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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Foglio - La Stampa Rassegna Stampa
05.08.2011 Siria, Bashar al Assad vara una legge sul multipartitismo, ma non convince
La repressione dei manifestanti contro il regime continua

Testata:Il Foglio - La Stampa
Autore: Redazione del Foglio - Redazione della Stampa
Titolo: «L’Oronte insanguinato - Assad apre ai partiti. Ancora morti ad Hama»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 05/08/2011, a pag. 3, l'editoriale dal titolo " L’Oronte insanguinato ". Dalla STAMPA, a pag. 16, l'articolo dal titolo " Assad apre ai partiti. Ancora morti ad Hama ".
Ecco i pezzi:

Il FOGLIO - " L’Oronte insanguinato "

La questione siriana comincia a sdoppiarsi su due livelli. C’è il balletto surreale della finzione politica. A New York, al Palazzo di Vetro, le Nazioni Unite hanno condannato le violenze con un “presidential statement”, che è un pronunciamento collettivo blando, di forza inferiore anche a una risoluzione non vincolante – insomma, il gradino più basso dell’irrilevanza Onu. Non fermerà i carri armati per un solo secondo. A Damasco il presidente Bashar el Assad ha annunciato una riforma che consentirà ad altri partiti politici di correre alle elezioni. In teoria è la fine del partito unico Baath. In pratica, come giustamente fa rilevare il governo di Parigi, si tratta di una “provocazione”. La Russia avverte che la Siria è attesa da “un fato triste”. Poi c’è l’altro livello, quello dei fatti che accadono nelle strade. Il regime ha fatto circolare un video stomachevole, uomini che afferrano corpi insanguinati dal pianale di una camionetta, li trascinano penzoloni verso il parapetto di un ponte e li gettano di sotto, nell’acqua bassa del fiume Oronte, dove per qualche momento restano semi incagliati e poi sono trascinati via dalla corrente che si fa rosata per il sangue. Sono i ribelli di Hama, spiega il regime, eccoli al lavoro, sono assassini e si sbarazzano dei corpi delle loro vittime. E’ l’opposto, dicono dal campo delle proteste, quelli sono gli agenti degli Assad in azione, prima massacrano i civili e poi li gettano via. Se Damasco vuole cominciare una guerra di spezzoni video, è troppo tardi e ha già perso. Su YouTube circolano ogni giorno nuovi video d’accusa che raccontano la repressione a Hama. Le forze di sicurezza avanzano con i carri armati per le strade sparando contro la popolazione. I cecchini si spostano di tetto in tetto. Luce, acqua, linee telefoniche, strade, rifornimenti di cibo da fuori: tutto è stato bloccato, notizie e video escono grazie a qualche telefono satellitare in mano agli attivisti (i giornalisti internazionali sono stati cacciati fuori dalla Siria tre mesi fa). Negli ultimi due giorni – dicono – ci sono stati cento morti, da aggiungere agli altri cento ammazzati tra sabato e domenica. La distanza tra i due livelli, il balletto e la strage, è così grande che ormai non comunicano più.

La STAMPA - " Assad apre ai partiti. Ancora morti ad Hama "


Bashar al Assad

Mentre ad Hama, la città simbolo della rivolta contro il regime, continuano le uccisioni di civili, il presidente Bashar al-Assad a Damasco vara una legge sul multipartitismo. Novità che potrebbe scardinare il monopolio del partito Baath, ma che è stata accolta con scetticismo dai manifestanti, dagli Stati Uniti e dall’Unione europea. E se la Casa Bianca tramite il portavoce Jay Carney - non fa ormai mistero «di pensare al giorno dopo», perché «la Siria sarà un posto migliore senza Assad» e Hillary Clinton lo ritiene senza legittimità per le repressioni nel sangue, a stupire è il presidente russo Dmitri Medvedev: «Senza riforme concrete, rischia un triste destino».

Proprio mercoledì sera la Russia, con Brasile, Cina, India e Sudafrica, era riuscita ad ottenere una dichiarazione (dunque non una - più forte - risoluzione) del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Certo c’era la richiesta di «fine immediata delle violenze», ma si rivolgeva «a tutte le parti», domandando di risparmiare gli edifici pubblici, dunque di regime.

Mosca è da sempre contraria all’interferenza occidentale nel mondo arabo e critica, per esempio, duramente la campagna Nato in Libia. A giugno Medvedev fece sapere che non appoggerebbe una risoluzione del Consiglio di sicurezza per un intervento diretto. E in un certo senso la diplomazia dei giorni scorsi andava in questa direzione. Ma davanti al crescere dei morti e della pressione internazionale neppure Mosca può tacere.

Perché il clima in Siria è terribile. Ad Hama alcune organizzazioni denunciano 150 morti da domenica e 30 ieri. Le comunicazioni sono rese difficili dai militari per ostacolare i rivoluzionari. Niente luce, telefoni e internet per vietare tra l’altro i social network con cui comunicano i più giovani. E solo per fare un esempio pure il portiere della nazionale, Mosab Bahlous, è stato arrestato per complottismo.

Il ministro degli Esteri italiano franco Frattini, dopo aver richiamato il nostro ambasciatore e congelato progetti per 50 milioni, ieri ha invitato i colleghi europei a fare altrettanto.

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