutti lo eseguivano a Gaza oggi non è più così...
«Nessuno può negare che Hamas è per il mantenimento della sicurezza a Gaza. Ma ripeto: noi non vogliamo un'escalation e faremo di tutto per evitarla».
I gruppi salafiti non la pensano così.
"Nessuno a Gaza è al di sopra della legge».
E' vero che siete a corto di fondi? Che l'Iran vi ha tagliato i finanziamenti perché non vi siete schierati apertamente a fianco di Assad contro la "primavera di Damasco"?
"Mi spiace... la sento male... il nostro tempo è scaduto... ci risentiremo, Inshallah».
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