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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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La Stampa - Corriere della Sera Rassegna Stampa
07.08.2011 Afghanistan: i talebani abbattono un elicottero Nato. 38 vittime
cronaca di Paolo Mastrolilli, commenti di Lorenzo Cremonesi, Guido Olimpio

Testata:La Stampa - Corriere della Sera
Autore: Paolo Mastrolilli - Lorenzo Cremonesi - Guido Olimpio
Titolo: «Strage di forze speciali americane - Armi, allenamento e fedeltà assoluta: gli eroi delle missioni (quasi) impossibili - L’ipotesi :tradimento di una 'fonte' locale»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 07/08/2011, a pag. 13, l'articolo di Paolo Mastrolilli dal titolo " Strage di forze speciali americane ". Dal CORRIERE della SERA di oggi, 07/08/2011, a pag. 18, l'articolo di Lorenzo Cremonesi dal titolo " Armi, allenamento e fedeltà assoluta: gli eroi delle missioni (quasi) impossibili ", a pag. 19, l'articolo di Guido Olimpio dal titolo "L’ipotesi : tradimento di una 'fonte' locale ".
Ecco i pezzi:

La STAMPA - Paolo Mastrolilli : " Strage di forze speciali americane"

È la peggior tragedia per gli americani, dall’inizio della guerra in Afghanistan. Quasi una vendetta per al Qaeda, visto che la maggior parte dei soldati morti apparteneva allo stesso reparto che aveva ucciso Osama bin Laden.

Tutto è successo ieri, quando un elicottero Chinook è caduto vicino alla zona di Wardak, nella regione a sud ovest di Kabul. A bordo c’erano 38 militari, che hanno perso la vita: 31 erano soldati americani, e 25 di loro militavano nelle forze speciali. Di questi, 22 erano membri del Team 6 dei Navy Seals, quello che il primo maggio scorso aveva condotto il raid di Abbottabad in cui era stato ucciso Bin Laden. Nessuno dei morti, però, aveva partecipato a quell’operazione. Le altre sette vittime erano soldati afghani.

La dinamica dell’incidente è ancora sotto inchiesta, ma i talebani hanno rivendicato l’operazione, sostenendo che l’elicottero è stato abbattuto dal loro fuoco. I portavoce della Nato e del Pentagono hanno ammesso che nella zona erano in corso dei combattimenti, ma non hanno confermato l’abbattimento. Fonti anonime della coalizione, però, hanno detto che il Chinook è stato effettivamente colpito da un razzo, mentre attraversava la Tangi Valley. Secondo notizie ufficiose, i Seals erano stati chiamati come forza di reazione rapida per aiutare un altro reparto che stava combattendo nella regione ed era in difficoltà. Il generale Abdul Qayum Baqizoy, capo della polizia di Wardak, ha detto che l’attacco è avvenuto verso l’una del mattino, mentre le truppe speciali tornavano da un assalto contro il villaggio di Jaw-e-Mekh Zareen, dove erano state impegnate in una battaglia durata due ore. La Tangi Valley è una regione montagnosa dove si nascondono molti miliziani: ogni volta che le truppe della coalizione ne prendono il controllo, i talebani tornano appena si allontanano.

Quella di ieri è la tragedia più grave per le forze armate americane dall’inizio del conflitto in Afghanistan. Nel gennaio del 2005 un altro elicottero era stato abbattuto nella provincia di Kunar, e 16 soldati erano morti. Fino a ieri, quello era stato l’incidente peggiore capitato ai soldati degli Stati Uniti. Negli ultimi mesi, però, la violenza in Afghanistan è tornata a salire, superando nettamente le perdite in Iraq, dove continua il ritiro in attesa di un accordo con le autorità di Baghdad che consenta a pochi reparti specializzati di restare nel paese.

Il presidente Obama ha pubblicato subito un comunicato, per fare le condoglianze alle famiglie dei soldati morti: «La loro morte - ha detto - ci ricorda i sacrifici straordinari fatti dai nostri uomini e dalle nostre donne delle forze armate, e dalle loro famiglie. Noi prenderemo ispirazione dalle loro vite, e continueremo il lavoro per la sicurezza del nostro paese e per difendere i valori che impersona». La missione in sostanza prosegue, nonostante le perdite aumentano.

