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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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La Repubblica - Corriere della Sera Rassegna Stampa
15.08.2011 Siria, Bashar al Assad con la marina militare contro i manifestanti
cronaca di Alberto Stabile, commento di Antonio Ferrari

Testata:La Repubblica - Corriere della Sera
Autore: Alberto Stabile - Antonio Ferrari
Titolo: «Siria, attacco navale contro i ribelli - Bombardare i fedeli dalle navi. L'ultima spiaggia di Bashar el Assad»

Riportiamo da REPUBBLICA di oggi, 15/08/2011, a pag. 18, l'articolo di Alberto Stabile dal titolo " Siria, attacco navale contro i ribelli ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 31, l'articolo di Antonio Ferrari dal titolo "Bombardare i fedeli dalle navi. L'ultima spiaggia di Bashar el Assad " .
Ecco i due articoli:

La REPUBBLICA - Alberto Stabile : " Siria, attacco navale contro i ribelli "


Bashar al Assad

GERUSALEMME - Anche le navi della marina militare, oltre alle truppe corazzate, per domare la protesta a Latakia, il principale porto della Siria sul Mediterraneo. La denuncia di questa ulteriore impennata di violenza da parte del regime di Assad contro i manifestanti che ne chiedono le dimissioni, viene dal´Osservatorio per i diritti umani, un´organizzazione umanitaria con sede a Londra, ed ha ricevuto conferma da una drammatica testimonianza raccolta dall´Agenzia Reuters: «Posso vedere - ha raccontato praticamente in diretta un abitante della città portuale - i profili di due vascelli grigi. Stanno sparando con le mitragliatrici pesanti e i loro colpi finiscono sui quartieri di al Raml al Filistini e di al Shaab». Lo stesso Osservatorio ha affermato che ieri, in diversi scontri con i dimostranti, le forze di sicurezza hanno ucciso 23 persone, molte decine, i feriti. E´ a Latakia che, ieri, l´apparato repressivo del regime siriano ha deciso un´improvvisa accelerazione facendo scendere in campo la Marina. Le navi da guerra si erano già viste a maggio incrociare a largo di Banjas, l´altro porto sul mediterraneo, teatro di molte manifestazioni anti-Assad, ma non avevano sparato. Ieri invece, contro alcune zone di Latakia, da mesi praticamente sotto assedio da parte delle forze militari, sarebbe stata scatenata una vera e propria offensiva dalla terra e dal mare. Un´offensiva che, secondo il tam-tam degli attivisti, ha visto cadere le prime vittime palestinesi (a quanto pare, un´intera famiglia) perché il quartiere di Raml al Filistini altro non è che un campo dove vivono circa 6500 dei quasi 120 mila profughi palestinesi riparati in Siria durante e dopo la guerra del 1948 contro Israele. Non è la prima volta che i profughi palestinesi si sono visti costretti a impacchettare alla svelta le loro cose per tentare una nuova fuga. E´ già successo in Libano, a Gaza e in Giordania. Ora sembra che ieri anche i palestinesi di Raml hanno tentato di allontanarsi dai colpi dei carri armati e delle navi siriane. Ed è in questo frangente che ci sarebbero state molte vittime. Il regime di Damasco, dunque, insiste nella sua "campagna del Ramadan", che consiste nel contrastare violentemente le manifestazioni che, quotidianamente, dopo la preghiera della sera (Tarawih), quella che interrompe il digiuno, prendono il via dalle moschee. Pare che a Latakia, in diverse occasioni, siano scese in piazza non meno di ventimila persone. Da qui la decisione del vertice di usare il pugno di ferro contro quelli che i media ufficiali definiscono «bande terroriste armate». Le proteste della Comunità internazionale (le telefonate tra Obama e il re Abdullah dell´Arabia Saudita e tra Obama e il premier inglese Cameron, sempre più indignati dalla violenza del regime ma sempre meno capaci di dare seguito pratico alla loro indignazione) non servono a fermare il pugno duro di Assad. Non è esagerato dire che a Latakia è un corso uno scontro decisivo, perché la città, otre ad ospitare un porto strategico, è capoluogo della regione montuosa culla degli alawiti, la minoranza, religiosamente inserita nel credo sciita, cui appartengono la famiglia Assad e molti dei caporioni del regime. Ma la maggioranza della popolazione, quella che sembra subire i colpi della repressione è sunnita. Il rischio che la protesta degeneri in una guerra civile inter religiosa è altissimo.

CORRIERE della SERA - Antonio Ferrari : " Bombardare i fedeli dalle navi. L'ultima spiaggia di Bashar el Assad "


Antonio Ferrari

Vien da dire: chi può lo fermi! Perché ha perso la testa. Non sa più quello che fa e commette tragici errori, uno dopo l'altro, nella convinzione di mantenere il potere. Il presidente siriano Bashar el Assad è ormai prigioniero di se stesso, e quanto è accaduto ieri suona doppiamente sinistro. Per colpire i ribelli che manifestavano contro il regime al termine della preghiera del venerdì, infatti, il capo dello Stato ha ordinato di utilizzare persino le navi della flotta militare per cannoneggiare i contestatori, che dimostravano a Latakia, sul Mediterraneo. Provocando quindi altre vittime (ventuno, ma alla fine saranno molte di più) al già tragico bilancio della «primavera araba siriana»: oltre 1800 morti.
Feroce repressione doppiamente sinistra perché Latakia, e Bashar dovrebbe saperlo molto bene, è la città siriana da sempre considerata il laico feudo degli alauiti, cioè della setta sciita (spesso considerata in odor di eresia) alla quale appartiene lo stesso presidente. È evidente che anche gli oppositori di Bashar possono aver scelto la dolcissima città marittima per infliggere un colpo imbarazzante ma forse decisivo al potere degli Assad. Ma sparare alla cieca sulla gente ha sicuramente colpito anche chi non si sarebbe voluto colpire. Tra le vittime, vi sono anche alcuni palestinesi filo-siriani che vivono nel campo-profughi di Al Ramal.
Nei giorni scorsi, il leader di Damasco e i suoi più ascoltati consiglieri avevano osato l'attacco più infame: lanciare granate contro i minareti delle moschee, e ordinare ai soldati di occupare molti luoghi di culto, infangandone la sacralità, proprio nel mese del digiuno del Ramadan. La rabbia degli arabi e più in generale di tutti i musulmani ha provocato il richiamo degli ambasciatori di numerosi Paesi, a cominciare da Arabia Saudita e Giordania. Ma anche in Iran, fra gli Hezbollah e dentro Hamas la popolarità di Bashar e del suo regime è sottozero. Persino gli amici, o gli ex amici del presidente, come la Turchia di Erdogan, dicono d'essere pronti a tutto: anche ad un intervento armato.

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