Dopo l’iniziale «surge» gestita dal generale Petraeus, a giugno Obama aveva promesso di ridurre l’impegno in Afghanistan, e proprio in queste settimane gli alleati della Nato stanno valutando come ristrutturare la missione e avviare l’exit strategy. I talebani hanno risposto a questi movimenti con un’offensiva che ha colpito obiettivi di alto livello, come il fratello dello stesso presidente Karzai e il sindaco della città meridionale di Kandahar, ma anche le truppe sul terreno. È una strategia che potrebbe essere finalizzata ad accelerare il ritiro, provocando divisioni all’interno dell’alleanza occidentale, e quindi a rivendicare il successo di aver cacciato gli invasori. Lo scopo sarebbe anche quello di impedire il dialogo con le forze più moderate del paese, che gli Stati Uniti hanno cercato di avviare negli ultimi tempi. Ma Washington giudica inaccettabile lo scenario della fuga, non solo per l’onore dei paesi coinvolti nell’intervento, ma soprattutto per la loro sicurezza. Abbandonare l’Afghanistan in queste condizioni, infatti, significherebbe condannare il governo di Karzai ad un rapido declino, che potrebbe riaprire la porta alle fazioni più estremiste dei talebani e agli stessi seguaci rimasti di al Qaeda.

CORRIERE della SERA - Lorenzo Cremonesi : " Armi, allenamento e fedeltà assoluta: gli eroi delle missioni (quasi) impossibili "


Lorenzo Cremonesi

La presenza di almeno 22 uomini dei Navy Seals tra i 38 morti venerdì sera tardi nel Wardak lascia credere fosse tutt’altro che un’operazione di routine. Che nella palazzina di Sayyedabad ci fosse anche qualche alto comandante talebano? Magari lo stesso Mullah Omar? O militanti scelti di Al Qaeda? La domanda è giustificata da una semplice considerazione: i Navy Seals sono la crema delle teste di cuoio americane. Che senso avrebbe rischiarli come «carne da cannone» ? L’addestramento e l’equipaggiamento di ognuno di loro costa in dollari, ma anche in termini di tempo, organizzazione ed energie, almeno trenta volte quelli di un soldato normale. Da Washington lasciano intendere che addirittura i caduti nel Chinook appartenevano alla famosa «Seals Team Six» , il meglio del meglio, l’unità che il 2 maggio scese su Abbottabad, in Pakistan, per uccidere Osama Bin Laden. Oggi non sappiamo se i morti facessero parte della quarantina che componeva il commando utilizzato contro il leader storico di Al Qaeda. Ma il fatto che comunque fossero loro camerati in armi lascia capire quanta importanza i comandi Usa davano all’operazione nel Wardak. Il numero complessivo del «Team Six» non supera i 300 soldati. Dal 2001 sono tutti stati impegnati nelle operazioni più rischiose e segrete nei teatri afghano e iracheno. Tanto top secret che in genere quando qualcuno di loro perde la vita in battaglia la notizia viene comunicata in modo volutamente distorto, evitando di rivelare il luogo e le circostanze reali. A Kabul il loro comando si trova in una palazzina distante alcune decine di metri dal resto degli uffici Nato nel grande campo del quartier generale in centro città. I loro ufficiali, anche sopra la cinquantina, trascorrono almeno 3 o 4 ore al giorno in palestra. Lo jogging ogni mattina alle sei è un rituale quasi religioso. Il loro comandante (un colonnello di 54 anni) l’estate scorsa almeno una volta la settimana saliva quasi correndo per circa 1.500 metri di dislivello una ripida montagna rocciosa che domina la capitale dove un ventennio fa erano situati i campi militari sovietici. Efficienza e allerta, sempre. Il loro motto ne riassume la filosofia: «The only easy day was yesterday» (l’unico giorno facile è stato ieri). La loro storia risale alle operazioni americane in Nord Africa durante la Seconda Guerra Mondiale. Di loro l’Africa Korps di Rommel parlava con rispetto già nel 1942. Ricompaiono come marines della Marina nella guerra di Corea. Il presidente Kennedy nel 1962 li rafforza, concede finanziamenti maggiori. Siamo nel pieno della Guerra Fredda, la crisi di Cuba è alle porte, occorrono corpi speciali da utilizzare in operazioni di sabotaggio non convenzionali. Non è strano che poi si pensi a loro per liberare gli ostaggi dell’ambasciata americana nella Teheran della rivoluzione khomeinista. Allora come ieri, le cose vanno male durante il viaggio degli elicotteri nel deserto iraniano. Un disastro. Il presidente Carter la pagherà perdendo le elezioni. Ancora gli elicotteri sono la causa che fa rischiare il fallimento dell’attacco contro Osama. Per fortuna Barack Obama è stato super prudente e ha personalmente voluto che l’unità dei Navy Seals fosse appoggiata da altri due elicotteri di scorta. Così, quando il nuovissimo e segretissimo MH 60 atterra per errore nel cortile della villona in cemento grezzo di Abbottabad dove urta l’elica posteriore e si pregiudica il decollo, ci sono gli altri in appoggio per favorire l’evacuazione del commando. Per il resto l’attacco è da manuale. Da otto mesi la Cia spia il compound. Le teste di cuoio studiano e ristudiano l’azione all’infinito. Conoscono al millimetro la planimetria dell’edificio. Sanno che velocità, precisione e sangue freddo devono essere al cuore del blitz. Alla fine, dall’arrivo alla partenza ci metteranno 40 minuti, compreso il tempo per distruggere l’elicottero rimasto a terra. Le avanguardie dell’esercito pakistano, pur con la loro accademia maggiore a solo un chilometro dal luogo, arriveranno soltanto venti minuti dopo, quando già il commando Usa sta attraversando il confine con l’Afghanistan dalle parti delle montagne del Nuristan. Successo totale. Tutto diverso dal colpo durissimo subito nel Wardak.

CORRIERE della SERA - Guido Olimpio : " L’ipotesi :tradimento di una 'fonte' locale "


Guido Olimpio

I Navy Seals amano ricordare che il loro motto è «l’unico giorno facile è stato ieri» . E'proprio così. Quelli del Team Six sono andati a prendersi Osama e sono tornati perdendo solo un elicottero. Missione impossibile, l'Operazione Geronimo. Missione compiuta. Sabato notte per i loro compagni di un’unità gemella è finita in un disastro. Ci si può sorprendere che reparti così preparati possano finire in una trappola. C'è chi sospetta l'intrigo. Però succede. Specie in questo tipo di conflitto dove spesso è più quello che non sai che quello che sai. L'incursione nel villaggio può risolversi senza danni. Oppure le sonnacchiose casupole diventano, all'improvviso, un vulcano. Vomitano proiettili, come è accaduto nella valle di Tangy, non appena il gigantesco Chinook ha sfiorato i tetti delle case. Un vecchio razzo anti-carro Rpg può mandare tutto all'aria. Un particolare trascurato, o la fonte che ti volta le spalle, possono essere fatali. Insidie ben conosciute a William McRaven, il vice ammiraglio che ha diretto il blitz per uccidere Osama e oggi comanda le forze speciali Usa. Da anni predica precisione e ripetizione. C'è un momento nell'attacco -ha scritto -dove l'effetto sorpresa può essere vanificato dalla reazione di chi si difende. E'quanto è accaduto nel villaggio afghano diventato la tomba dei suoi uomini. Imilitari erano lì per dare concretezza alla strategia del Pentagono. Un piano con origini lontane. Team delle forze speciali americane, accompagnate da guide pashtun ed elementi afghani, devono intrufolarsi nelle zone ad alta densità talebana. E'«il territorio indiano» che protegge capi e guerrieri. Azioni identiche sono condotte nell'area tribale pachistana. I bollettini ufficiali recitano: da aprile a luglio 2832 raid in Afghanistan, con 2941 nemici catturati e 834 uccisi. Nulla di nuovo rispetto al passato: ma questo si è trasformato, sotto la gestione del generale Petraeus (oggi alla Cia), in sistema. Un modello di conflitto -molto caro alla Casa Bianca -dove si usa un potere di fuoco ridotto ma mirato. Con il supporto di un «centro» di intelligence. Si tratta però di infiltrazioni ad alto rischio. A tutti i livelli. In quanto si svolgono spesso con la copertura delle tenebre. Per i piloti degli elicotteri è un lavoraccio. Devono «vedere» con gli speciali visori notturni. E non è meno agevole per i commandos che si calano nel buio. Sono preparati a farlo. C'è la ricognizione in tempo reale dei velivoli senza pilota. Ma le precauzioni non bastano mai. Il Diavolo sta quasi sempre con i ribelli. E la sua coda ha la forma di un razzo oppure il volto di un traditore. Gli americani, prima di «entrare» , hanno bisogno di informatori locali. Il conflitto afghano ha dimostrato che anche l'alleato più fedele è capace di pugnalarti alle spalle. La Cia ha perso l'intera «stazione» di Khost per colpa di un triplo-giochista. Lo stesso può accadere per chi passa le dritte alle Special Forces. I talebani e quelli del network Haqqani avrebbero creato un'unità allo scopo di intossicare gli avversari. Senza dimenticare che gli insorti studiano le mosse alleate. E provano ad abbattere gli elicotteri. Nel 2005, nell'Operazione Anaconda, i Seals hanno perso alcuni dei loro uomini su un Chinook colpito da una salva di razzi. E il 25 luglio sempre un Ch 47 ha riportato danni. Ieri hanno fatto centro. Un tiro ben mirato o solo fortunato ma che sarà celebrato dai ribelli come una grande vittoria.

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